Papa e Vaticano

I bambini nel cuore della Chiesa

«Nella Chiesa di Gesù dobbiamo offrire ciò che avrebbe fornito ai suoi figli»: così suor Nuala Kenny delle Sorelle della Carità di Halifax ha concluso il primo webinar incentrato sulla teologia dell’infanzia e promosso dalla Pontificia Commissione per la tutela dei minori, dall’Unione Internazionale delle Superiore Maggiori, dal Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana e da Telefono Azzurro. Quasi 800 persone da tutto il mondo hanno partecipato all’iniziativa, segnata dall’epidemia di coronavirus che ha costretto a percorrere nuove strade come quella dell’aggiornamento attraverso il web per non dissipare il lavoro fatto in passato.

Contrastare la cultura che non protegge i bambini
La religiosa ha ricordato che ci sono contesti nei quali i bambini non sono protetti perché oggetti di una cultura che contribuisce a danneggiarli, ha messo in luce le particolari condizioni che favoriscono l’abuso. Da qui la necessità di una conversione che deve cominciare nella famiglia e ovviamente nella Chiesa. «Siamo chiamati – ha detto suor Nuala – a denunciare l’ingiustizia», specialmente quando i vulnerabili sono presi di mira. Non parlare permette all’abuso di continuare. La strada è quella del radicamento in Gesù, nei suoi insegnamenti e «nella sua amorevole cura».

Ritrovare il senso di comunità per dare speranza ai piccoli
Al termine del webinar di ieri, Ernesto Caffo, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori si è soffermato sui temi trattati nel corso del confronto on-line:

R. – Devo dire che il webinar è andato molto bene anche perché nasce dalla volontà di costruire un approfondimento su tematiche che sono molto sentite in questo momento di cambiamenti provocati dal coronavirus in tutte le parti del mondo. L’elemento importante è che il webinar era in 4 lingue e c’erano persone collegate dal Sudamerica all’Africa, da aree molto molto remote fino al mondo asiatico. Tutti abbiamo discusso insieme sul tema comune quello di una teologia dell’infanzia. Questo è il primo momento di questa riflessione in cui cerchiamo di trovare dei punti di incontro, avendo il bambino e la sua tutela al centro dell’attenzione. Quindi sono emersi una serie di aspetti della vita ecclesiale, del Vangelo, l’infanzia che vanno considerati come elementi chiave, centrali, di valore, che assumono sia nella vita educativa ma anche nella vita familiare. E l’aspetto di dare al bambino un ruolo centrale porta ovviamente anche a considerare i suoi diritti e gli elementi di protezione che ci devono essere attorno alle persone fragili. Ciò significare ascoltare il bambino, i suoi bisogni, costruire attorno a lui delle difese, delle tutele per evitare tutte quelle forme di sfruttamento e di abuso. Aspetti sui quali stiamo cercando di riflettere ormai da tanto tempo come Commissione Pontificia anche cercando risposte concrete, indicazioni su come si possono affrontare questi aspetti. C’è bisogno di una riflessione di merito, capire come migliorare l’ascolto e la cura del bambino. Avere il bambino al centro è il senso della conferenza che si è svolta e che dà il via a questo tipo di percorso.

E’ un’esortazione a mettere il bambino al centro del magistero della Chiesa?

R. – Certamente sì anche partendo dalle parole del Santo Padre che ha sempre posto attenzione, così come i suoi importanti predecessori, sul bambino che ha una sua vita, un ruolo nella società, che è un soggetto che va ascoltato e aiutato dalle figure genitoriali e dalle figure educative, dalla comunità nel suo complesso. Non possiamo mai pensarlo come un oggetto tanto meno un oggetto di violenza. Questo è l’elemento che ci porta a fare molta attenzione alla formazione degli educatori, una grande attenzione alla prevenzione e una grande attenzione al processo di crescita di un bambino che diventa adolescente, con tutti i problemi che questo può comportare, le difficoltà, i disagi e ovviamente ancor di più per i bambini più fragili degli altri che sono i bambini con disabilità, che hanno situazioni famigliari fortemente critiche. Questo vuol dire trovare nella comunità delle risposte adeguate ai bisogni, senza aspettare che avvenga soltanto perché imposte o da leggi o da strumenti formali.

Il lockdown e quindi l’isolamento per i bambini che cosa ha significato? Lei tratterà più avanti nell’ultima sezione dei 4 webinar la cura dei bambini dopo il lockdown. In che modo quindi la pandemia – come recita il titolo di questo suo approfondimento – ha alterato le nostre relazioni.

R. – Da una parte il distanziamento fisico è stato anche un distanziamento mentale e molte volte la separazione è diventata separazione di corpi e anche di menti. D’altra parte, c’è la paura dell’altro legata al timore di essere infettati e questo ha portato a percorsi di solitudine, a percorsi di disagio anche rispetto al pericolo possibile e anche talvolta a dei lutti che molti bambini e adolescenti nella loro famiglia hanno vissuto. E’ chiaro che per un bambino l’elemento determinante è quello della cura dei suoi genitori, aspetto che in questi mesi ha caratterizzato la vita del bambino. Un fattore determinante così come l’assenza di rapporto con i pari che è fondamentale per lo sviluppo. Per cui è necessario recuperare, dare senso al colloquio con i bambini e nella famiglia parlare delle esperienze vissute, è fondamentale per ripartire e ridisegnare una vita sociale, comunitaria, familiare sempre più ricca partendo da questa esperienza che però deve guardare anche alle persone fragili e alle difficoltà che molte volte persone vivono in assenza di risorse economiche e in presenza di una povertà legata alla solitudine e al disagio.

Papa Francesco ha detto che la cosa peggiore, in questo tempo di pandemia, è sprecare l’occasione che ci è stata data. Come questo può tradursi nel lavoro della Pontificia Commissione per la tutela dei Minori?

R. – Da una parte il Santo Padre ha confermato la commissione fino al 2022 cogliendo la necessità di affrontare questo tema del post-pandemia cercando di trovare nuove strade, nuovi percorsi come i corsi che stiamo facendo on-line perché la formazione sarà fondamentale per affrontare le nuove sfide. Da qui l’importanza adesso di fare un piano che porti i bambini al centro di una società in cambiamento e in tutto il mondo sarà necessario trovare espressioni diverse di educazione, di supporto, di contrasto ai fenomeni che possono vedere i bambini come vittime quindi il traffico di esseri umani, lo sfruttamento nel mondo digitale. Credo che sia venuto il momento di ritrovarci insieme anche con quella solidarietà che in questi mesi è emersa da parte di tutti. Ci siamo accorti della nostra fragilità e quindi è importante rimetterci in gioco. Credo che insieme dobbiamo ritrovare il senso di comunità e anche avere la speranza per il futuro da trasmettere alle nuove generazioni; dare fede e speranza ai più piccoli.

(Vatican News)

| © unsplash
9 Giugno 2020 | 10:38
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