Ticino e Grigionitaliano

Il commento di don Ministrini: «Nulla sarà più come prima, questo è il vero slogan della ripresa»

Con la Pentecoste (coincidenza significativa) termina questo strano periodo caratterizzato, tra le altre privazioni, da quella delle Messe che il Vescovo Valerio ha giustamente definito «in attesa del popolo» piuttosto che «senza il popolo». Ora l’attesa è finita e possiamo celebrare la nostra fede nella quasi-normalità e soprattutto nella dimensione comunitaria. Ho ben presente la sera di sabato 14 marzo. Da poco era arrivata la comunicazione della Curia che annunciava l’inizio del periodo di astensione della presenza fisica comunitaria alle Celebrazioni liturgiche. All’Eucaristia festiva della vigilia (era la terza domenica di Quaresima) ho annunciato che quella era l’ultima Messa «comunitaria». Le persone presenti (già comunque erano meno del solito; i divieti e le precauzioni avevano segnato da un paio di settimane la vita sociale ed ecclesiale; distanziamento, acquasantiere vuote, tolto il segno della pace, Comunione solo sulle mani…) hanno accolto con sofferenza la notizia. Alla fine ho detto: «Ci lasciamo così; non so se e quando potremo reincontrarci qui in chiesa». Alcuni dei presenti quella sera infatti, nel frattempo si sono ammalati e sono scomparsi. Li vedo ancora lì, al posto abituale, che resterà ora – purtroppo – vuoto. In questi due mesi e mezzo, a causa del lockdown per il COVID-19, abbiamo vissuto un’esperienza che non avremmo mai pensato di fare: fatica, sofferenza, disagio, isolamento, timore, malattia, lutto. Nel frattempo, per quanto riguarda la vita parrocchiale, è passata la Quaresima, la Pasqua, l’Ascensione, sono state sospese Prime Comunioni, Cresime, Battesimi, Matrimoni… Ora però si ricomincia. Con questa Pentecoste la Chiesa in Svizzera, la nostra diocesi e le nostre comunità vivono un «nuovo inizio». Sottolineo «inizio». Perché credo che l’esperienza ci ha anche purificati e maturati, pronti – appunto – per ricominciare. Nei contatti di presenza o telefonici o informatici ho colto il forte desiderio di ritornare a trovarci, a pregare insieme. Quali sentimenti abitano il cuore di un parroco in un cambiamento così importante? Ho pensato fin dall’inizio che lo slogan tanto usato «tutto andrà bene» non era del tutto adeguato anche se ben augurante. Mi dicono che in un comune ticinese un drappo con questa scritta, appeso su una ringhiera, è stato strappato malamente. Forse l’autore del gesto è qualcuno toccato nel vivo da esperienze negative in questo periodo. Infatti non sono state fatte indagini né tanto meno condanne. Come non capire, anche se non approvare, una simile reazione? Per circa 350 famiglie ticinesi non si può certo dire: è andato tutto bene. Piuttosto sposerei l’altro slogan diffuso «nulla sarà più come prima». Sì, è stata un’opportunità che potrà tradursi in un modo nuovo, più autentico e convinto di vivere il vangelo.
Non nascondo una preoccupazione al momento della «riapertura». Quella di vedere un’assemblea ridotta (sembra che in Italia nello scorso fine-settimana, il primo dopo la riapertura ai fedeli, la partecipazione sia stata meno della metà del solito). Ed è prevedibile che persone anziane o con qualche problema di salute o anche solo per timore o infastidite dalle rigide norme, per ora rinuncino a partecipare. Mi preoccupa ancora di più la scelta di giovani, ragazzi e bambini (già molto latitanti in tempi normali) che magari, dopo questa lunga pausa, possano pensare: «in fondo, si può vivere anche senza andare in chiesa…», tirandone le loro conclusioni. Speriamo di no. Lo vedremo già stasera e domani alle Messe di Pentecoste. Ma forse proprio lo Spirito Santo ci sorprenderà con la sua azione. Il periodo trascorso ci ha maturato in una esperienza di fede e di Chiesa fatta di autonomia, ricerca, riflessione, preghiera. Ho notato da parte di tanti, comprese famiglie, il desiderio di avere i sussidi liturgici, particolarmente le letture della domenica, o di scambiare riflessioni o di attingere a testi che hanno abbondato on-line. Se mai, altra mia preoccupazione, le belle e profonde omelia seguite da tanti in streaming o in TV, tenute quotidianamente dal Papa in S. Marta e alla domenica dal Vescovo Valerio, di elevata qualità, stimoleranno noi preti a offrire adesso una predicazione che – in confronto – non appaia deludente o banale?… Lo Spirito ci illumini… Ci sarà poi bisogno di forte e numerosa collaborazione dei fedeli (penso ai parroci anziani o «di corsa» tra una parrocchia e l’altra) per rispondere alle esigenze normative (accoglienza sulla porta, accompagnamento ai posti, igiene di banchi e sedie prima e dopo le celebrazioni…). Ci vorrà anche comprensione e pazienza là dove, raggiunto il numero limite possibile, non si potrà più accedere e si sarà invitati a partecipare a un’altra Messa. Insomma, tutto potrà portarci a formare più comunità, più famiglia, più fraternità.
Senza dimenticare l’aspetto della solidarietà e della carità. Per mesi, anzi per anni, la povertà e il bisogno busseranno alle porte delle nostre parrocchie. Riusciremo a dare continuità ai meravigliosi gesti di servizio e solidarietà, che hanno caratterizzato questo tempo di disagio?  Ecco, davvero la fatica di questo periodo potrà rivelarsi un’opportunità per crescere e maturare nella vita cristiana. Per ora, aspetto questa sera e domani di poter accompagnare il saluto liturgico all’ inizio dell’Eucaristia (»Il Signore sia con voi») con le braccia allargate, spalancate, in un «bentornati» che possa accogliere con amore e gioia chi sarà presente e anche chi non potrà esserlo fisicamente. E di sentire dopo tanto tempo di angosciante vuoto e silenzio la riposta augurale: «E con il tuo spirito!». Ci è mancata; anche noi preti ne abbiamo enormemente bisogno.

Don Gian Pietro Ministrini

30 Maggio 2020 | 14:00
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