Ticino e Grigionitaliano

L'irrompere di una logica di morte che si oppone al rifiorire della vita

«Da ormai oltre due anni siamo dentro una pandemia che ha portato alla morte di milioni di persone in tutto il mondo. In questo periodo stiamo riuscendo a sconfiggere la malattia, quindi perché dare inizio alla guerra? È morta già così tanta gente, perché ucciderne altra?». Questo messaggio è stato scritto da Aurora, una ragazzina di 13 anni. La docente di scuola media di Aurora ha recapitato al quotidiano italiano «Avvenire» i pensieri dei suoi allievi, da lei raccolti davanti all’ipotesi dell’imminente guerra in Ucraina. Questa settimana gli studenti del post obbligo di diverse nostre scuole ticinesi, per la prima volta da quasi due anni, si sono tolti la mascherina. Sono giorni segnati da una certa euforia, le relazioni ripartono, c’è voglia di vivere, desiderio di riprendersi spazi e tempi, si respira un po’ di serenità, c’è aria di primavera. Ed ecco, la notizia dell’arrivo della guerra. Non ci si credeva, ma è successo. «Lei pensa che ci sarà la guerra in Ucraina?», mi ha chiesto, non più tardi di lunedì, uno studente di un paio di anni più grande di Aurora. La domanda è stata motivata da ragioni simili a quelle espresse da Aurora, perché c’è una ragionevolezza data dal buon senso nel guardare la realtà alla luce del bene comune e nell’ottica del rispetto del diritto dei popoli e delle nazioni. C’è una ragionevolezza di tutti aperta al futuro che coglie quella voglia di primavera di un’intera umanità che sta uscendo a fatica da lutti e sofferenza. Ma esiste anche una logica opposta, animata dalla forza degli interessi geopolitici, dal disprezzo della democrazia o da rivalse storiche e culturali. Questa logica non conta le vite umane. Le ragioni di una guerra possono essere economiche, politiche, o storiche, ma la logica che le muove è sempre una forma di potere da imporre o che si ritiene sia da difendere. Intanto che si moltiplicano appelli e iniziative diplomatiche, papa Francesco invita tutti ad una giornata di preghiera e digiuno, il 2 marzo. Già, la forza delle cose invisibili, come la preghiera. Come sono invisibili la fiducia, la speranza, l’amore. Perderle di vista significa far sprofondare questo mondo già affaticato nel caos. E poi il digiuno, perché non mangiare è visibile, ma l’intenzione che rende quel gesto digiuno sta nel cuore. Il digiuno aggiunge alla preghiera una particolare sottolineatura pratica, visibile: dà densità esistenziale ed etica al nostro pregare. Il digiuno poi porta con sé un messaggio di purificazione, di disciplina in rapporto all’appetito, quindi ai desideri, alle relazioni umane che sono sempre tentate di voracità, di conquista, di potere. Come in queste ore, con questa guerra. Se poi guardiamo alla vita dei credenti in Cristo, il digiuno è confessione di fede fatta con il corpo, pedagogia che porta la totalità della persona a mettersi davanti a Dio e alla sua Parola. Ed è per tutte queste ragioni che in situazioni particolarmente decisive e critiche, la Chiesa esorta i cristiani a digiunare e pregare, cioè ad affidarsi con un mezzo concreto a qualcosa di invisibile ma reale; stare quindi davanti a Dio per pensare con Dio le vicende quotidiane, per purificare le proprie convinzioni, così da saper sostenere e scegliere la vita e non la morte.

Leggi l’appello del vescovo Lazzeri per la pace in Ucraina.

Cristina Vonzun

| © unsplash.com
26 Febbraio 2022 | 07:54
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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