Papa Francesco in Kazakistan
Papa e Vaticano

Il Papa: Dio è pace, mai profanarlo con l'odio. Il sacro non sia puntello del potere

«Non giustifichiamo mai la violenza. Non permettiamo che il sacro venga strumentalizzato da ciò che è profano. Il sacro non sia puntello del potere e il potere non si puntelli di sacralità».

E ancora: «Purifichiamoci dalla presunzione di sentirci giusti e di non avere nulla da imparare dagli altri; liberiamoci da quelle concezioni riduttive e rovinose che offendono il nome di Dio attraverso rigidità, estremismi e fondamentalismi, e lo profanano mediante l’odio, il fanatismo e il terrorismo, sfigurando anche l’immagine dell’uomo».

Francesco siede a fianco al presidente del Kazakhstan, Kassym-Jomart K. Tokayev, nell’enorme e futuristica sala conferenze con moquette blu del Palazzo dell’Indipendenza di Nur-Sultan, dove questa mattina si è aperto il VII Congress of Leaders of World and Traditional Religions. Imam e patriarchi, rabbini e monaci buddisti, muftì e diplomatici e rappresentanti di organizzazioni internazionali, siedono intorno al tavolo circolare: sono circa un centinaio, provenienti da 50 di Paesi. Prima di aprire il Congresso hanno pregato insieme, in silenzio, ognuno nella propria lingua e secondo il proprio credo.

Figli e figlie dello stesso Cielo 

«Fratelli e sorelle», chiama tutti il Papa all’inizio del suo intervento. Un incipit usuale dei discorsi del Pontefice, ma che in questo luogo e in questo evento, e in un’epoca ferita da guerre e divisioni fratricide, assume una particolare valenza. «Permettetemi di rivolgermi a voi con queste parole dirette e familiari…», dice infatti Francesco, che richiama subito «quella fratellanza che tutti ci unisce, in quanto figli e figlie dello stesso Cielo«.

Via fraterna

In questa terra percorsa da carovane, lungo l’antica via della seta che ha visto intrecciarsi «storie, idee, fedi e speranze», il Papa esprime il suo auspicio per il Paese: «Possa il Kazakhstan essere ancora una volta terra d’incontro tra chi è distante. Possa aprire una nuova via di incontro, incentrata sui rapporti umani: sul rispetto, sull’onestà del dialogo, sul valore imprescindibile di ciascuno, sulla collaborazione; una via fraterna per camminare insieme verso la pace».

Il fondamentalismo corrode ogni credo

Con la mano sul petto, il Papa fa un piccolo inchino con il capo prima di prendere parola e pronunciare un lungo e corposo discorso, innervato da citazioni di Seneca e Leopardi ma soprattutto di Abai, il più celebre poeta, educatore e compositore del Kazakhstan, padre della moderna letteratura. Prendendo in prestito le sue parole e i suoi versi, il Papa sottolinea che il mondo attende una «religiosità autentica».

È venuta l’ora di destarsi da quel fondamentalismo che inquina e corrode ogni credo, l’ora di rendere limpido e compassionevole il cuore. Ma è anche l’ora di lasciare solo ai libri di storia i discorsi che per troppo tempo, qui e altrove, hanno inculcato sospetto e disprezzo nei riguardi della religione, quasi fosse un fattore di destabilizzazione della società moderna

La religione, risposta alla sete di pace

«In questi luoghi – rammenta infatti Papa Francesco – è ben nota l’eredità dell’ateismo di Stato, imposto per decenni, quella mentalità opprimente e soffocante per la quale il solo uso della parola ›religione’ creava imbarazzo». In realtà, «le religioni non sono problemi, ma parte della soluzione per una convivenza più armoniosa». La ricerca della trascendenza e il sacro valore della fraternità possono infatti «ispirare e illuminare le scelte da prendere nel contesto delle crisi geopolitiche, sociali, economiche, ecologiche ma, alla radice, spirituali che attraversano molte istituzioni odierne, anche le democrazie, mettendo a repentaglio la sicurezza e la concordia tra i popoli». C’è dunque bisogno di religione «per rispondere alla sete di pace del mondo e alla sete di infinito che abita il cuore di ogni uomo».

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Papa Francesco in Kazakistan | © Antonio Spadaro / Twitter
14 Settembre 2022 | 09:47
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