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Charles de Foucauld, da ateo a «uomo di Dio» in Algeria

Perché Charles de Foucauld (1858-1916) diventa Santo? Basta pensare che nell’Enciclica «Fratelli tutti» questo militare, rampollo di famiglia bene francese, lontano da Dio tanto quanto lo scientismo positivista della sua epoca, convertitosi grazie all’incontro con l’Assoluto nei deserti del Marocco vedendo pregare i musulmani, viene citato nel Magistero come modello di fratellanza universale. Un percorso incredibile il suo, che lo porta nel deserto marocchino a trovare la risposta ad una domanda latente: «Mio Dio, se esistete, fate che io Vi conosca». Dopo un viaggio in Terra Santa la decisione di consacrarsi totalmente a Dio. Ordinato prete a 43 anni, De Foucauld va nel deserto algerino del Sahara, prima a Beni Abbès, povero tra i più poveri, poi più a Sud a Tamanrasset con i Tuareg dell’Hoggar. Vive di preghiera, si batte contro la schiavitù, condivide una fratellanza con i musulmani che passa per la misericordia. Nel 1914 scoppia la prima guerra mondiale i cui echi arrivano in Algeria. Viene ucciso a 58 da una banda armata. Da oggi e in altre due puntate, lo storico Paolo Binda ne ripercorre la vita.

Su Charles de Foucauld (1858 – 1916), che verrà canonizzato domani 15 maggio da Papa Francesco, circolano, o sono circolate idee ed opinioni non sempre in linea con ciò che la recente ricerca storica ci indica. D’altra parte (ma questo vale naturalmente per molti di coloro che poi la Chiesa, con la canonizzazione, indicherà come santi) c’è un Charles de Foucauld «prima della conversione» e c’è la nuova persona, totalmente e progressivamente conquistata da Dio. Dunque la conversione (avvenuta nell’ottobre del 1886, durante tre giorni intensi culminati in una confessione sacramentale) come «cerniera» tra i due periodi della vita (e, verrebbe da dire, ad iniziare il completamento, il fiorire della complessa personalità).

Orfano di padre e di madre

Vi sono alcuni elementi biografici che hanno certamente plasmato l’uomo che, nel 1886, si arrenderà finalmente a Cristo. Un primo dato certo è l’appartenenza di Charles, dalla nascita, alla buona nobiltà francese (più precisamente loreno-alsaziana). Un altro dato che non mancherà di esercitare un influsso sul de Foucauld è indubbiamente l’essere rimasto precocemente orfano, sia del padre che della madre. Charles verrà così educato dal nonno, un colonnello a riposo (il De Morlet), e da sua moglie, che indirizzano Charles verso la carriera militare; ma questo avverrà più tardi. Prima, seguendo le informazioni date dalla biografa del futuro Santo, Marguerite Castillon du Perron, ci soffermiamo ad osservare Charles bambino, alle prese con il suo inserimento nel mondo.

L’infanzia

Giustamente la studiosa insiste nel rilevare che, nonostante Charles sia rimasto orfano, conobbe, negli anni dell’infanzia, la gioia. Il che non significa che la sua vita sia stata allegra e spensierata: affatto! Egli conobbe al contrario sin da piccolo difficoltà di vario genere; tra cui malinconie e collere improvvise: «Irrimediabilmente ferito dalla morte dei genitori, ostenta di esserne guarito ma coltiva, certo inconsciamente, una sofferenza che lo consuma. (…) Non si aspetta molto da un’esistenza che lo ha già truffato». Ma qui occorre menzionare una sua cugina, tale Marie Moitessier, di 8 anni più anziana; anche e soprattutto perché giocherà un suo ruolo più avanti, in vista della conversione: «Charles ha quasi dieci anni. Lei ne avrà diciassette domani. Non è una sorella, e non è nemmeno una madre. Lo commuove e lo delizia. Vicino a lei prova un senso di appagamento mai conosciuto. La gioia, questo è certo, egli la prova per la prima volta e ne rimane segnato per sempre». La famiglia della ragazza gli trasmette, in particolare, «un codice di comportamento ben preciso, fondato sulla fede cattolica, un vero e vivo umanesimo».

La domanda su Dio

A 14 anni, a Nancy, dove la famiglia si è trasferita in seguito all’invasione tedesca dell’Alsazia, Charles fa la prima comunione e riceve con grande fervore la cresima. Ma si preparano per lui tempi assai difficili. «Nell’aprile del 1874 è invitato al matrimonio di sua cugina. A ventidue anni Marie Moitessier sposa il visconte Olivier de Bondy. Bello, ricco, colto e cortese, figlio di un pari di Francia e futuro possidente di un bellissimo castello nel Berry, Olivier, agli occhi di Charles possiede molto prestigio. Charles non assiste al matrimonio e, se torna a Louye, non oserà più parlare a sua cugina. Eppure, a lei e a lei soltanto avrebbe potuto confidare il proprio tormento: dov’è quel Dio che lei pregava con tanto ardore? Esiste veramente un cuore vicino al nostro che ci ama e attende? Charles decide che è meglio non pensarci più e godere di questo mondo così com’è». Qui occorre ricordare che l’esistenza di Charles avviene dentro il contesto della Francia di fine Ottocento. Una Francia fortemente segnata da un’ideologia positivista e scientista che ben poco spazio lasciava al soprannaturale, a Dio. Scriverà Charles ad un amico il 14 agosto del 1901: «Nulla mi sembra sufficientemente dimostrato; l’uguale fede con la quale si seguono religioni così diverse mi pareva la condanna di tutte; meno di qualsiasi altra quella della mia infanzia mi sembrava ammissibile, con il suo 1=3 che non potevo rassegnarmi ad ammettere».

L’adolescenza a Parigi

Inviato dal nonno, che desidera per lui un avvenire degno del lignaggio, a Parigi, in un Liceo assai rinomato, Charles si scontra con le difficoltà legate alle ferite dell’infanzia. Nel frattempo «il colonnello de Morlet invecchia. Non intuisce l’estensione del male, attribuisce la pigrizia estrema del nipote ad una tardiva crisi adolescenziale, è rassicurato dalla lealtà, dal patriottismo, dall’ardente volontà di rivincita. Questa semplicità e questa fiducia preservano un affetto che trattiene ancora Charles sulla via degli eccessi, ma contribuiscono a rinforzare il suo atteggiamento negativo». Ma gli eccessi non tardano. «Cominciavo il mio secondo anno alla rue des Postes. Mai credo di essere stato in condizioni d’animo così deplorevoli. Posso anche aver fatto peggio in altri tempi, ma qualcosa di buono era cresciuto accanto al male; a diciassette anni ero tutto egoismo, tutto empietà, tutto desiderio del male, ero come sgomento».

La Biografa che abbiamo fin qui seguito si dilunga a descrivere il Nostro alle prese, dapprima con la vita dell’Accademia militare che inizia a frequentare; poi con la vita di piaceri che, complici le sue origini e di conseguenza i denari che non mancano, caratterizzano quegli anni. La fede, nel frattempo, è diventata un vago ricordo. Ancora una volta la cugina Marie fungerà da ancora di salvezza (ancora di salvezza provvisoria: ma per quanto?). «La zia Inès Moitessier, che ha soltanto intravisto il nipote alle colazioni domenicali di rue d’Anjou e che, anzi, ha visto moltiplicarsi i ritiri di licenze, gli invia una lettera di una violenza estrema. Se continua così verrà rinnegato. Charles stringe i denti (…). Una donna, osare parlargli con questo tono, a lui, maggiorenne! È pronto a rompere con la famiglia quando giunge una lettera di Marie de Bondy. È triste. Gli vuol bene. Vuole credere che smetterà di addolorarli tutti». Charles fa comunella con personaggi diversi, desiderosi di divertirsi. Ed effettivamente con alcuni amici, uno in particolare (tale Fitz-James), che organizza scherzi beffardi e feste. «Così se ne vanno, libertini e gran signori e chissà se, dietro il fuoco col quale combinano i loro svaghi, non si nasconde, (…) tragicamente represso, lo stesso smarrimento di fronte al vuoto», commenta la biografa. Già, il vuoto; attorno al quale è però inutile e sarebbe probabilmente sbagliato ricamare.

[Continua]

15 Maggio 2022 | 07:20
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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