da sinistra a destra: Maddalena Ermotti Lepori, Luigi Maffezzoli, il consigliere federale Ignazio Cassis, il nunzio Krebs e Carlo Seitz
Ticino e Grigionitaliano

Il Governo ticinese pare non voglia intervenire sulla questione delle regole per la nomina del nuovo vescovo di Lugano

Il Consiglio di Stato, nell’ultima riunione di metà settimana scorsa, avrebbe «deciso di non decidere», come titola lunedì 12 giugno, il Corriere del Ticino (cdt), citando fonti vicine a Palazzo delle Orsoline sulla vicenda della richiesta di modifica della legge che regola la nomina del vescovo di Lugano, per la quale era stata lanciata negli scorsi mesi anche una raccolta di firme . Nell’articolo del cdt si evidenzia «la ferma convinzione» del Consiglio di Stato di dover «astenersi» non solo «dall’interferire nella nomina del vescovo, ma anche dall’intervenire sulle regole per la nomina». Come ricordano ai lettori – così si era espresso alla fine di aprile 2023, in occasione della inaugurazione della nuova sede dell’ambasciata elvetica presso la Santa Sede, il ministro degli Esteri Ignazio Cassis sulla questione dei criteri di scelta dal futuro vescovo di Lugano: «C’è una richiesta fatta alla Confederazione da un certo numero di cittadini (il riferimento è alla raccolta di firme con l’obiettivo di modificare la convenzione siglata tra il Consiglio federale e la Santa Sede per la scelta del vescovo tra i sacerdoti cittadini ticinesi) e noi chiediamo al Governo ticinese la sua posizione, dato che in Svizzera i rapporti tra Chiesa e Stato competono ai Cantoni. E poi, in base alla posizione del Canton Ticino, la Confederazione farà le procedure necessarie con il Vaticano».

Secondo quanto riferisce il Corriere del Ticino del 12 giugno 2023 questa sarebbe la sintesi della posizione del Governo ticinese.

«Il Consiglio di Stato, nel rispetto della Costituzione cantonale e degli accordi conclusi, si è sempre astenuto dall’influenzare in modo diretto o indiretto la nomina del vescovo di Lugano». Lo ha sempre fatto in passato e continuerà a farlo anche in futuro.
Se «l’articolo 72.1 della Costituzione federale lascia» infatti «ai Cantoni la competenza del disciplinamento dei rapporti tra Chiesa e Stato – dice il Governo – l’articolo 24.1 della Costituzione ticinese stabilisce che la Chiesa cattolica apostolica romana ha la personalità di diritto pubblico e si organizza liberamente. Il concetto di libera organizzazione della norma costituzionale cantonale consiste nella competenza esclusiva della Chiesa cattolica di stabilire la propria organizzazione, attenuata solo dalla forma democratica e dal rispetto della Costituzione. La facoltà di organizzarsi liberamente include», quindi, la possibilità per la stessa Chiesa «di stabilire le norme per la nomina del vescovo di Lugano». Ne consegue, a detta del Consiglio di Stato, la necessità per la politica cantonale di «astenersi dall’esercitare un’influenza nella nomina del vescovo o dal promuovere la modificazione di norme che necessitano del suo intervento, senza che vi sia una volontà chiara espressa dalle istituzioni della diocesi».

Per dare forza alla propria scelta, il Consiglio di Stato ripesca dai cassetti della storia il messaggio del 20 marzo 1969 relativo proprio all’ «approvazione della convenzione del 24 luglio 1968 tra il Consiglio federale svizzero e la Santa Sede»; un messaggio in cui il Governo di allora «aveva evidenziato» come «la conferma dei criteri di nomina del vescovo corrispondesse alla volontà di tutte le parti contraenti e rispettasse il diritto canonico».

In quell’atto, stilato 53 anni fa, il Consiglio di Stato faceva sue le determinazioni del Concilio Vaticano II sul fatto che «il diritto di nominare e costituire i vescovi fosse proprio, peculiare e per sé esclusivo della competente autorità ecclesiastica». E ribadiva come il potere civile dovesse «rinunciare spontaneamente ai privilegi e agli interventi speciali in proposito».

Senza entrare del merito della questione politica, Luigi Maffezzoli, uno dei promotori dell’appello per la modifica della convenzione del 1968, sottolinea sul Corriere dei Ticino il fatto che c’è una sorta di rimpallo delle responsabilità che gli appare privo di senso. Il Governo, infatti, secondo Maffezzoli ha «rimandato una decisione che doveva essere dell’autorità civile alla diocesi di Lugano, ben sapendo che l’istanza superiore non è assolutamente la stessa diocesi, la quale non ha alcun potere in materia, ma la Santa Sede tramite la nunziatura apostolica di Berna». Di fatto, è probabile che questa posizione intenda del Governo sottolineare che la decisione di cambiare le regole dovrebbe dipendere da chi guida la diocesi di Lugano. Insomma, una faccenda intrigata.

da sinistra a destra: Maddalena Ermotti Lepori, Luigi Maffezzoli, il consigliere federale Ignazio Cassis, il nunzio Krebs e Carlo Seitz | © @pia neuenschwander
12 Giugno 2023 | 13:42
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