Ticino e Grigionitaliano

IV Domenica di Quaresima. Commento al Vangelo

Verso la Pasqua di risurrezione 2022

Il coordinamento della Formazione biblica nella Diocesi di Lugano ha pensato di accompagnare lettrici e lettori di catt.ch, in continuità con quanto proposto negli ultimi due anni, con una serie di commenti ai vangeli domenicali quaresimali (rito cattolico romano). Questa è la quarta puntata con Antonio Ruccia, allievo di don Tonino Bello, vicario foraneo dell’Arcidiocesi di Bari, responsabile della parrocchia di San Giovanni Battista nel capoluogo pugliese e docente di teologia pastorale alla locale Facoltà teologica. Le traduzioni dei testi evangelici sono tratte dai volumi ABSI delle traduzioni ecumeniche commentate pubblicate tra il 2017 e il 2021 (per ogni informazione: info@absi.ch).

LA PRO-VOCAZIONE DELL’AMORE

Dal vangelo secondo Luca (15,1-2.11-32)[1]

1In quel tempo si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2E mormoravano, i farisei e gli scribi, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

Ed egli disse loro questa parabola: «Una persona aveva due figli. 12Il più giovane disse al padre: «Padre, dammi la parte che mi spetta delle (tue) sostanze». E il padre divise il patrimonio tra loro. 13E dopo pochi giorni il più giovane, riunite tutte le sue ricchezze, partì per un paese lontano.

E là sperperò rovinosamente e completamente le sue sostanze vivendo da incosciente. 14Dopo che egli ebbe perso tutto, in quella regione si produsse una grave carestia ed egli cominciò a trovarsi in notevole difficoltà. 15Andò allora da uno dei cittadini di quel paese e si sottomise alle sue complete dipendenze. Costui lo spedì nei suoi campi a fare il guardiano di porci. 16Ed egli bramava di riempirsi la pancia con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gli(ene) dava. 17Allora entrò in se stesso e disse: «Quanti salariati di mio padre abbondano di pane, mentre io qui sto morendo di fame! 18Mi alzerò e andrò subito da mio padre e gli dirò: ›Padre, ho commesso moltissimi errori anche verso di te 19e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi salariati’». 20Si alzò e si avviò sulla strada del ritorno verso suo padre.

Mentre egli si trovava ancora lontano, il padre lo vide e, dominato da una commozione viscerale, gli corse incontro e si abbandonò gettandogli (le braccia) al collo e lo baciò affettuosamente. 21Il figlio, però, gli disse: «Padre, ho commesso moltissimi sbagli anche verso di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio…». 22Ma il padre disse ai suoi schiavi: «Presto, tirate fuori la (sua) veste e fategliela indossare e mettegli un anello al dito e i calzari ai piedi e 23portate il vitello, quello ingrassato, e uccidetelo e, mangiando, facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed ha deciso di tornare alla vita, era perduto senza speranza e si è lasciato ritrovare». E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore era nei campi; e, tornando, si avvicinò alla casa e sentì musica e danze. 26Chiamò un servo e gli chiedeva che cosa fossero questi (suoni). 27Ed egli gli rispose: «Tuo fratello è tornato e tuo padre ha fatto uccidere il vitello, quello delle grandi occasioni, perché l’ha riavuto sano e salvo». 28Allora il fratello maggiore) si irritò profondamente e non aveva alcuna intenzione di entrare (in casa). D’altro canto suo padre, uscitone, lo invitava insistentemente (a farlo). 29Egli, allora, disse, in tutta risposta, a suo padre: «Ecco, da tanti anni sono al tuo servizio e non ho mai mancato di adempiere un tuo comando e a me non hai mai concesso neppure un capretto affinché facessi festa con i miei amici; 30quando, invece, questo tuo figlio, che ha fatto fuori il tuo patrimonio con prostitute, è arrivato, hai fatto uccidere per lui il vitello delle grandi occasioni!». 31Ma (il padre) disse: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto quello che è mio è tuo; 32ma si doveva far festa ed essere pieni di gioia, perché questo tuo fratello era morto ed ha deciso di tornare alla vita, era perduto senza speranza e si è lasciato ritrovare».

            Quella strana e inaspettata pro-vocazione dell’amore non rientra nei canoni dell’eros. Non rientra nemmeno nella sfera di quella scarna amicizia che tanti esaltano come strumento comunicativo dei rapporti interpersonali che spesso svaniscono appena girato l’angolo di strada.

         La pro-vocazione dell’amore magistralmente espressa nella parabola di Luca, quella di un padre e di due figli diametralmente opposti e diversi, è segno di una proposta che forse nessuno si sarebbe aspettato da parte di un Dio che della misericordia aveva già fatto il suo cavallo di battaglia in episodi veterotestamentari, ma che in questo caso raggiunge qualcosa di grandioso.

         Tutto sta in un abbraccio. Un qualcosa di inaspettato che pro-voca e ci pro-voca nel rivedere continuamente noi stessi. Un abbraccio a cui fa seguito un bacio e una festa grandiosa che sbalordisce i servi e che crea problemi nell’altro fratello, quello buono, quello delle regole, quello che non aveva mai messo la testa fuori di casa e che non sa decidere se entrare e compiere lo stesso gesto del padre oppure andarsene via per non tornare mai più.

         Quell’uomo forte, quel padre che avrebbe voluto avere gli abbracci e i suggerimenti di sua moglie che non appare mai in questa vicenda, mostra chiaramente di aver fatto una scelta. Una di quelle che oscillano tra l’amare e il comandare. Preferendo il primo al secondo e mostrando in questa pro-vocazione che solo con l’amore alla fine si vince sempre.

         Il figlio minore chiede con tono di comando il denaro per andar via. Il padre gli concede quanto richiesto. Perché? Il padre aveva operato una scelta chiara: il percorso dell’amore. Aveva già capito che attraverso questa pro-vocazione non avrebbe mai perso quel figlio che gli aveva domandato il denaro per partire e continuare a comandare facendo emergere il suo egoismo sopra ogni persona e ogni cosa.

         Quel figlio sbaglia tutto. Sbaglia a livello «geografico» perché prende la direzione di un luogo dove la carestia la fa da padrona; sbaglia a livello morale perché dlapida le sue risorse senza pensare a ciò che rende piena di senso la vita; sbaglia anche livello religioso giudaico perché, andando contro la Legge, si contamina con i porci con cui non può condividere neanche il cibo.

Quel figlio non è più nessuno. Non solo perché non comanda più, ma soprattutto perché ha perso la sua dignità di persona.

E qui … c’è la pro-vocazione dell’amore del padre!

Il padre ebbe compassione, lo abbracciò e lo baciò. Il padre sceglie la strada dell’amore. Lo pro-voca con l’amore e soprattutto lo pro-voca ad amare. Non sceglie la via della condanna, ma quella di una nuova proposta di vita. Lo accoglie e gli offre su un piatto d’argento il sapersi reiventare una vita nuova.

Il figlio maggiore, che aveva scelto la strada del comando, si trova letteralmente spiazzato di fronte a questa scelta. Non lo aveva mai sfiorato l’idea di percorrere la strada dell’amore piuttosto che quella del comando che continuava a percorrere ogni giorno.

E qui … c’è la nuova provocazione dell’amore del padre!

Il padre si spoglia di tutto. Gli offre il suo patrimonio: lo AMA! Lo invita ad entrare e ad iniziare il cammino dell’amore che mai si era sognato di percorrere prima.

Amare è una pro-vocazione. Pro-vocazione contro la guerra, il potere, il comando, l’invidia, il possesso. Amare è la parola pro-vocatoria di Dio-Padre che chiama a svendersi pur di concretizzarla. Amare è la parola di chi non si arrende mai perché nessuno è mai un errore.

Non si ama per denaro o per interesse personale. Non si ama per sesso o per raggiungere il potere raggirando chi sta accanto.

Amare è la pro-vocazione senza tempo, fatta di gesti e atti stupendi. È la parola non solo del padre misericordioso di questa parabola, ma soprattutto di Gesù che lo ha mostrato dalla croce. La croce è parola di amore e non di comando. Gesù usa questo segno non solo per ribaltare quanto i romani intendevano affermare davanti al mondo, ma anche come segno per noi, che di egoismo e potere facciamo spesso una questione di principio.

Amare è la pro-vocazione di chi vive e vuole vivere. È quella Pasqua che come tutti i fratelli non solo sono fatti per stare insieme seduti alla stessa mensa avendo la certezza di un padre che li ama, ma chiede di lasciarsi pro-vocare continuamente dall’amore e di diventare pro-vocanti di amore.

Circa il commento a questo brano evangelico segnaliamo anche


[1] Traduzione del testo: absi, LUCA, Edizioni Terra Santa, Milano 2018, pp. 225.228-232.

27 Marzo 2022 | 06:10
Tempo di lettura: ca. 5 min.
commento (223), quaresima (130)
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