Una benedizione
Ticino e Grigionitaliano

La benedizione di coppie dello stesso sesso: un gesto pastorale che occorre comprendere correttamente

di don Arturo Cattaneo*

Il 18 dicembre 2023 il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato, con l’approvazione esplicita di Papa Francesco, la Dichiarazione «Fiducia supplicans» sul senso pastorale delle benedizioni. Con essa si è voluto «ampliare ed arricchire il senso delle benedizioni» (n. 7), in modo che possano essere contemplate, «con un approccio maggiormente pastorale» (n. 21), anche quelle impartite «al di fuori di un quadro liturgico» (n. 23), ossia senza un apposito rito liturgico. Si tratta di un testo in cui si respira l’anelito pastorale di Papa Francesco, il suo vivo desiderio di accogliere e accompagnare ogni persona o coppia, mostrando loro il volto materno della Chiesa con quel «gesto pastorale, così amato e diffuso» proprio delle benedizioni. La rilevanza del documento si evince, considerando che l’ultima Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede venne pubblicata ben ventitré anni orsono. Era l’importante Dichiarazione Dominus Iesus, sull’unicità e l’universalità salvifica di Cristo e della Chiesa, il principale documento pubblicato nell’anno del grande giubileo del 2000.

La novità

La grande novità di questo documento consiste nel permettere di benedire anche coppie in situazioni irregolari (cioè che vivono come coniugi pur non essendo validamente sposati) e coppie dello stesso sesso. Sorprende soprattutto per queste ultime coppie, dato che ciò era stato esplicitamente escluso sia dal Rituale Romano del 1985, sia dallo stesso Dicastero per la Dottrina della Fede nel 2021.

Il Rituale Romano (l’edizione italiana a cura della CEI è del 1992) aveva infatti richiesto per poter compiere una benedizione che «non si tratti di cose, luoghi o contingenze che siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo» (n. 13). Ancora più esplicita fu la proibizione pronunciata nel 2021 dallo stesso Dicastero per la Dottrina della Fede che affermò: «Quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre – oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni. Per tale motivo, non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso. La presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore». Perciò, si «dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni. In questo caso, infatti, la benedizione manifesterebbe l’intenzione […] di approvare e incoraggiare una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio» (Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso, 22.II.2021).

Con alcune precisazioni che ora ricorderò, si è voluto fare il possibile per mostrare anche ai fedeli nelle succitate difficili situazioni la vicinanza della Chiesa, che desidera offrire sempre conforto e incoraggiamento, invitando «ad avvicinarsi sempre di più all’amore di Cristo» (n. 44), con la certezza che Dio non abbandona nessuno.

Le precisazioni

Gli autori di questa Dichiarazione sono certamente consapevoli che tale novità può dare adito a un grave malinteso e a una confusione. Il malinteso di intendere la benedizione quale «forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale». Di conseguenza, il testo precisa che la benedizione qui considerata è un gesto che «non pretende di sancire né di legittimare nulla» (n. 34) e anche che con essa «non si intende legittimare nulla ma soltanto aprire la propria vita a Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, ed anche invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con maggiore fedeltà» (n. 40). È pure significativo che il cardinale Fernández, Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, conclude la presentazione del documento, assicurando che questo nuovo tipo di benedizione concessa a coppie irregolari o dello stesso sesso non significa «convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio». Il 4 gennaio 2024 il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato un «Comunicato stampa circa la ricezione di Fiducia supplicans». In esso si ribadisce che «che si tratta di benedizioni senza forma liturgica che non approvano né giustificano la situazione in cui si trovano queste persone» (n. 2).

La confusione che potrebbe crearsi è quella di equiparare in qualche modo la benedizione «non ritualizzata» (n. 39) con quella impartita dal ministro ordinato nella celebrazione sacramentale del matrimonio. Per ben sei volte la Dichiarazione insiste sulla necessità di evitare una simile confusione (cfr. nn.: 4, 5, 6, 30, 31 e 39). Si tratta di evitare che «si riconosca come matrimonio qualcosa che non lo è» (n. 4). Si stabilisce perciò che questa benedizione «non ritualizzata» va svolta in modo da evitare qualsiasi confusione «con la benedizione propria del sacramento del matrimonio» (n. 31), dato che l’unione di una coppia in situazione irregolare o dello stesso sesso «in nessun modo può essere paragonata al matrimonio» (n. 30). Per evitare tale possibile confusione, oltre all’indicazione di astenersi dall’utilizzo di qualsiasi rito liturgico, si prescrive che «mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso» (n. 39). Queste precisazioni costituiscono chiaramente un freno per quei vescovi (soprattutto in Germania e Belgio) che hanno già espresso l’intenzione di stabilire un rito per le benedizioni delle coppie dello stesso sesso.

Le discussioni

Questa Dichiarazione è stata accolta in modo assai diverso. Molti media laici hanno parlato di un cambiamento di dottrina atteso da tempo, nel senso che finalmente anche la Chiesa accetta coppie dello stesso sesso e permette che vengano benedette. All’interno della Chiesa, c’è stato chi ha lodato l’apertura del documento alla benedizione delle coppie dello stesso sesso come un passo nella giusta direzione. Per altri, l’apertura non è sufficiente, perché la Dichiarazione sottolinea che gli insegnamenti della Chiesa riguardanti il matrimonio non vengono cambiati. Ci sono anche voci che l’hanno criticata apertamente, considerandola non in linea con l’insegnamento della Chiesa e, in modo particolare, perché si dà l’impressione di legittimare le unioni omosessuali. Alcune prese di posizione, anche da parte di diversi vescovi, cardinali e di una ventina di Conferenze episcopali hanno manifestato delle critiche e alcune hanno proibito di impartire tali benedizioni. A questo proposito va osservato che il documento non impone queste benedizioni, ma parla sempre di «possibilità», lasciando quindi alla prudenza pastorale di ogni vescovo o Conferenza episcopale se accogliere o meno ciò che si suggerisce. Il Papa è certamente consapevole che la sensibilità predominante in certi paesi fa sì che la prudenza pastorale non renda consigliabile impartire quelle benedizioni. Il documento ricorda comunque che è sempre possibile offrire una benedizione alle singole persone o a gruppi di persone anche se vivono in situazioni di peccato, ossia «non ordinate al disegno del Creatore» (n. 28).

Ciò è stato sottolineato dal succitato «Comunicato stampa» che ha fatto notare che «ogni Vescovo locale, in virtù del suo proprio ministero, ha sempre il potere di discernimento in loco, cioè in quel luogo concreto che conosce più di altri perché è il suo gregge. La prudenza e l’attenzione al contesto ecclesiale e alla cultura locale potrebbero ammettere diverse modalità di applicazione, ma non una negazione totale o definitiva di questo cammino che viene proposto ai sacerdoti.

Il caso di alcune Conferenze episcopali deve essere compreso nel proprio contesto. In diversi Paesi ci sono forti questioni culturali e perfino legali che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre il breve termine» (nn. 2 e 3).

Tali critiche sono comprensibili se si tiene presente che lo stesso termine «benedire» significa «dire bene» e nel linguaggio comune viene inteso non solo come una supplica, una richiesta di aiuto a Dio, ma anche quale lode, approvazione, autorizzazione, benestare. Si dice per esempio che una iniziativa è stata «benedetta». Ma approvare l’unione fra due persone dello stesso sesso costituirebbe una clamorosa contraddizione con l’insegnamento del magistero raccolto nel Catechismo della Chiesa cattolica ai punti 2352-2359 e 2390. Ricordo solo quest’ultimo: «L’atto sessuale deve aver posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla Comunione sacramentale». Il succitato «Comunicato stampa» propone di distinguere fra «coppia» e «unione», nel senso di affermare che si benedice la «coppia» ma non la loro «unione»: Si osserva infatti che trattasi di «semplici benedizioni pastorali (non liturgiche né ritualizzate) di coppie irregolari (non delle unioni)» (n. 2). Tale distinzione risulta poco chiara, poiché il concetto di coppia include necessariamente un riferimento ad una relazione, e non semplicemente a due persone. Due persone senza una particolare relazione tra di loro non sono una coppia.

La Dichiarazione specifica che questa benedizione «non ritualizzata» è «un semplice gesto che fornisce un mezzo efficace per accrescere la fiducia in Dio da parte delle persone che la chiedono» (n. 36). Si precisa anche che con tale benedizione il ministro ordinato si unisce «alla preghiera di quelle persone che, pur in una unione che in nessun modo può essere paragonata al matrimonio, desiderano affidarsi al Signore e alla sua misericordia, invocare il suo aiuto, essere guidate a una maggiore comprensione del suo disegno di amore e verità» (n. 30). E ancora: «Queste forme di benedizione esprimono una supplica a Dio perché conceda quegli aiuti che provengono dagli impulsi del suo Spirito» (n. 31). Tali descrizioni portano a considerare questa benedizione quale «preghiera», «affidamento alla misericordia del Signore», «invocazione del suo aiuto», o una «supplica a Dio». Forse si sarebbero potute evitare tante perplessità e controversie, usando questi termini al posto di «benedizione».

*docente di diritto canonico alla Facoltà di teologia di Lugano

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Una benedizione | © catt.ch
5 Gennaio 2024 | 15:30
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