Ticino e Grigionitaliano

Mons. de Raemy al Quaresimale da Bellinzona: «Quando tutto nell'uomo è sete, qui c'è Dio»

La Samaritana, il suo stupore, la nostra «sete» e la «sete» stessa di Dio. È questa la riflessione al centro della catechesi di mons. Alain de Raemy, la terza prevista nel cammino che attraverso i Quaresimali parrocchie, comunità, reti pastorali e singoli fedeli connessi online da casa, stanno percorrendo assieme al loro amministratore apostolico verso la Pasqua. Oltre 200 le persone ieri sera presso la chiesa della Madonna delle Grazie, a Bellinzona, riunitesi dal vivo per assistere a questo terzo appuntamento con i Quaresimali del Vescovo, su invito della Rete pastorale «Madonna delle Grazie». «Siete voi, questa presenza qui questa sera, in questa bella cornice artistica, l’opera d’arte più importante», ha esordito mons. de Raemy. Per poi entrare nel merito del Vangelo di Giovanni (4,5ss.), subito proclamato all’inizio dell’incontro: «Gesù stava transitando dalla Giudea alla Galilea. Allora questo percorso prevedeva due vie; la più breve passava dalla Samaria, luogo tuttavia considerato di perdizione dagli ebrei, infestato di paganesimo, contaminato dalle superstizioni, luogo di superficialità rispetto alla loro salda fede e spesso e volentieri evitato. Vi abitavano, secondo loro, eretici, scismatici, impuri, cospiratori. Tanto che a ogni Samaritano era severamente proibito l’accesso al Tempio di Gerusalemme o di testimoniare durante un processo. Così anche Gesù avrebbe potuto scegliere, come tutti, per evitare questo contatto ritenuto pericoloso e impuro, la via più lunga. La sua scelta ci parla così in modo chiaro:

Gesù non si fa da parte quando si tratta di incontrarci, qualsiasi sia la vita di chi gli sta di fronte e il suo possibile brutto passato».

L’incontro inatteso

Gesù, sottolinea mons. de Raemy, si presenta in questo episodio evangelico «umanissimo, affaticato dal viaggio, assetato, sotto il sole di mezzogiorno». L’ora è emblematica: l’ora sesta, come le sei anfore di acqua trasformate in vino al matrimonio a Cana, primo miracolo di Gesù, o l’unzione della donna a Betania, «sei giorni prima della Pasqua» e, infine, l’ora sesta, quando Erode consegnò Gesù a Pilato. «La cifra, insomma – ribadisce de Raemy –  dell’incompiuto, che non arriva al «sette», cifra della perfezione per i Giudei, e ferma a poco prima della perfezione, quando ancora qualcosa si deve compiere». La Samaritana la sceglie come ora per uscire di casa, di nascosto, per non essere vista da nessuno e non incontrare qualcuno.

«Colei che ha voluto evitare tutti, incontra colui che non ha voluto evitare nessuno», sottolinea il vescovo.

«»Dammi da bere»: per un ebreo chiedere qualsiasi cosa a una samaritana, significa avvelenarsi con l’impuro. Gesù va oltre la separazione: oltre tutto quello che ci dovrebbe separare, dammi tu da bere. Io ho qui ho bisogno di te. E lo stupore della donna è tanto, pari forse al nostro, che a volte ci domandiamo, davanti alla croce e ai modi di fare di Gesù, apparentemente debolissimi, umilissimi, quale sia il loro senso ultimo. Eppure l’appello è chiaro: amare i propri nemici».

Il gesto tenero di Dio

Gesù, quindi, le chiede di chiamare suo marito. «Un oltraggio, un’incursione nella sua privacy? Non di certo. Per una donna, anche una Samaritana, la cultura prevedeva che gli incontri con altre persone avvenissero sempre alla presenza del marito. È dunque, quella di Gesù, una forma chiara di rispetto. È un segno di rispetto dei costumi, delle regole, di correttezza, decoro, buone maniere e, soprattutto, di dolcezza e premura. Questa delicatezza di Gesù permette alla donna di essere vera, senza paura».

Il vero Sposo

Ma chi è, si chiede mons. de Raemy, fondamentalmente il vero sposo? «È Gesù stesso, che a Cana si occupa del buon funzionamento del matrimonio, quello Sposo di cui anche Giovanni battista diceva di essere amico.

Così, alla samaritana, come lei stessa spiega, non manca solo il marito, ma manca proprio quello sposo, lo Sposo dell’umanità, lo Sposo della Chiesa, lo Sposo che dà senso alla vita, quello Sposo capace di amore onnipotente ed eterno.

E la donna lo capisce e risponde entrando nell’ambito non della morale, ma della fede: «Signore, vedo che tu sei un profeta»».

Dove c’è umanità, c’è Dio

Gesù allora le indica la vera adorazione: adorare in verità e spirito. «Gesù ci da questa libertà, non quella di attaccarci a un testo, un libro, delle formule fanatiche, ma essere amici di una persona, amici dello Sposo, di un Dio fatto carne, dello Spirito Santo. E la rivelazione la riceve lei, l’impura, l’infedele. La donna degli eccessi è la donna di un’attesa, la peccatrice emarginata è la ricercatrice più accurata della verità.

Quando tutto nell’uomo è sete, fame, fatica, bisogno, si palesa la rivelazione: qui c’è Dio.

Quando sembra esserci solo umanità, c’è Dio. L’esclusione diventa testimonianza, appello per l’inclusione. È indispensabile la nostra povertà affinché venga fuori la sua ricchezza in totale donazione». E sulla reazione dei discepoli, dopo l’incontro con la Samaritana, de Raemy nota «che essi non capiscono tanto di più che la Samaritana stessa, questa donna «misera e perduta»».

L’importanza di stare con Gesù

«Cari amici, è importante confessare la nostra povertà: Dio solo mi accetta e mi trasforma. Ed è indispensabile – proprio come i Samaritani che chiedono a Gesù di rimanere con loro due giorni dopo la scena nel pozzo –  il nostro essere, dimorare, comunicare, leggere di lui. La testimonianza di un altro che nella sua debolezza ci parla della forza di Dio serve, ma serve anche frequentare Dio. Distaccare dalla umana dipendenza una fede di sola divina indipendenza. Questo contatto personale con Gesù è sicurezza anche nella debolezza. Serve il contatto con questo Dio».

Assetati come lo è Dio

E, infine, mons. de Raemy guarda al presente: «Stupiti dalla tua croce, stupiti dai tuoi modi, stupiti di vederti assetato, tanto assetato di noi da rivelarci la natura della nostra stessa sete. All’inizio quando sono arrivato in Diocesi vi dicevo della sorpresa della rinuncia del nostro caro vescovo Valerio. Sorpresa poi per voi di vedere arrivare un amministratore apostolico. Subito abbiamo dunque avuto qualcosa in comune: siamo stati sorpresi a vicenda. Così con Dio. Tutti assetati: ho sete dice Lui sulla croce, ho sete diciamo noi su questa terra. Abbiamo sete assieme. Il Signore è la fonte di acqua viva».

LQ

10 Marzo 2023 | 12:39
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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