Padre Xavier Abex, missionario svizzero in Amazzonia
Diocesi

Ottobre missionario: il Ticino guarda all'Amazzonia

È l’Amazzonia al centro della campagna per l’Ottobre missionario lanciata da Missio. Una regione a cavallo di più frontiere in America latina dove operano tanti missionari impegnati nella difesa dei più deboli, capaci di predicare il Vangelo agli ultimi in situazioni non facili. Una delle piaghe dell’Amazzonia, polmone verde del mondo attaccato da più fronti, è lo sfruttamento legato alla ricerca dell’oro. Su questo fenomeno si esprime il missionario svizzero padre Xavier Arbex, ginevrino, in Perù dal 1974 che a Puerto Maldonado, gestisce un centro per bambini orfani che è stato visitato anche dal Papa, durante il recente viaggio di Bergoglio in terra Amazzonica (2018). Uno dei grandi drammi che devastano l’Amazzonia è la ricerca dell’oro.

Lo sfruttamento della foresta amazzonica da parte dei cercatori d’oro

Per trovare l’oro di Madre de Dios, i cercatori abbattono e bruciano gli alberi di questa parte di foresta amazzonica, considerata tra le aree più ricche di biodiversità al mondo. Poi scavano fino a trovare l’acqua, che viene pompata e sparata in alto, per filtrare il fango in cui si nasconde il metallo prezioso. Per permettere alla polvere d’oro di compattarsi, servono però metalli pesanti, a partire dal mercurio, che inquinano le falde e rendono i terreni sterili. L’oro è una vera maledizione per questa regione, così bella e rigogliosa da meritarsi un nome come Madre de Dios: nonostante sulla carta sia un’area protetta e tutelata, nel giro di pochi anni le sono stati sottratti 100 mila ettari di foresta vergine. E il disastro ambientale continua, nonostante 15 mila di questi ettari siano ormai stati dichiarati irrecuperabili per l’alta contaminazione da metalli pesanti. Le conseguenze che l’estrazione illegale d’oro ha sull’ambiente non ha fermato i tanti cercatori. Ognuno pensa al proprio tornaconto, e sopporta le difficili condizioni del vivere di questa scelta: un lavoro illegale e duro, svolto in condizioni estremamente precarie, con possibilità di guadagno, ma senza sicurezze. L’illegalità è per loro un fattore irrilevante. Un giro d’affari superiore a quello della cocaina: 3 mila milioni di dollari annui, di cui un terzo da Madre de Dios. Il commercio della polvere bianca genera «solo» 2.500 milioni.

I piccoli cercatori rispondono solo del proprio lavoro, tanto ci sono i grandi gruppi industriali a dare loro la garanzia di vendere l’oro. Il prezioso materiale viene infatti poi «lavato» dalle grandi multinazionali riconosciute e accreditate; che riescono senza problemi a raffinare il materiale, lavorarlo e commercializzarlo. Il vero guadagno è in mano a loro: imprese che fanno capo a Cina, Australia, Canada.

La grande vittima: la popolazione indigena

Secondo l’Ong Global Witness, dal 2002 alla fine del 2016 sono stati 71 i difensori della terra uccisi in Perù; quasi la metà era di origine indigena. Prima della foresta e dell’ambiente, l’altra grande vittima peruviana è proprio la popolazione indigena: discriminata, indifesa, povera anche se rispetto a 15 anni fa, il Paese oggi ha un reddito del 125% più alto, grazie a una crescita economica annua anche superiore al 6%, legata soprattutto all’esportazione di materie prime. Da due anni il trend è in calo, ma sempre con segno positivo: quasi al 3%. Nel 2005 più di metà della popolazione viveva sotto la soglia della povertà; oggi i poveri, sulla carta, sono più che dimezzati: il 22%. Eppure, la ricchezza resta concentrata nelle mani di pochi, e in poche aree, quelle urbane; mentre l’80% della popolazione si spartisce meno della metà del reddito dell’intero Paese. Le regioni a maggior produzione mineraria sono quelle con incidenza di povertà maggiore.

Questi dati ridisegnano la mappa del Perù: le aree più povere sono quelle rurali, abitate dalle popolazioni indigene, dove il 43,9% è indigente. Qui mancano le strutture scolastiche (l’analfabetismo sopra i 15 anni tra gli indigeni è del 16,8%, quasi 10 punti in più rispetto alla media nazionale); è difficile avere accesso alla luce elettrica (che manca al 75% delle famiglie indigene di queste aree), all’acqua potabile (a cui accede solo il 35%), alle fognature (56%).

A padre Xavier chiediamo quali sono le principali sfide della regione e se queste sono state trattate dal Papa, durante la sua recente visita?

L’oro è il problema di base che provoca degradazioni, decadenza, sparizione di lavoratori, prostituzione, malnutrizione, migrazione. L’oro non a mai apportato progressi. Gli indigeni sono completamente assorbiti e devono lottare per non perdere la propria identità. C’è anche un traffico di cocaina e la mafia del legname prezioso. A parte la cultura della noce del Brasile ed il turismo, le attività economiche locali sono praticamente nulle. Le leggi sono belle ma non vengono applicate. C’è molta delinquenza. Il Papa ha avuto una parola molto forte a favore degli indigeni, dei bambini e dell’ecologia. Ha denunciato gli abusi. La gente sapeva che ne avrebbe parlato. Da 25 a 35 mila cercatori d’oro estraggono ogni anno 44 tonnellate d’oro. E l’80% di questo va comunque in Svizzera.

Di fronte a questa situazione, la visita del Papa non ha avuto l’esito sperato?

A livello di cambiamenti la visita del Papa non è servita a niente, però i suoi discorsi e i documenti hanno fatto parte della catechesi e della predicazione. Questa visita ha certamente cambiato la visione della Chiesa per gli indigeni. Avevano la visione di una Chiesa venuta a colonizzare. Nella nostra regione, la missione si è svolta bene. I domenicani hanno parlato si dall’inizio della difesa dei diritti umani, ma gli indigeni non sono riconosciuti ancora adesso. Nessuna strada di Puerto Maldonado porta il nome in indigeno. Da noi questa via dell’oro dura da 20 anni. Io l’ho denunciata per 14 anni ma ci sono volute le immagini satellitari delle distruzioni perché le ONG si svegliassero. Nessuno si muove, è frustrante. Quando il Papa viene, costata e si prende a cuore i nostri problemi è un piacere ascoltarlo.

Venerdì 5 ottobre alle 19,30 la Veglia missionaria a Magadino

Ricordiamo che la celebrazione della Veglia missionaria di quest’anno in Ticino, guidata dal vescovo Lazzeri, si farà venerdì 5 ottobre alle 19,30 sul battello che da Magadino, con la proposta di salire sul battello. Durante la Veglia presenteranno delle realtà di esperienze vissute in cui l’invito di Gesù  »prendi il largo» ha permesso di sperimentare la gioia della fiducia in Cristo e il coraggio di seguire il Suo invito per andare «al largo» senza paura.

Padre Xavier Abex, missionario svizzero in Amazzonia
1 Ottobre 2018 | 11:30
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