Internazionale

Da domenica la Francia cambia il «Padre Nostro»

Cambia il testo del Padre Nostro per i cattolici francesi: per domenica prossima, inizio dell’Avvento e del nuovo anno liturgico, la Conferenza episcopale ha fissato l’entrata in vigore in tutte le celebrazioni liturgiche della modifica del testo della sesta domanda della preghiera insegnata da Gesù stesso. Come già da qualche anno si legge nella nuova traduzione francese della Bibbia, dunque, anche a messa non si dirà più: «Et ne nous soumets pas à la tentation» – l’equivalente dell’italiano «Non ci indurre in tentazione» – ma «Et ne nous laisse pas entrer en tentation», cioè «Non lasciarci entrare nella tentazione».

 

Una modifica piccola, ma importante che non arriva all’improvviso: già dal 2013 i vescovi francesi avevano annunciato questo cambiamento, che nel frattempo ha ricevuto l’approvazione della Santa Sede e in date diverse sta entrando in vigore in tutti i Paesi francofoni.

 

Da settimane sul sito della Conferenza episcopale francese campeggia una spiegazione dettagliata delle motivazioni che hanno portato alla scelta, legate alla fedeltà al testo originale dei Vangeli ma anche al suo significato. «La nuova traduzione – spiega l’ex direttore del Servizio nazionale di pastorale liturgica, Jacques Rideau – scarta l’idea che Dio stesso ci possa sottoporre a una tentazione. Il verbo «entrare» riprende qui l’idea dell’espressione greca: un movimento come quello di chi va a combattere ed è proprio di un combattimento spirituale che si tratta. Ma questa prova della tentazione è terribile per il fedele. Se il Signore stesso, quando arrivò l’ora del confronto decisivo con il principe di questo mondo, pregò nel giardino del Getsemani dicendo: «Padre, se possibile allontana da me questo calice», a maggior ragione il discepolo, che non è certo più grande del suo maestro, domanderà per sé e per i fratelli di «non lasciarci entrare nella tentazione»».

 

Nonostante le precisazioni la modifica del Padre Nostro in Francia sta comunque facendo discutere e ha avuto anche lo strascico di una polemica mediatica. In una popolare trasmissione radiofonica il filosofo Raphael Enthoven ha legato la cancellazione dal Padre Nostro del verbo «soumettre» ad una presa di distanza da un concetto chiave del pensiero religioso islamico e ha quindi parlato di un «messaggio subliminale» di carattere islamofobico. Le parole di Enthoven hanno suscitato reazioni sdegnate sui social network; al punto che il filosofo stesso – a poche ore di distanza – si è scusato, ammettendo di non conoscere il dibattito teologico che sta dietro all’interpretazione di quel versetto evangelico e di aver ottenuto «un effetto opposto» rispetto al dibattito che si proponeva di suscitare.

 

Al di là di questa vicenda resta comunque la domanda sull’opportunità o meno di introdurre una modifica nel testo della preghiera più conosciuta. Anche in Italia, per esempio, la nuova traduzione della Bibbia curata dalla Cei nel 2008 prevede alcune differenze nel testo di Matteo 6, 9-13, che è la versione del Padre Nostro adottata nella liturgia (lo stesso versetto in questione in Francia nella traduzione ufficiale della Chiesa cattolica italiana oggi suona: «Non ci esporre alla tentazione»); nella liturgia, però, si è scelto di mantenere ugualmente la versione in uso ormai da cinquant’anni.

 

C’è poi la questione della fedeltà comunque provvisoria di qualsiasi traduzione, specie in un caso come questo con una preghiera pronunciata in aramaico, ma giunta fino a noi in greco. Da questo punto di vista è interessante una riflessione proposta dal domenicano Olivier-Thomas Velard, dell’Ecole Biblique et Archeologique di Gerusalemme, l’istituzione i cui biblisti provarono nel Novecento a ricostruire la «versione originale» aramaica del Padre Nostro. «La Bibbia non è un libro magico – ha commentato padre Velard riferendosi al dibattito sulle traduzioni -. Ciò che conta è la memoria viva della Chiesa, nutrita e plasmata dallo Spirito Santo, espressa nelle parole della Scrittura, ma mai riducibile a qualunque parola scritta. Non esiste una traduzione ideale ed è molto meglio così. Ed è per questo che la Scrittura esiste in più versioni (ebraico, aramaico, greco, latino, siriaco…). E anche se non conosciamo tutte queste lingue, è lo stesso utile leggere traduzioni diverse dello stesso passaggio. Ci eviterà di prendere lucciole per lanterne e soprattutto – con l’intelligenza e con il cuore, con lo studio e la preghiera, al di là delle parole – ci permetterà di entrare in contatto con la Verità stessa del Padre celeste che ci ama».

Giorgio Bernardelli – VaticanInsider

| © flicker
30 Novembre 2017 | 10:31
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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