Ticino e Grigionitaliano

Mons. de Raemy ai Quaresimali da Lugano: «La croce, segno di quell'amore che tutto sa»

«Stupiti dalla Tua croce»: da un Dio che si rivela nella debolezza ma che è in tal modo, al contempo, risposta adeguata a tutte le nostre mancanze. Si conclude così, meditando sulla Passione di Gesù, il percorso dei Quaresimali tenuti da mons. Alain de Raemy per tutta la Diocesi di Lugano, ieri in diretta dal Centro «Cittadella» e dalla parrocchia del Sacro Cuore a Lugano, con la Rete pastorale «San Lorenzo». Un incontro animato dai giovani della Pastorale giovanile, durante il quale entrare nello spirito della Settimana Santa, commentando Mt 22, 1-11: «La Passione – sottolinea mons. de Raemy – è la parte più dettagliata, consistente in tutti e quattro i Vangeli. Il che vuol dire che essa non è mai stata considerata, dopo la risurrezione, un episodio umiliante, vergognoso, da dimenticare. Al contrario: tutta questa sofferenza, questa meschina chiusura, queste lacrime, tutto questo permette a Dio di esprimere al massimo il suo amore per noi. Ma è ciò che al contempo gli anziani del Tempio, i capi delle sinagoghe faticano a comprendere: sarebbe questo il Messia, questo «perdente»?

Questa apparente sconfitta del bene può essere un Vangelo, una «lieta notizia»? La nostra risposta non può che essere affermativa: sono queste le forze d’amore che porteranno alla risurrezione».

Il tradimento di Giuda

Una Passione, una sofferenza, che prendono avvio dal tradimento di Giuda, il quale oggi come allora non «deve scandalizzarci. Se accade a Giuda perché non potrebbe accadere oggi ai successori degli apostoli, che hanno con Gesù soltanto il contatto sacramentale? Accade. È una ragione per perdere anche noi la fede? No». Gesù, inoltre, «sa che questo tradimento entra nel suo progetto di amore infinito e non ha bisogno di un piano di fuga per affrontare questo fatto. Per tradire bisogna essere vicini e informati, come Giuda: siamo dunque noi tutti tanto in pericolo di tradimento – religiosi, sacerdoti, tutti – quanto inclusi in un piano di già prevista salvezza. Il tradimento di Giuda è parte integrante della volontà di Gesù di salvarci a ogni costo».

Lasciarsi toccare nel cuore

Una salvezza dalla quale, anzitutto, lasciarsi stupire: «L’Ultima cena ha reso presente ciò che non era ancora accaduto: la morte di croce, il sangue versato. E ancora oggi ci rende presente tutto ciò. E la sorpresa dovrebbe essere la stessa, quando ci viene detto che questa morte è per il perdono di tutti i peccati, una redenzione resa presente prima e dopo la morte di croce. C’è in lei qualcosa che stupisce: forse non si capisce, ma tocca il cuore. Ci lascia senza parole anche se i teologi provano a piegarlo. Coltiviamo questo stupore!»

Nel mondo e nella società alla ricerca di Gesù

Più tardi, Gesù del resto indicherà nella Galilea il luogo in cui i discepoli potranno sempre trovarlo: «Quando Gesù viene messo da parte, quando abbiamo l’impressione che le «pecore» si sono disperse, cosa deve interessarci? Una cosa sola: che Gesù ci precede proprio in Galilea, ovvero il luogo dei pagani, laddove non c’è vita di fede, dove c’è di tutto. Così quando ci sembra che nessuno frequenti più le chiese: «andate in Galilea, dove vi precedo».

La Chiesa in uscita di Papa Francesco: non rimaniamo chiusi nelle mura dei nostri luoghi, andiamo in Galilea, non per andare in un deserto religioso, ma perché proprio là, dove non si sente, si vede, si prova, troviamo Gesù».

Cercare Gesù laddove non ci sembra presente, ma non solo: cercarlo anche nonostante le nostre sconfitte. «I discepoli si addormentano. Gesù effettivamente viene lasciato solo. Ma poi ingiunge: alzatevi! Andiamo! Nonostante l’abbandono, ci tiene malgrado tutto e vuole la loro, la nostra compagnia. Così dice a noi, nel mezzo delle nostre stanchezze: hai fallito ma vai! Continua incredibilmente a volerci accanto anche dopo il fallimento, anzi affidandoci la stessa sfida che provocò il fallimento: andiamo verso Gerusalemme, dove darò la testimonianza suprema. Tutte le nostre debolezze, i nostri dubbi non ci facciano mai paura. Perché così si compiono le scritture dei profeti, si compie la storia della salvezza».

«La profezia di Cristo è una sola: quando si scatena il male si scatena la sua misericordia. Laddove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia. Ma una grazia silenziosa, eppure presente, tanto presente da non percepirla, perché non usa mai i metodi del male: né grida, né minacce, né forza, né ricatti. Tale la brezza, il venticello che non impone ma dispone, che convince quando smette l’orgoglio, quando tace la prepotenza, quando si apre il cuore: basta, per sentire questa presenza, il canto di un gallo».

Non le nostre assenze, ma la Sua presenza

La tristezza di Pietro per il suo tradimento, infine, «ci rende coscienti dei nostri vuoti: le nostre convinzioni di fede, e dall’altra la realtà della nostra vita, dei nostri pensieri, del nostro agire, delle nostre omissioni. È vero che rinneghiamo Cristo quando servirebbe proclamarlo e così contribuiamo all’estremo dolore della croce che lascia Gesù all’abbandono totale, fino a fargli gridare l’impensabile: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato. Ma il fatto che questo ci faccia piangere al modo di Pietro, è la più bella speranza del mondo: riconosciamo non tanto le nostre mancanze, quanto la sua straordinaria presenza, offerta e sofferta.

Quando lo abbandoniamo, lui c’è. Inchiodato dal nostro abbandono, si lascia inchiodare dalla nostra fuga, abita la nostra assenza, perché ci ama come siamo, là dove siamo e là dove non siamo.

Le lacrime di Pietro non sono quelle di Giuda: Giuda ha lo sguardo fissato su di sé, nel vuoto del suo amore negato. Pietro guarda verso Gesù. E così vede il suo vuoto riempito dalla pienezza di Gesù che è salito sulla croce, l’ha abbracciata per essere con la mia, la sua assenza. Sarebbe bello che ci conoscessimo solo per i nostri lati buoni, senza che il male li relativizzi. Con Gesù questo disagio non esiste: lui ci conosce fino in fondo, perché con la croce ci ha già amato nel peggio possibile della nostra capacità di fare del male. Non può fraintendere i nostri difetti. Così Pietro, piangendo, capisce che solo Gesù può capire questo suo rinnegamento. Cari fratelli e sorelle, rimaniamo stupiti dalla sua croce, scopriamone l’amore più grande, quell’amore che tutto sa di noi, che tutto può in noi, e che fa che le nostre lacrime siano anch’esse parte preziosa del nostro corpo glorioso».

Quindi il pensiero di mons. de Raemy al bel percorso dei Quaresimali compiuto in Diocesi: «Spero di aver contribuito a camminare insieme alla scoperta delle perle del Vangelo. Il Signore ci aiuti sempre a scoprirlo al di la di tutto quello che possiamo immaginare, perché il Vangelo è la nostra bussola più sicura per accogliere il suo amore infinito».

LQ

31 Marzo 2023 | 12:57
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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