Internazionale

Paola Bignardi su giovani e spiritualità: «Lasciano la Chiesa ma continuano a cercare Dio»

di Cristina Vonzun

Il fenomeno dei giovani che lasciano la religione istituzionale è in crescita rapida non solo in Svizzera, come hanno mostrato le recenti statistiche, ma anche in Italia dove affronta il tema un’indagine dell’Osservatorio giovani (OG) dell’Istituto Toniolo pubblicata nel volume «Cerco, dunque credo?» (Vita Pensiero 2024), libro presentato ieri alla Cattolica di Milano. Ne parliamo con una delle due curatrici, Paola Bignardi, pedagogista, già presidente dell’Azione Cattolica Italiana e coordinatrice dell’OG.

Paola Bignardi, quali elementi caratterizzano la spiritualità di questi giovani che hanno lasciato la Chiesa?

Direi due: il primo è il viaggio alla ricerca della propria interiorità, del proprio io. Una ricerca che, da una parte, è probabilmente così forte perché va messa in relazione alla fragilità oggi dell’identità personale, dall’altra è legata alla condizione di solitudine in cui i giovani vivono. Quindi, meno forte è il sostegno esterno da parte di un’esperienza comunitaria, più forte è la ricerca in sé stessi di un baricentro, di un punto di equilibrio. Per altro questo tipo di ricerca spirituale è molto consona ad un filone dell’esperienza cristiana, mi riferisco a S. Agostino e al suo invito «rientra in te stesso». Il fatto è che questi giovani non conoscono Agostino. Il rischio per loro è di approdare ad una spiritualità «fai da te» che non solo è centrata su di sé ma è anche chiusa nel proprio io. L’elemento conseguente a questa forma di spiritualità è la mancanza di una comunità. Sono giovani che non maturano in questa solitudine una domanda di comunità, piuttosto esprimono una domanda di relazione. Allora la Chiesa, per intercettare la loro domanda, deve mostrarsi come un luogo di relazioni. Il secondo elemento è la richiesta di una visione spirituale che sappia valorizzare la vita, il benessere, l’armonia, la connessione con la natura, che favorisce questa percezione di vitalità.

La ricerca mette in luce la disaffezione alla liturgia…

Ci sono degli elementi dentro questo fenomeno che nella loro complessità fanno emergere, da una parte le ragioni dell’allontanamento e dall’altra, quando sono percepiti nel loro valore, si presentano come una delle chiavi privilegiate per entrare nella domanda di mistero di questi giovani. Sono giovani che sono andati al catechismo ma le parole del catechismo proprio non si ritrovano nella loro idea di Dio, eppure usano delle espressioni per definirlo che denotano una profondità spirituale incredibile, spesso accomunate al senso del mistero. Ora, la liturgia ridotta a rito è un gesto incomprensibile, ma la liturgia quando è celebrazione del mistero allora è piena di fascino. Ci sono alcune esperienze, soprattutto monastiche, dove questo coltivare la densità misteriosa del gesto risulta affascinante per i giovani che hanno un senso estetico molto vivace. La liturgia, se è celebrata bene, ha questa dimensione, che non è però la cura leziosa del particolare, piuttosto è il bello come una porta sul mistero.

Secondo la ricerca, le giovani si allontanano in maggior numero rispetto ai coetanei maschi dalla Chiesa. Cosa sta capitando?

Non ci si rende sufficientemente conto che oggi la questione femminile è emergente. I numeri mostrano un allontanamento delle giovani dalla comunità cristiana molto più accelerato rispetto ai coetanei maschi. Nel 2013 le giovani che si dichiaravano cattoliche erano il 62%, nel 2023 sono il 33%. Questo indica un disagio femminile più profondo: la vera questione non è quella delle giovani, ma quella delle donne nella Chiesa, della loro condizione sostanzialmente ancora marginale ed esecutiva: l’esclusione, di fatto, dalle responsabilità a fronte di giovani donne che sperimentano altrove, pur faticosamente – perché va detto che nella società non è tutto facile – un accesso alla responsabilità. In prospettiva futura è un elemento molto preoccupante perché tanta educazione delle nuove generazioni passa dalla donna.

La morale cattolica gioca un ruolo nell’allontanamento dei giovani?

Alla domanda che «cosa vuol dire essere cristiani?» le risposte più frequenti che abbiamo raccolto sono: «Andare a Messa la domenica» e «comportarsi bene». Questi giovani hanno colto della vita cristiana la dimensione della pratica, vissuta spesso come costrizione e l’impronta moralistica, più o meno raffinata nelle prediche. Quello che è scomparso è la dimensione dell’annuncio: il cristianesimo è una proposta di vita. Rispetto alla sessualità, direi che tendenzialmente i giovani non si curano più dell’insegnamento della Chiesa. Tra gli elementi di ostacolo non c’è quindi l’atteggiamento della Chiesa nei confronti della sessualità, ma la percezione che hanno dell’insegnamento sull’omosessualità: a loro sembra che la Chiesa intervenga in maniera censoria non su un comportamento ma su un’identità. L’omosessualità per loro è una identità. Questo porta ad un allontanamento e a dire che la Chiesa non è moderna.

Qual è allora la proposta per incontrare la loro domanda di Dio?

Oltre a quanto detto riguardo alle relazioni, al senso del Mistero, alla dimensione estetica, alla natura e alla donna, una proposta che sia amica della vita, che superi quella concezione sacrificale, ascetica, severa che spesso accompagna le nostre visioni spirituali, mostrando invece una spiritualità gioiosa, che dà valore all’esistenza.


«Cerco, dunque credo?» Dalla ricerca un libro

«Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità» (Ed. Vita e Pensiero, Milano 2024) è il volume curato da Rita Biche e Paola Bignardi frutto dell’indagine effettuata dall’Osservatorio giovani (OG) dell’Istituto Toniolo incontrando i ragazzi della Generazione Z che per diverse ragioni hanno lasciato la Chiesa cattolica in Italia. I dati monitorati dall’OG annualmente mostrano la crescita velocissima del fenomeno: nel 2023 su una popolazione di 18-34enni, la percentuale di aderenti alla Chiesa cristiano-cattolica era del 32.7% contro il 56,2 registrato da un’analoga ricerca condotta dall’OG nel 2013; di contro solo la quota di coloro che dicono di credere in un’entità superiore ma senza fare riferimento a nessuna religione, dal 6,2 del 2016 va al 13,4 del 2023. Gli intervistati nel libro sono un centinaio di giovani italiani tra i 18 e i 29 anni che hanno scelto un percorso spirituale fuori dalla Chiesa, mentre ad altri giovani che frequentano la Chiesa, i ricercatori hanno chiesto: «Perché siete rimasti?». Ne esce un quadro sorprendente: l’uscita non significa distacco dalla spiritualità, come l’essere rimasti non esprime adesione a tutto ciò che la Chiesa pensa e propone.


8 Aprile 2024 | 11:07
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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