Ticino e Grigionitaliano

L’accoglienza dei bambini ucraini: i tanti aspetti di un bel gesto

Tre le grandi emergenze causate dalla guerra in corso vi è quella dei bambini e dei ragazzi costretti ad abbandonare l’Ucraina nella speranza di trovare un luogo sicuro e accogliente. Un luogo che per alcuni di loro si è rivelato essere il Ticino che a sua volta sta mettendo in campo tante energie per far sì che questi giovani possano continuare il loro percorso di crescita in serenità. È per questo che il DSS ha incaricato l’OSC di formare un gruppo di lavoro per il sostegno psicologico alla popolazione ucraina coordinato da M. Chiara Ferrazzo Arcidiacono, psicotraumatologa, e composta da Stefano Barbero e da Fabian Bazzana per il settore Adulti, da Veronica Mascia e da Sara Nuetzel, incaricate per il settore Minorenni nei rispettivi distretti sopra e sottocenerini. A loro abbiamo chiesto di guidarci nel processo di accoglienza che tanti ticinesi hanno scelto di vivere.

Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono, per i bambini che stanno arrivando in Ticino cosa vuol dire essere accolti?

Accogliere è una parola nobile che racchiude molti significati e emozioni sia per chi accoglie, sia per chi riceve l’accoglienza. Integrazione, unione, stabilità sono significati cardine per strutturare un periodo transitorio, ma che resterà indelebile nelle memorie dei bambini che saranno ospitati in Ticino. Una buona accoglienza, anche nei momenti di difficoltà estrema come quella scatenata dal recente conflitto bellico, permette lo sviluppo di modelli operativi interni stabili e sicuri che ci permettono di essere adulti che sanno fronteggiare le difficoltà e rassicurare i loro piccoli.

Stefano Barbero, c’è un giusto modo di accogliere? Quali indicazioni date a coloro che ospitano i bambini?

Se consideriamo il termine giusto come il contrario di sbagliato, allora no. Non esiste un modo giusto. Quando si compie un gesto nobile come l’accoglienza di una persona in difficoltà, il solo esserci e garantire una protezione è preziosissimo. Ma se nel concetto di «giusto» includiamo aspetti quali la gentilezza, l’impegno, l’umanità, il supporto, il tatto… allora riusciremo ad assicurare naturalmente e con spontaneità quello che la guerra ha momentaneamente strappato ai bambini e alle loro famiglie. I bambini saranno ospitati molto verosimilmente con almeno un famigliare, spesso la madre. Quindi è importante rivolgersi a concentrare i nostri sforzi di accoglienza sulla coppia madre-bambino. È fondamentale permettere di avere uno spazio sicuro ove mantenere contatti con il resto della famiglia di origine e offrire uno spazio di gioco integrato anche con i membri della famiglia ospitante. Questo equilibrio elastico permette ai bambini di inserirsi rapidamente nel nuovo sistema, tutelandoli da un’eccessiva intrusività. L’inserimento nel percorso scolastico potrebbe inoltre essere una buona spinta per aiutare i bambini a costruire il loro futuro attraverso l’apprendimento.

Sara Nuetzel, come è possibile aiutare i più piccoli a gestire il trauma che stanno vivendo?

Un bambino traumatizzato utilizza il proprio linguaggio per comunicarlo all’adulto attraverso il cambiamento del comportamento: alcuni attraverso i giochi che possono diventare più violenti; altri chiudendosi o ancora iniziando a disinteressarsi della scuola; o interessandosi solo ai rapporti online. Alcuni si butteranno sul cibo come consolazione o rifiuto, altri ancora mostreranno disturbi nel sonno oppure regrediranno rispetto a funzioni che avevano acquisito. Ogni forma di sofferenza è meritevole di ascolto ed è importante ricordare che i bambini comunicano attraverso altri canali che non sono la parola. È importante la collaborazione con i genitori e chi è intorno al minore. A volte è sufficiente chiedere «cosa c’è che non va?» per sciogliere le tensioni, altre volte invece è necessaria la consulenza di uno specialista.

Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono, quali possono essere gli effetti a lungo termine di questi traumi?

Noi speriamo sempre di non raccontarli e di non esserne testimoni; proprio per questo motivo è stato creato un gruppo di sostegno psicologico con un triplice obiettivo: informare, sensibilizzare e prendere a carico particolari situazioni ove ne emergesse l’urgenza o la necessità. Un trauma non trattato si ripercuote sullo sviluppo psico-affettivo della persona: si hanno meno opportunità di formarsi, di integrarsi, di entrare in un percorso professionale, di avere rapporti sociali con i coetanei. Un trauma non trattato si ripercuote, in ultima analisi, sull’intero arco di sviluppo psico-emotivo, compromettendolo e potendo generare, in futuro, problematiche psicologiche o psichiatriche. Questo non lo possiamo permettere: i ragazzi costituiscono una risorsa preziosa, non solo per il futuro, ma anche per il presente e vanno tutelati, protetti e ascoltati.

Silvia Guggiari

| © unsplash.com
4 Aprile 2022 | 06:40
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