Diocesi

Giovani, «la verità non si apprende nei libri, ma è la meraviglia di un incontro»

Sabato scorso, 30 marzo, il vescovo ha proposto ai giovani della diocesi, raduati al Collegio Pio XII di Breganzona, una catechesi sull’incontro di Gesù con Pilato (Giovanni 18,28-19,16), in cui la parola «verità» ha racchiuso il tema centrale. Ecco il racconto dell’incontro scritto per noi da Thomas Heusser, 27 anni, di Mendrisio. 

Siamo alle soglie dell’evento culminante della vita di Gesù: passione, morte e risurrezione. L’incontro di Gesù con Pilato lascia l’amaro in bocca.
Pilato, procuratore romano della Giudea dal 26 d.C., entra ed esce dal pretorio per parlare con i Giudei. Pensa che i Giudei vogliono fargli perdere tempo (»Che accusa portate contro quest’uomo?»). Si nota anche che i romani davano ai Giudei una certa autonomia (»… giudicatelo secondo la vostra Legge!»). Pilato non vuole avere a che fare con la vicenda, ma a poco a poco viene tirato dentro; desidera sapere che cos’è la verità. La parola verità in ebraico, «emet», ha la stessa radice di «amen» che significa mi appoggio, posso mettere piede.
Pilato all’insistenza dei Giudei, che vogliono la morte di Gesù, per paura di perdere la sua carica, segue il volere della folla, senza difendere Gesù. Gesù trova la debolezza di Pilato quando questi gli chiede se è il re dei Giudei: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Questa è una domanda che possiamo fare anche a noi stessi. In seguito Gesù espone se stesso e non gli altri per difendersi: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità».
Pilato prende Gesù e lo fa flagellare, poi lo conduce di nuovo fuori dicendo loro che non trova in lui nessuna colpa. I Giudei però vogliono crocifiggerlo. Pilato cerca di metterlo in libertà, ma è trascinato dal volere dei Giudei, allora chiede loro se deve mettere in croce il loro re, ma i capi dei sacerdoti rispondono che non hanno altro re che Cesare. Preferiscono un’autorità del mondo terreno all’autorità del Signore.

I giovani durante l’incontro di sabato scorso a Breganzona.

Dopo aver letto e commentato questo passo dell’evangelista Giovanni, il vescovo ci ha posto delle domande che abbiamo discusso in gruppi. È venuto fuori che anche noi giovani come Pilato ci chiediamo che cosa è la verità. Per alcuni di noi è qualcosa che ci lascia nella pace e che dura nel tempo. Per altri la verità sta nella condivisione, altrimenti non è verità pensare a noi stessi. Seguire la verità è seguire Gesù se identifichiamo la verità in Lui, quindi ha un senso cercarla e difenderla. Seguire Gesù verità è seguire l’amore. Il problema dei nostri giorni è che non cerchiamo la verità e questo ci causa confusione. Siamo tutti un po’ Pilato perché vogliamo seguire i nostri comodi.
Ci siamo anche interrogati sulla verità nelle scelte etiche come aborto ed eutanasia. Per esempio: un farmacista cristiano, a favore della vita, può consegnare una medicina abortiva?
In seguito il vescovo ha risposto che il vangelo non nasce da una teoria. Nel vangelo non si trovano le risposte alle domande, ma ti puoi accorgere che la verità è venuta verso di te e ha stabilito una relazione con te. Il credente non ha le risposte a tutte le domande, ma è qualcuno che ha incontrato una Persona, ha incontrato qualcosa dove «può mettere piede» e questo stravolge quello che pensava. La verità non si apprende nei libri, ma è Qualcuno che incontri. L’esperienza del cristiano è quella di essere sorpresi, essere afferrati, è la meraviglia di un incontro. Decidiamo che vogliamo credere, «mettere il piede», fidarci o aspettare come Pilato? È una decisione che ci concerne adesso e da cui dipende la qualità della nostra vita. Appoggiandosi a Gesù si trova più gioia e più verità.
Il credente può utilizzare certamente una scelta e certe scelte costano. Bisogna fare la scelta più conforme rispetto a temi etici, ma per poter fare una scelta coraggiosa bisogna avere una fede solida.

1 Aprile 2019 | 12:00
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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