Mons. Alain de Raemy
Ticino e Grigionitaliano

De Raemy per i Quaresimali sull'episodio del cieco nato: «Dalle nostre sofferenze la possibilità di compiere il bene»

È un brano unico quello del cieco nato, nei Vangeli (Gv 9, 1-41). L’unico episodio in cui si dica che Gesù ha guarito una malattia come la cecità presente fin dalla nascita. «Notiamo questo gesto: l’avvicinarsi al cieco, l’accostarsi di Gesù, che si ferma, e fa del suo passaggio casuale una meta». Da questa constatazione ha preso avvio, ieri sera, in diretta da Quinto, il quarto appuntamento con i Quaresimali del Vescovo. «I discepoli si interrogano subito: come mai questo uomo è cieco dalla nascita? Li impressiona il fatto che sia una malattia che lo ha colpito ancora prima che l’uomo potesse entrare nella vita, con le sue gioie e le sue sofferenze. Gli Apostoli chiedono, si interrogano; i farisei, alla fine del brano, invece avanzeranno solo certezze. E a loro – nota mons. de Raemy – arriverà la risposta di Gesù: le vostre vedute, il vostro vedere è la vera fonte di peccato. Vedete ma non capite.

Essere vedente e non scorgere la verità è il vero peccato».

Quindi l’interpretazione della malattia del cieco da parte di Gesù. «Ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio: con questa affermazione Gesù ci dice che se c’è qualcosa che non va, una sofferenza, una malattia, qualcosa che ci blocca l’unico scopo che possiamo vedere in questo è la possibilità di fare del bene. Anche Papa Francesco lo ripete sempre: la Chiesa non compie opere sociali per assomigliare a una Ong, ma lavora per manifestare le opere di Dio, per tradurre quello che Dio vuole per ognuno di noi. E Gesù aggiunge: Bisogna compiere queste opere finché è giorno. È un modo per parlare di sé stesso. Nell’Apocalisse, infatti, Gesù afferma: Io sono con voi fino alla fine del mondo. Questa luce che è Gesù è sempre con noi.

La luce, il vedere bene, la vista, non ci viene perché l’occhio è sano ma perché siamo con lui».

Gesù guarisce il cieco con saliva e fango, «come nel libro della Genesi, alla stessa maniera con cui Dio ha creato l’uomo. Ma l’uomo tanto buono non lo è più, c’è un turbamento che deve essere sanato. Da qui l’ingiunzione al cieco: va nella piscina. Gli esegeti vi hanno visto un rimando al Battesimo:  siamo a immagine di Dio, ma un’immagine turbata, non siamo più così spontaneamente coloro che amano il prossimo senza problemi; da qui la necessità di restaurare questa creazione turbata. Il Battesimo fa questo: rende bella l’immagine di Dio in noi. Ci restaura nella creazione. Al cieco accade come nel Battesimo: facendo – recandosi alla piscina – si «lascia fare». Vive quella trasformazione che notiamo in tanti confratelli convertiti: quando scopri la fede, avviene una trasformazione tanto radicale da renderti irriconoscibile, così come i cristiani, ad esempio, una volta perseguitati da Saulo, stentano a riconoscerlo quando li raggiunge per predicare loro il Vangelo. Quando qualcuno entra nella vita cristiana si vede: ed è una cosa straordinaria».

Il testo evangelico cela tanti dettagli: «Il cieco guarito dice che non sa dove sia andato Gesù dopo il miracolo. Un modo per dire che Gesù è sempre e ovunque con noi: è qui ma anche altrove, è dappertutto. Il miracolo, poi, avviene di sabato, il giorno in cui gli ebrei non lavorano.

Quante volte ci chiediamo umanamente se sia il momento giusto per fare le cose. Ciò non vale per Gesù, per la sua scelta di venirci incontro, che accade qui e ora, sempre».

Poi, il dissenso dei farisei di fronte al miracolo: «Litigavano tra di loro, segno che non c’era un accordo interno al loro gruppo. Eppure siamo abituati a giudicare l’altro sempre per categorie stagne, non rendendoci conto che ogni persona vive le situazioni differentemente. Ogni persona è unica, come ci ricorda anche il beato Carlo Acutis: possiamo morire da fotocopie, ma di sicuro nasciamo da originali.

Guardiamoci dal giudicare una persona dalla singola azione compiuta. La fede richiede per contro di vedere tutti a immagine di Dio, senza differenza.

Questa fede ci fa davvero vedere tanto: la bellezza del matrimonio, della verginità consacrata, dell’amare il prossimo, le possibilità di purificazione che ci vengono sempre offerte, gli effetti delle nostre azioni sulla vita eterna».

E sulla reazione del cieco alla guarigione, «notiamo la verità e la consistenza di questa fede: lo stupore.

Dio ci stupisce, non ci indottrina. Perché, allora – è il senso della domanda ai farisei –  non vi lasciate stupire invece di volere una spiegazione?

Dovremmo rimanere sempre fedeli allo stupore dell’inizio. Il cieco guarito lo sa: ha sperimentato il bene e questa è la sua unica bussola, niente e nessuno, nemmeno gli oppositori, riescono a fargli cambiare la versione dei fatti. Così nelle nostre comunità: ci attrae forse spontaneamente chi ha studiato di più, chi sembra più colto e sagace, quando invece la vera fede viene vissuta spontaneamente dalle persone più semplici e umili, alle quali dovremmo sempre guardare, con stupore».

«Il pericolo non sta nel nascere cieco, tutti abbiamo dubbi, domande, difficoltà, ed è lì che il Signore è con noi. Anche turbati dal male, molestati dalla sofferenza, ma sempre stupiti; allora vedremo quello che non si vede: dietro il crocifisso la risurrezione. Con questo stupore si aprono le porte del cuore, si apre il cuore a Gesù, agli altri e questo auguro a noi tutti».

Prossimo appuntamento con i Quaresimali, giovedì prossimo, 23 marzo, dalle ore 19.55, in diretta dal centro «La Torre» di Losone su invito della rete pastorale «Madonna della Fontana» e possibilità di seguire sia su catt.ch che dal canale Youtube della Diocesi.

Laura Quadri

Mons. Alain de Raemy
17 Marzo 2023 | 10:48
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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