Gigi De Palo.
Internazionale

De Palo: «Torniamo a raccontare la bellezza del matrimonio»

di Silvia Guggiari

In una società sempre più fluida e variabile, sembra che non valga più la pena sposarsi né in comune né tanto meno in chiesa. Ma come siamo arrivati a tale situazione? Ne abbiamo parlato con Gigi De Palo, presidente del Forum Famiglie italiano, sposato e padre di cinque figli.

«Negli anni passati, abbiamo fatto un grande errore raccontando la famiglia e il matrimonio come qualcosa di triste, di angosciante, di noioso, come un peso da sopportare per tutta la vita. La narrazione che abbiamo fatto è stata talmente negativa che la mentalità è cambiata. Se poi ci concentriamo sul mondo cattolico vediamo che anche qui per lungo tempo è stato presentato il matrimonio in termini burocratico-amministrativi, come se fosse solamente un elenco di ingredienti. Come se al posto di un panino fragrante ci limitassimo a presentare la farina, l’acqua, il lievito con la pretesa che l’altro senta la bontà e il profumo di qualcosa che ancora deve formarsi. I nostri figli non si sposeranno se gli diremo che «la famiglia è la cellula fondamentale della società fondata sul matrimonio» o perché diremo loro che «il matrimonio è un sacramento», ma si sposeranno se vedranno i loro genitori che danno la vita gli uni per gli altri, che si perdonano e si vogliono bene».

La Chiesa ha colto questo cambio di passo?

«Benedetto XVI diceva che il matrimonio, la famiglia, la fede, non funzionano per convincimento ma per attrazione: l’Amoris Laetitia di papa Francesco in questo è stata molto utile perché ha cambiato la narrazione, partendo dalla concretezza per arrivare ai principi. Dal punto di vista sociologico, negli ultimi anni il matrimonio è stato svuotato di tutto e oggi se ci si sposa o meno non fa differenza. Ma il matrimonio non l’ha inventato la Chiesa cattolica, veniva difeso a spada tratta anche da Cicerone perché era il luogo nel quale si creava quella coesione sociale e di tutela dei figli e che quindi aveva e dovrebbe avere una ricaduta sociale enorme in tutti i Paesi».

Sembra dunque che oggi non ci sia spazio per il «per sempre»…

«Non credo sia così, altrimenti non ci sarebbero i giovani che sui vari ponti del mondo sigillano il loro
amore con un lucchetto. Il «per sempre» attrae ancora, perché tutti noi abbiamo dentro il desiderio di un amore a tempo indeterminato; poi però arriva la complessità e vedendo intorno che tanti non ce la fanno, si abbatte il livello del proprio sogno. Dobbiamo tornare a raccontare la bellezza delle coppie attaccate con lo scotch, delle coppie zoppicanti, delle coppie fragili che comunque restano insieme perché dalla «giostra» vogliono scendere tutti, ma la fatica della salita vale la bellezza dello stare insieme. Ma il «per sempre» non è solo nel matrimonio che fa paura: fa paura nei contratti a tempo indeterminato, nell’acquisto di una casa, in tutte le grandi scelte, perché noi pensiamo che le cose che durano sono noiose, mentre invece è esattamente il contrario, più ti addentri in profondità più ne scopri i dettagli. Nel matrimonio c’è una bellezza unica nello scoprire una persona che non è mai la stessa, nel tornare a casa e sentirsi compresi, coccolati, amati».

Veniamo alla denatalità: una società che non fa figli è una società che muore…

«Svizzera, Italia, Europa, tutti abbiamo questo problema. Fare un figlio in Italia, ad esempio, è diventato un lusso, nonostante sia il desiderio del 94% dei giovani. È un problema che coinvolge il quadro sociologico, culturale e ovviamente quello economico di ogni Paese occidentale. Ma se io ho fatto cinque figli non è perché convenga, perché in Italia non conviene, ma perché era bello. Li ho fatti e li rifarei, perché non c’è niente di più bello che vivere le esperienze che un padre e una madre possono vivere: non c’è niente di più bello di mettere la mano su un pancione che cresce, di andare al mare o di toccare la neve per la prima volta e vedere l’emozione negli occhi di tuo figlio. Nel crescere dei figli c’è una bellezza che ci deve spingere a vincere anche i problemi economici».

Papa Francesco nell’Amoris Laetitia esorta a continuare a camminare nella coppia, ma anche con altre famiglie. Quanto è importante «fare rete» tra famiglie?

«Le famiglie muoiono quando si chiudono nelle proprie case. Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, papa Francesco hanno parlato tutti di famiglia e di famiglie perché le famiglie chiuse in se stesse non hanno ossigeno, è quindi fondamentale cercare occasioni di incontro. Nella mia parrocchia a Roma, ad esempio, proponiamo da anni dei gruppi per le famiglie da 0 a 10 anni di matrimonio, perché questo è il momento più delicato in cui si scoprono più difficoltà. Attraverso il confronto, si capisce che tante dinamiche sono condivise e che sono tutti problemi che si possono superare, che fanno parte della storia. Fare rete e incontrarsi tra famiglie aiuta a vedere che cambiano i luoghi, cambiano i nomi, ma le storie sono simili e parlando ci si può aiutare l’un l’altro a trovare soluzioni. È necessario trovare ossigeno attraverso il confronto con le altre famiglie, attraverso i gruppi parrocchiali che devono offrire proposte interessanti e attraenti. Le coppie devono vincere la pigrizia e mettersi in gioco perché i benefici che incontrano nel confronto con gli altri sono maggiori della sensazione di comodo che può dare starsene seduti a casa davanti a un film».

Gigi De Palo.
29 Gennaio 2023 | 06:53
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