L'Abate Mauro Lepori
Sinodo

Il ticinese abate Lepori al Briefing del Sinodo: «Saremo i testimoni, non i postini di un documento»

«In molti padri sinodali cresce il desiderio di partire dal Sinodo non come postini di un testo, ma come testimoni di un avvenimento. Che non è un parlamento». Padre Mauro Lepori, abate generale dell’Ordine cistercense, al Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani rappresenta il mondo monastico, e al briefing con i giornalisti, in Sala stampa vaticana, guarda già alla conclusione dell’assemblea sinodale, il 28 ottobre. Confida ai giornalisti che tra i 267 padri sinodali «sta prevalendo l’avvenimento di comunione sulla preoccupazione di creare un testo» cioè il documento finale. «E’ davvero un’esperienza di Chiesa, una testimonianza di fraternità ecclesiale» aggiunge. «Una Chiesa che in se stessa è risposta ai problemi». I vescovi diocesani stessi, risponde l’abate cistercense provocato da una domanda, «vengono educati all’ascolto del loro gregge», che non vuole trovare troppi filtri per poter parlare con il suo pastore.

Di ascolto parla anche frérè Alois, priore della Comunità ecumenica di Taizé, dove il «ministero dell’ascolto» dei giovani è fondamentale, ed è esercitato anche da laici. «A Parigi  – racconta – ci sono già chiese aperte, con persone disponibili all’ascolto. Restano a disposizione alla fine della Messa, come primo contatto, con chi chiede aiuto o vuole condividere una sofferenza o anche una gioia». Le parrocchie dovrebbero essere comunità accoglienti nelle quali si prega insieme e nelle quali i giovani vedono che il Vangelo è qualcosa di concreto. Non si è parlato molto di ecumenismo, lamenta il priore di Taizé, «ma i giovani vogliono pregare insieme con i credenti di altre confessioni cristiane, lo chiedono». Però, riconosce, l’apporto dei delegati fraterni nei lavori di gruppo è importante. Gli fa eco il pastore Marco Fornerone, delegato fraterno della Comunione mondiale delle Chiese della Riforma. «Vivo la sorpresa della vicinanza che ho trovato, – spiega ai giornalisti – nei temi affrontati, sulle sfide della Chiesa di oggi. Una grande vicinanza nella riflessione che si fa sul rapporto Chiesa – mondo e sulla necessità di ripensare il linguaggio con cui la Chiesa sui rivolge al mondo». Di nuovi linguaggi e mondo digitale parla anche il vescovo di Reykjavík, capitale dell’Islandamonsignor David Bartimej Tencer, cappuccino. «Senza il digitale noi in Islanda saremmo persi» sottolinea, raccontando di aver organizzato «la scuola di catechismo via Skype, perché ci sono parrocchiani distanti 700 chilometri. Così sono stato in contatto molto reale con loro». I miei giovani preferiscono scaricare la Bibbia sullo smartphone piuttosto che leggerla su carta. La Chiesa va avanti, anche grazie al mondo digitale, nella direzione di far sentire sempre più i giovani protagonisti».

L'Abate Mauro Lepori
17 Ottobre 2018 | 18:00
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