Mons. Philippe-Bordeyne
Papa e Vaticano

Il preside del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II commenta la Nota Vaticana sulle persone transessuali

Un documento del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF), firmato da Papa Francesco, esprime una linea di apertura pastorale sulla questione del battesimo delle «persone omoaffettive e transessuali», pur richiamando le norme del diritto canonico. In un’intervista dell’agenzia I.MEDIA, Mons. Philippe Bordeyne,  preside del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II e specialista in teologia della famiglia, spiega che questo testo intende «rispondere a nuove domande che prima non potevano essere poste».

Leggi anche: Ancora dubia: le persone transessuali possono ricevere il Battesimo? La risposta del Vaticano

Il documento è una risposta a una lettera del 14 luglio 2023 inviata a Roma dal vescovo José Negri di Santo Amaro (Brasile) riguardo ad «alcune questioni relative alla possibile partecipazione ai sacramenti del battesimo e del matrimonio da parte di persone transessuali e omoaffettive». Il Dicastero per la Dottrina della fede, guidato dal settembre 2023 dal cardinale argentino Victor Manuel Fernandez, elabora una risposta in sei punti. Il documento in lingua italiana, pubblicato sul sito web vaticano l’8 novembre, afferma di riprodurre «i contenuti fondamentali di quanto già affermato in passato in materia da questo Dicastero».

Carattere sacramentale presente

Il testo, tuttavia, adotta un nuovo approccio a queste situazioni. In particolare, spiega che «Un transessuale – che si fosse anche sottoposto a trattamento ormonale e ad intervento chirurgico di riattribuzione di sesso – può ricevere il battesimo, alle medesime condizioni degli altri fedeli, se non vi sono situazioni in cui c’è il rischio di generare pubblico scandalo o disorientamento nei fedeli». Questa stessa linea di apertura sulla possibilità di ricevere il battesimo vale per «i bambini o adolescenti con problematiche di natura transessuale, se ben preparati e disposti, questi possono ricevere il Battesimo».

Sulla questione specifica del battesimo delle persone transessuali, il testo presenta una lunga argomentazione di natura teologica e filosofica. Specifica che, se la persona interessata – nel caso in cui il sacramento sia ricevuto «senza pentimento di peccati gravi» «non riceve la grazia santificante» , riceverebbe comunque «il carattere sacramentale», che trasmette intrinsecamente una «disposizione positiva alla grazia» e alla «protezione divina», secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1121).

Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino come riferimenti

Il documento si rifà a San Tommaso d’Aquino per sottolineare che «quando l’impedimento alla grazia scompare, in qualcuno che ha ricevuto il Battesimo senza le giuste disposizioni, il carattere stesso «è una causa immediata che dispone ad accogliere la grazia»».

Viene citato anche Sant’Agostino, quando scrive che «anche se l’uomo cade nel peccato, Cristo non distrugge il carattere ricevuto da questi nel battesimo e cerca il peccatore nel quale è impresso questo carattere che lo identifica come sua proprietà».

La linea di Papa Francesco viene ribadita con una citazione della sua prima esortazione apostolica del 2013, Evangelii Gaudium, in cui il pontefice argentino ricorda che «la Chiesa non è una dogana» e che «le porte dei sacramenti non devono essere chiuse per nessun motivo».

Tra flessibilità e discernimento pastorale

Mons. Philippe Bordeyne spiega che «questa risposta si oppone all’atteggiamento pastorale di supporre che la persona transessuale si trovi sempre in una situazione di peccato grave che le impedisce di ricevere la grazia».

Il teologo francese sottolinea che bisogna tenere conto di due argomenti. «Da un lato, anche se esiste una situazione oggettiva di peccato, il soggetto non ne è sempre totalmente responsabile». D’altra parte, «anche se la sua responsabilità personale gli impedisse di ricevere la grazia di Dio (grazia santificante) nella celebrazione del sacramento, essa (la grazia) rimarrebbe viva nel battezzato». Aggiunge che «se gli ostacoli alla grazia fossero rimossi dall’opera di conversione, il sacramento potrebbe allora dispiegarsi pienamente».

Tuttavia, il teologo francese sottolinea che «pur aprendo la porta al battesimo perché è il sacramento della salvezza, il testo invita al discernimento pastorale, soprattutto per evitare lo scandalo».

Tra prudenza e speranza

Il «responsum» specifica anche che un transessuale può essere padrino o madrina di battesimo, ma stabilisce alcune qualifiche e limiti. «Non costituendo però tale compito un diritto, la prudenza pastorale esige che esso non venga consentito qualora si verificasse pericolo di scandalo, di indebite legittimazioni o di un disorientamento in ambito educativo della comunità ecclesiale», si legge.

Alla domanda sul caso di bambini adottati da coppie omosessuali o ottenuti tramite «gestazione per altri», il dicastero risponde che «perché il bambino possa essere battezzato, deve esserci la fondata speranza che venga educato alla religione cattolica (cf. can. 868 § 1, 2 o CIC; can. 681, § 1, 1o CCEO)» . L’idea di fondo è comunque quella di non privare questi bambini, coinvolti in situazioni di cui non sono in alcun modo responsabili, della grazia del battesimo e di invitare i loro genitori a intraprendere un cammino di conversione.

Non legittimare la militanza attiva

Viene proposto un principio di «prudenza pastorale» per quanto riguarda il ruolo di padrini di battesimo affidato eventualmente a omosessuali che vivono in coppia. Mons. Bordeyne spiega che «il testo ci invita a escludere specificamente coloro che si battono apertamente perché la loro unione sia trattata come matrimonio, ma non chiude la porta agli altri». «È lo stesso principio di una recente istruzione sulla benedizione degli omosessuali: evitare ogni confusione o assimilazione al matrimonio», spiega il teologo francese, riferendosi alla risposta di Papa Francesco ai «dubia» di cinque cardinali, pubblicata all’inizio di ottobre, prima dell’apertura dell’assemblea sinodale.

Leggi anche: la risposta del Papa ai dubia dei cinque cardinali

Il testo «ci ricorda che è meglio rinunciare alla funzione di testimone del battesimo quando ci sono dubbi comprovati sulla capacità di trasmettere la fede», spiega Mons. Bordeyne. In questo caso, si invita a prendere in considerazione «la possibilità che vi sia un’altra persona della cerchia famigliare a farsi garante della corretta trasmissione al battezzando della fede cattolica».*(vedi sotto)

Nessuna restrizione per i testimoni di nozze

Il documento afferma inoltre che non esiste nulla nel diritto canonico universale che impedisca a una persona transessuale e/o omoaffettiva di essere testimone di nozze.

Mons. Philippe Bordeyne spiega che il «responsum» utilizza un ragionamento molto classico (scolastico), ma lo applica a casi nuovi. «La Chiesa ha sempre fatto così per rispondere a nuove domande che non potevano essere poste prima», aggiunge. (cath.ch/imedia/cv/rz – traduzione e adattamento catt.ch)

*Padrino di Battesimo

La Nota a proposito della domanda sul fatto che una persona omoaffettiva e che convive può essere padrino di un battezzato, la risposta è positiva solo per chi «conduce una vita conforme alla fede e all’incarico che assume». Diverso è il caso, si ribadisce, «in cui la convivenza di due persone omoaffettive consiste, non in una semplice coabitazione, bensì in una stabile e dichiarata relazione more uxorio ben conosciuta dalla comunità» (N. D. R.)

Leggi anche: la lettera di risposta a questi Dubia

Mons. Philippe-Bordeyne | © Grandesecole.com
9 Novembre 2023 | 16:08
Tempo di lettura: ca. 4 min.
Condividere questo articolo!