Santa Messa sul Passo del San Gottardo il 1. Agosto 2022.
Ticino e Grigionitaliano

Con il Vescovo Valerio sul Passo del S. Gottardo per il natale della Patria

Dopo il difficile tempo della pandemia, che ne ha sospeso la celebrazione per due anni, un numeroso popolo è giunto sul San Gottardo per partecipare alla Santa Messa presieduta dal vescovo Valerio Lazzeri in occasione del 1. Agosto. È un invito alla speranza ,anche in tempi buoi, quello che mons. Lazzeri, Vescovo di Lugano, rivolge alle migliaia di fedeli radunatesi sotto un cielo fortunatamente azzurro, questa mattina sul Passo del S. Gottardo e anche a coloro che da casa hanno potuto seguire l’evento sulle tre reti televisive nazionali: «»È vicino a voi il regno di Dio» (Lc 10,9). […] È vicino quello stretto ma reale passaggio che può condurci dalla morte alla vita, dalla sterile contrapposizione tra fronti diversi, alla scoperta della nostra verità nella disarmante e disarmata fragilità dell’altro», sottolinea mons. Lazzeri durante l’omelia.

Omelia integrale di mons. Vescovo Valerio Lazzeri per la Festa federale del Primo agosto sul Passo del S. Gottardo

«Perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?» (1 Sam 1,8). C’è qualcosa di grandioso e patetico nelle parole che, nella prima lettura, Elkanà rivolge alla moglie Anna, umiliata dal destino che ha reso sterile il suo grembo.

C’è inoltre, nel vangelo di oggi, la provocazione estrema a cogliere un’opportunità ancora offerta nonostante ogni avversità. Anche nel caso peggiore, i settantadue discepoli in ogni angolo della terra, dovranno ripetere: «sappiate che il regno di Dio è vicino» (Lc 10,11).

E infine c’è in noi, in questo primo di agosto 2022, un sentimento forte, complesso e, per molti versi, difficile da decifrare. Vorremmo trovare i termini giusti, per dire quello che abbiamo vissuto in questi ultimi due anni, in cui abbiamo dovuto rinunciare a questo appuntamento sul San Gottardo. Vorremmo poter abbracciare tutti coloro che hanno sofferto per la pandemia, coloro che oggi sono tribolati dalla guerra e in ogni altro modo. Vorremmo riuscire a onorare l’impegno e la generosità di chi ha fatto di tutto e tuttora opera, a ogni livello anche nel nostro Paese, per alleviare le tribolazioni e gli strazi, soprattutto dei più deboli e inermi. Vorremmo però, soprattutto, riuscire a esprimere in questo momento la possibilità che Dio ancora ci dona – a partire da questa porzione di terra, che abitiamo con riconoscenza e fierezza – di tracciare insieme un cammino sensato, umano, fraterno e solidale, di lavorare uniti per far cessare i conflitti, di promuovere la civile convivenza tra i popoli e di dare il nostro contributo fattivo alla custodia della casa comune della famiglia umana.

Per questo, ancora una volta, per il natale della patria, ci siamo radunati in questo luogo particolare; un punto di per sé aspro e impervio del nostro territorio nazionale, ma che da secoli è anche l’emblema del passaggio possibile tra nord e sud, della comunicazione irrinunciabile tra culture diverse, della ricerca instancabile del legame che unisce più che delle differenze che ci separano e ci tengono lontani.

Oggi, ciò che abbiamo ascoltato nella prima lettura viene a ricordarci che quello che possiamo fare con le nostre sole forze, gli uni per gli altri, non basta al cuore umano quando esso è umiliato nella sua capacità di trasmettere la vita. In Svizzera abbiamo
certamente raggiunto un tenore di vita tuttora irraggiungibile per la grande maggioranza degli abitanti di questo pianeta. Anche le crisi di ogni tipo, che attanagliano oggi l’umanità, in fondo non sono ancora riuscite a toglierci completamente la fiducia nelle risorse di cui disponiamo per il futuro.

Eppure, qualcosa in noi comprende perfettamente l’animo amareggiato di Anna, che si mette «a pregare il Signore, piangendo dirottamente» (1 Sam 1,10). Noi non possediamo l’esistenza terrena e nessuna tecnica ci permette di trattenerla o di trasmetterla come noi vorremmo! Con tutte le nostre conoscenze e tutti i mezzi da noi elaborati, non siamo in grado di dominare il mistero della vita. Della vita, infatti, possiamo veramente godere solo nel momento in cui la riceviamo da quell’unica fonte inesauribile, che ci rende anche capaci di donarla.

Ci colpisce, a riguardo, la lucidità della supplica di Anna: «Se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita» (1 Sam 1,11). È questo l’unico sblocco che possiamo auspicare per questa nostra civiltà, avanzatissima e malata, che appare da molti punti di vista alle sue ultime tragiche battute. Siamo chiamati a prendere coscienza della dinamica fondamentale della vita, del segreto divino grazie al quale la vita rimane vita e cessa di essere una sfiancante e vana battaglia per tenere lontana la morte. Anna non domanda di diventare madre solo per realizzare un suo progetto individuale. Non cerca un figlio per completarsi soggettivamente. Lo invoca per accedere alla dignità di poterlo a sua volta offrire, per lasciarlo vivere davanti al Signore, come una missione preziosa e unica, a favore dei fratelli e delle sorelle.

Questa è la profonda ragione per cui, in ogni tempo, gli annunciatori del regno di Dio inviati da Gesù non possono fare a meno di mettere ogni città, ogni collettività umana particolare, di fronte a un’opzione fondamentale, a cui non è possibile sottrarsi. Accogliere o rifiutare, infatti, non può essere solo una scelta di interesse o di calcolo. È una questione di vita o di morte. Si tratta di capire se per noi vivere continua a essere quel miracolo quotidiano che ci riempie di stupore e di riconoscenza, se continua a renderci filiali e fraterni, o se a poco a poco il nostro essere al mondo si riduce a un puro sforzo di conservazione di riserve di beni o di privilegi, destinati fatalmente, prima o poi, al decadimento e alla perdita.

«È vicino a voi il regno di Dio» (Lc 10,9). È vicino a noi che guardiamo attoniti e sgomenti al ritorno della guerra in Europa, ai numerosi conflitti e focolai di violenza e di ingiustizia che insanguinano la terra e ci rendono inquieti sulle sorti dell’umanità e della creazione intera. È vicino quello stretto ma reale passaggio che può condurci dalla morte alla vita, dalla sterile contrapposizione tra fronti diversi, alla scoperta della nostra verità nella disarmante e disarmata fragilità dell’altro.

Nessuno di noi, carissimi, possiede in proprio il modo per uscire dal labirinto in cui abbiamo la sensazione di esserci persi. Non ci sono ricette già pronte, unicamente da applicare per ottenere il risultato sperato. La patria, la libertà, la pace – le vicende odierne continuano a insegnarcelo! – non sono sostanze prefabbricate e inviolabili, custodite per sempre nella cassaforte dei nostri ordinamenti civili. Sono realtà da accogliere con umiltà e perseveranza insieme al dono della vita. Il nostro compito è quello di cominciare a viverle, prima ancora che arrivare a pensarle e a farne una teoria.

Del resto, coloro che ci hanno preceduto non sono partiti da definizioni astratte o da grandi enunciazioni per costituire il primo nucleo della confederazione. Hanno cominciato dal passo, possibile in quel momento, per vivere insieme in altro modo rispetto a quello che era dato per scontato.

Ci aiuti San Nicolao della Flüe, nostro patrono e operatore di pace in un’ora particolarmente buia della nostra storia, a riconoscere oggi la via della pace, quella che fa di ogni confine che separa, l’occasione di vincere ogni orgoglioso isolamento, di superare la sterilità dei conflitti, di arrivare a riconoscere insieme, sulla terra che ci è stata donata, la prossimità del Regno di Dio, di cui in questa eucaristia possiamo pregustare realmente, anche se ancora nel mistero, l’intensità e la forza d’amore trasformatrice dei cuori.

Santa Messa sul Passo del San Gottardo il 1. Agosto 2022. | © Federico Anzini / catt.ch
1 Agosto 2022 | 14:27
Tempo di lettura: ca. 5 min.
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