Mozambico, la missione della Chiesa in una terra divisa tra dramma e speranza

Nonostante la fine della guerra civile e nonostante la ripresa economica, la situazione del Mozambico è ancora «drammatica», come commenta padre Fiorenzo Biasibetti, missionario della Comunità di Villaregia. «La speranza di vita che non arriva ai 50 anni ne è un chiaro indicatore. Il sistema sanitario non è in grado di assicurare la più normale delle terapie: si muore per appendicite, per sbalzi di pressione, per tubercolosi, per diabete, per blocchi renali… Gli ospedali pubblici non hanno gli strumenti minimi per le diagnosi». Se guardiamo alla scuola, «ci sono centinaia di migliaia di bambini, ragazzi e giovani che studiano ancora sotto gli alberi, con classi di più di 70 alunni. La disparità economica dovuta all’aumento della ricchezza delle classi più benestanti porta a un aumento della violenza e della criminalità. La corruzione è presente a tutti i livelli…». È inevitabile che anche i diritti più elementari vengano calpestati. «La democrazia non esiste in quanto non sono garantiti i diritti dei lavoratori e c’è uno sfruttamento dei minori e delle donne…».

 

La Comunità missionaria di Villaregia è presente in Mozambico, a Maputo, dal 2009. Sette missionari (cinque sacerdoti e due giovani in formazione) e otto missionarie consacrate operano in una parrocchia abitata da circa 120mila persone. Alla pastorale ordinaria si affianca la gestione delle opere caritative. Cercano di rispondere al carisma della Congregazione: la missione ad gentes vissuta comunitariamente. «Abbiamo scelto proprio la periferia della città – spiega padre Biasibetti – come luogo di particolare difficoltà. La scuola e la sanità sono pessime, la maggior parte delle comunità pastorali non hanno la chiesa (o è in costruzione), non hanno strutture logistiche e le persone preparate sono poche in proporzione alla vastità della missione».

 

La sfida è «di inculturare il messaggio evangelico e formare i cristiani a una maturità di fede». «Il popolo mozambicano è molto religioso. Esce da un passato più recente di guerra civile finito con il tentativo di instaurare una società comunista di tipo sovietico. Il messaggio cristiano si deve inserire nella cultura dando le risposte più profonde all’anelito religioso che è segnato da bisogni molto concreti come le malattie e le morti frequenti», afferma il missionario. «La grandezza del territorio e la scarsità di evangelizzatori cattolici ha favorito la presenza delle Chiese evangeliche e delle sette che si stanno espandendo capillarmente. È abbastanza consistente la presenza musulmana (20%), anche se non sembra avere una connotazione fondamentalista».

 

Dal punto di vista pastorale la Chiesa cerca di favorire le piccole comunità di fedeli chiamate «nuclei» che si riuniscono settimanalmente nelle case attorno alla Parola di Dio. «Questo legame di fede – continua padre Fiorenzo – si esprime con la partecipazione a tutte le situazioni di vita delle singole famiglie: nella malattia, nei momenti di gioia o nei lutti. I nuclei, inoltre, monitorano la situazione sociale, tentando di aiutare chi è particolarmente in difficoltà». Sul versante sociale, i missionari sono impegnati nell’educazione per aiutare i bambini e i ragazzi con difficoltà di apprendimento. A questo si affiancano una biblioteca con i libri scolastici, le borse di studio per le superiori, i corsi di alfabetizzazione per giovani e adulti e le attività per lo sviluppo psicomotorio. Complessivamente coinvolgono circa 250 bambini della scuola primaria e alcune centinaia di studenti delle superiori. Nel campo dell’alimentazione, «da un anno – racconta – funzionano tre centri nutrizionali e sono stati avviati tre orti comunitari e vari orti famigliari». Per far fronte alla complessa situazione sanitaria, «abbiamo creato una farmacia naturale valorizzando le conoscenze locali delle erbe medicinali e una coltivazione di Moringa, una pianta con caratteristiche molto interessanti».

 

Da quattro anni, inoltre, entrano in carcere, fornendo un’assistenza religiosa e una formazione umana con i «Laboratori della libertà» e garantendo anche un percorso di reinserimento nella società degli ex detenuti: chi ha bisogno sia di un appoggio logistico sia di una continua formazione umana e professionale viene ospitato nella «Casa della Misericordia». Annunciare Cristo «qui ha il sapore della speranza. «Ci riusciremo» è una delle espressioni più comuni della gente di fronte alle difficoltà. L’esempio di Gesù e la sua Parola sono una risorsa in più per questa nostra gente. È la speranza che anima il cuore e che toglie la disperazione».

Luca Zanardini – VaticanInsider

30 Aprile 2018 | 18:30
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