Stefano Frisoli, direttore di Caritas Ticino
Ticino e Grigionitaliano

Festival della dottrina sociale a Massagno: periferie esistenziali, riflessioni sulle marginalità e precarietà

Abbiamo chiesto al direttore di Caritas Ticino una riflessione nell’ambito del Festival della dottrina sociale nella Svizzera italiana che mette a tema la povertà e si svolge il 1. e il 2. dicembre a Massagno. Qui il programma del Festival organizzato dalla Rete Laudato si’ della Svizzera italiana

di Stefano Frisoli*

Affrontare oggi il tema della povertà, in un territorio come il nostro, richiede un esercizio non ideologico, non dogmatico e non stereotipato. Siamo dinanzi ad una stagione diversa, complessa. La complessità non si può approcciare con strumenti lineari, ma richiede approcci sistemici. Devono cambiare le modalità di lettura dei fenomeni, perché il cambiamento in atto è radicale.

Negli ultimi decenni il quadro socioeconomico è profondamente mutato, il mercato del lavoro non risponde più a quei rituali a cui eravamo abituati, sono cambiati i rapporti dei gruppi sociali e in ultimo i «corpi intermedi » hanno perso il loro ruolo tradizionale di aggregatori popolari. In questo quadro anche la povertà ha assunto forme diverse, tanto da parlare di diversi tipi di povertà, manifestazioni di un disagio, di una frammentazione di anime. È evidente allora come anche un sistema di welfare state forte come quello svizzero presenti lacune e non sia più performante e onnicomprensivo. Rimane certamente uno strumento capace di dare risposte importanti, ma ne sono evidenti anche i limiti.

La pandemia ha fatto esplodere il fenomeno che, come un fiume carsico, improvvisamente è tornato in superficie. Negli anni della pandemia Caritas Ticino, come altri enti similari, ha moltiplicato gli interventi verso persone che mai si erano rivolte ai nostri servizi. Spesso gli interventi erano legati a situazioni di micro imprenditorialità, o a situazioni lavorative non chiaramente contrattualizzate, forme di impiego destrutturato. Aumentano, così, le marginalità in un momento storico dove paradossalmente sembra che diminuiscano le percentuali della disoccupazione, che non si trasformano però in piena occupazione.

I working poors rappresentano bene questa dinamica, persone che si muovono tra i contenitori del diritto (come la legge disoccupazione, o l’assistenza sociale o la legge invalidità), ma che spesso si trovano incastrati tra questi stessi contenitori. Il sovraindebitamento è l’altra faccia della stessa medaglia.

Va però detto con chiarezza che qualsiasi misura di politica sociale, che sia un’erogazione monetaria o sia un servizio organizzato, dovrebbe promuovere e valorizzare le potenzialità delle persone e non limitarsi a soddisfare un bisogno. Gli interventi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, per essere efficaci, dovrebbero considerare sia le capacità delle persone, cioè le loro possibilità di conseguire un obiettivo, sia l’agibilità, cioè l’esistenza delle condizioni per concretizzarle, così come postula l’economista e premio Nobel Amartya Sen nel concetto della capacitazione.

Non è sufficiente avere diritti formali, se poi non si è messi nella condizione di esercitarli. Credo però che vada detto con altrettanta chiarezza che scegliere risposte parcellizzate a singoli bisogni non sia la risposta corretta. Mentre si deve agire, da una parte nella direzione del diritto come con i contratti collettivi o i minimi salariali adeguati che diano dignità al lavoro, dall’altra servono territori competenti con pratiche inclusive diffuse e comunità abilitanti che muovano nella direzione del bene comune. Penso che questa possa essere una strada da seguire per tentare di incontrare quelle periferie esistenziali che, nel nascondimento, abitano le nostre strade.

*direttore di Caritas Ticino

Stefano Frisoli, direttore di Caritas Ticino | © caritasticino
1 Dicembre 2023 | 06:29
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