Padre  Jihad Youssef (foto Twitter).
Internazionale

Cristiani a rischio estinzione. Mar Musa eredità profetica

di Silvia Guggiari

«Nonostante il conflitto in Siria non sia mai stato contro i cristiani e non ci sia mai stata una persecuzione contro di essi, tanti per la guerra sono migrati scappando in Libano»: sono parole di Padre Jihad Youssef, dal 2021 superiore della comunità monastica di Deir Mar Musa, fondata a nord di Damasco dal gesuita italiano Paolo Dall’Oglio, rapito probabilmente dall’Isis il 29 luglio di dieci anni fa e di cui da allora non si ha più notizia. In occasione del triste anniversario, padre Jihad ci racconta dal suo punto di vista l’attuale contesto in Siria, la fuga dei cristiani, la missione alla quale sono chiamati…

Padre Jihad, quale è la situazione dei cristiani in Medio Oriente?

Attualmente la situazione del Paese è molto difficile: è venuta a mancare la fiducia e come in tutte le guerre anche questa ha tirato fuori il peggio degli uomini. Nonostante il conflitto in Siria non sia mai stato contro i cristiani e non ci sia mai stata una persecuzione contro di essi, tanti sono migrati scappando in Libano. La maggior parte dei cristiani che vive in Siria è in attesa di un visto – che non è detto che arriverà mai – per poter uscire dal Paese: la gente cerca una situazione economica migliore ma anche un contesto favorevole in cui educare e far crescere i figli. Purtroppo, i cristiani non vogliono più vivere con i musulmani, a seguito della guerra non c’è più la fiducia e quindi chi può cerca di lasciare il Paese. Noi rischiamo dunque di diventare un museo di cristiani orientali: una situazione molto simile a quella turca e a quella della Terra Santa dove i cristiani palestinesi sono molto pochi.

Il mondo occidentale sembra «aver spento i riflettori» sulla Siria, eppure la sua condizione non è migliorata. Cosa significa oggi vivere in Siria?

Dal punto di vista economico non c’è differenza di religione: cristiani e musulmani sono tutti in crisi. La corruzione dilaga in qualunque ufficio pubblico; manca il gasolio, manca il gas per il riscaldamento, manca la benzina per le macchine. È chiaro che le sanzioni internazionali ci rendono la vita infernale e c’è chi, all’interno del Paese, approfitta di questa situazione.

In questa situazione tanto drammatica come guardate al futuro?

Noi, come comunità monastica, cerchiamo di guardare tutti, musulmani e cristiani, con gli occhi di Gesù. Il futuro chiaramente è nelle mani di Dio ma la soluzione non cadrà dall’alto, dipenderà anche da quello che la comunità internazionale farà per la Siria, che ormai è divisa in tante Sirie: ci sono i curdi, i gruppi ribelli al Nord ovest, nel deserto ci sono le cellule dormienti dell’ISIS, c’è la presenza militare americana… Se non ci sarà una reale volontà internazionale di aiutare il popolo siriano, andremo di male in peggio.

Come è costituita la comunità di Mar Musa?

Attualmente siamo due monaci professi, un novizio, una monaca professa e un gruppo di volontari musulmani e cristiani che ci aiuta nelle varie attività. Ogni giorno preghiamo, lavoriamo, ascoltiamo e accogliamo gruppi che vengono in ritiro, cristiani e musulmani che vengono per pregare e per discutere temi importanti come il dialogo, la convivenza, l’umanità. Nella nostra comunità crediamo fortemente al dialogo e alla possibilità della fratellanza universale molto cara al cuore di papa Francesco. Collaboriamo con la società civile e religiosa, con il comune, con le ONG locali, con la Croce Rossa siriana.

Dieci anni fa la scomparsa di padre Dall’Oglio, quale eredità vi ha lasciato?

Padre Paolo è venuto in Oriente da Roma perché ha sentito che il Signore lo mandava: «Vai e ama per me i musulmani», con queste parole si potrebbe riassumere il suo anelito. Nella nostra comunità continuiamo ad ospitare chiunque, vedendo Dio in ognuno. Continuiamo a pregare e a intessere relazioni con i cristiani e i musulmani intorno a noi, con le altre Chiese e con le comunità protestanti. Quello che viviamo è dunque un centro ecumenico, oltre ad essere un luogo attento all’ambiente e alle biodiversità. C’è inoltre l’obbedienza alla Chiesa che viviamo nella vita monastica come ce la chiede il Signore oggi; questa è l’eredità di Paolo. È chiaro che la sua assenza si sente ancora, ma noi continuiamo a lavorare le terre intorno al monastero e ad aspettare il Signore che verrà.

Come possiamo noi dall’Occidente tendere una mano alla Siria?

Chi ha il cuore aperto sa anche come muoversi per essere vicino ai siriani: l’attenzione è legata all’interesse. L’Occidente può informarsi per bene e può fare delle scelte politiche giuste per migliorare la politica interna e anche esterna. È un lavoro che richiede tempo, ma che bisogna iniziare subito per poter cambiare rotta e salvare la salute della società siriana e del Medio Oriente intero.

ll 29 luglio 2013 il sequestro del gesuita

Padre Paolo Dall’Oglio, gesuita italiano, incardinato nella Chiesa siriana, nel 1982 avviò la ristrutturazione del monastero di Mar Musa, in Siria, dove fondò una comunità monastica con la vocazione all’accoglienza e al dialogo con l’islam. Il 16 giugno 2012, padre Dall’Oglio lascia il Paese, espulso dal regime per aver appoggiato la rivolta popolare. Il 27 luglio 2013 il gesuita fa rientro di nascosto a Raqqa in Siria nel tentativo di aprire una «mediazione» pare per la liberazione di alcuni prigionieri. Il 29 luglio 2013 si perdono le sue tracce.

Il libro di Maffezzoli con le conferenze inedite

La copertina del libro.

Sabato 29 luglio a Roma verrà presentato «Il mio testamento» (Centro Ambrosiano Editrice), il volume curato dal giornalista ticinese Luigi Maffezzoli con la Prefazione di papa Francesco (vedi «Il mio testamento». Le ultime conferenze inedite di padre Paolo Dall’Oglio curate da Luigi Maffezzoli con la Prefazione del Papa (catt.ch) e La Domenica del Corriere del Ticino del 9 luglio) che racchiude le ultime conferenze tenute da padre Paolo.

Padre Jihad Youssef (foto Twitter).
28 Luglio 2023 | 10:42
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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