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Svizzera

Lo studio svizzero sugli abusi e la diocesi di Lugano: emerge un «buco» imponente negli archivi

Dalle 136 pagine del «Rapporto sul progetto pilota per la storia degli abusi sessuali nel contesto della Chiesa cattolica romana in Svizzera dalla metà del XX secolo» reso pubblico oggi, 12 settembre, emerge una situazione problematica negli archivi della diocesi di Lugano.

Per i ricercatori dello studio, gli archivi in tutta la Svizzera sono stati fondamentali per far emergere i casi e la loro gestione. Ed è proprio qui che nella diocesi di Lugano è stata riscontrata una situazione archivistica più complessa rispetto alle altre diocesi: non esiste un inventario del patrimonio e le scatole con i documenti sono «ordinate sommariamente per argomento», si riscontra nello studio. Ma non solo, nell’archivio segreto i documenti riguardanti gli abusi sessuali ma anche comportamenti problematici agli occhi della Chiesa, come ad esempio rapporti con donne e uomini adulti sono frammentari, a causa delle modalità di archiviazione usate in Ticino, rendendo difficile la ricostruzione dei casi.

Diverse fonti inoltre suggeriscono la distruzione di documenti senza che venisse tenuto un registro, come previsto dal Codice di diritto canonico. Va tenuto conto che il diritto canonico consente la distruzione dei documenti contenuti negli archivi, ma tenendo appunto un registro del materiale distrutto.

Il sistema giuridico della Chiesa, che regola, tra le altre cose, la conservazione dei documenti all’interno delle istituzioni ecclesiastiche prevede un archivio segreto, in cui sono conservati gli atti dei processi penali ecclesiastici, a cui ha accesso solo il vescovo. Questi atti possono essere poi distrutti «se i rei sono morti o se tali cause sono concluse da un decennio con una sentenza di condanna, conservando un breve sommario del fatto«. Ma andrebbe tenuto un registro degli atti distrutti.

Distruzione di documenti all’epoca di mons. Corecco

Nel rapporto dell’università di Zurigo si legge che «Diverse fonti suggeriscono inoltre che le lacune riscontrate siano dovute anche alla distruzione di documenti da situare tra la metà e la fine degli anni Novanta, la cui entità non è ancora stata chiarita». Ad esempio viene citato che nel 1995 ” stando ad una lettera del vicario generale al nunzio apostolico di allora (carteggio Oliviero Bernasconi con mons. Rauber), un sacerdote ricevette dall’allora vescovo Eugenio Corecco l’ordine di «[…] bruciare quanto era nei […] cassetti [del vescovo] riguardante i sacerdoti […]. Quanto nell’archivio segreto è rimasto, ma senza la documentazione trattenuta da mons. Corecco e, come detto, bruciata«. Il sacerdote in questione è stato contattato dal gruppo di ricerca e ha negato di aver ricevuto l’ordine di distruggere la corrispondenza che avesse come tema quello degli abusi sessuali» si apprende dal rapporto. Secondo gli studiosi «queste affermazioni contraddittorie (tra il sacerdote e il vicario generale dell’epoca) rendono impossibile confermare con certezza la distruzione di documenti».

La distruzione di materiale nel 1999

Nel rapporto si legge anche che «nel 1999, un altro sacerdote scriveva alla diocesi in una nota: «Ho concluso il lavoro assegnatomi e che è durato circa dieci mesi. È stato un impegno che ho svolto con il criterio evangelico della ›misericordia’, togliendo tutti quei documenti che gettassero anche un’ombra sugli interessati. Il mio parere, maturato lungo il lavoro, è che questi documenti non vengano conservati e che prendendo come norma il can. 489.2 siano distrutti. Non servono per la storia della diocesi […] P.S. I documenti esaminati concernono gli ultimi cento anni.»«. Ora il canone menzionato da questa persone è il 489.2 che richiede che «si distruggano i documenti che riguardano le cause criminali in materia di costumi, se i rei sono morti oppure se tali cause si sono concluse da un decennio con una sentenza di condanna»«.

Domande senza risposta?

Chi ha bruciato quindi questa documentazione e per quali ragioni, e per incarico di chi dato che il soggetto in questione parla di «lavoro assegnato«? Lo studio degli esperti di Zurigo osserva che «nel caso in questione, non è più possibile accertare se il collaboratore si sia attenuto a questi requisiti – che sono in realtà alquanto specifici – o se abbia invece deciso del destino dei documenti secondo una definizione soggettiva di ›misericordia’. Inoltre, non è stato possibile appurare chi abbia dato l’ordine di distruggere i documenti e quale fosse la loro portata e il loro significato. Sebbene lo stesso paragrafo del diritto canonico preveda anche la conservazione di «un breve sommario del fatto con il testo della sentenza definitiva» in caso di distruzione di fascicoli, questi sommari non sono stati trovati», questo secondo il rapporto degli esperti.

Va rilevato che il codice di diritto canonico permette di bruciare i documenti ma non dà ordine a nessuno di farlo. Per questo durante la conferenza stampa a Zurigo, proprio a partire in particolare dalla situazione di Lugano è stato chiaramente detto che tra le nuove indicazioni che d’ora in poi saranno valide in Svizzera: sarà vietato bruciare il materiale degli archivi.

La commissione diocesana di esperti «Abusi sessuali in ambito ecclesiale»

Un’altra particolarità dell’archivio della diocesi di Lugano riscontrato e descritto nello studio «è la mancanza di un archivio organizzato per i dossier dell’attività della Commissione diocesana di esperti «Abusi sessuali in ambito ecclesiale»«. Lo studio osserva che ” verosimilmente ciò è dovuto al numero limitato di casi trattati dalla stessa Commissione. Dopo vari chiarimenti, anche con le persone interessate, è stato possibile individuare i verbali dal 2020 così come i dossier delle quattro persone che si sono messe in contatto con la Commissione tra il 2016 e oggi, documenti che sono stati trasferiti alla diocesi. Non sono noti altri documenti relativi al lavoro della Commissione». Secondo gli esperti un numero così ridotto di casi non è verosimile.

La conferenza stampa indetta dalla Curia a Lugano per il 13 settembre alle 9.30

Domande aperte che restano e punti da chiarire che forse riceveranno qualche risposta in più in occasione della conferenza stampa indetta per il 13 settembre 2023 in Curia a Lugano alle 9.30. Vi parteciperanno mons. Alain de Raemy, Amministratore apostolico, don Nicola Zanini, Delegato ad omnia dell’Amministratore, e la Giudice Fabiola Gnesa, Presidente della Commissione diocesana di esperti per la gestione di casi di abusi sessuali in ambito ecclesiale.

Leggi anche: l’appello di mons. Bonnmain ai ticinesi

red

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12 Settembre 2023 | 11:02
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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