Il cardinale Angelo Becciu.
Papa e Vaticano

Caso Becciu: condanne per 37 anni di carcere agli imputati

Cinque anni e sei mesi di reclusione, più interdizione perpetua dei pubblici uffici e 8 mila di multa. È la condanna comminata al cardinale Giovanni Angelo Becciu per truffa e peculato dal Tribunale vaticano, al termine del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, incentrato sulla compravendita del Palazzo di Londra e su altri filoni di indagine. Nel pomeriggio di sabato 16 dicembre 2023, intorno alle 16.05, la lettura della sentenza da parte del presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, in una affollata Aula polifunzionale dei Musei Vaticani, dove sono state celebrate le 86 udienze del procedimento giudiziario iniziato nel luglio 2021.

La sentenza ha stabilito sanzioni pecuniarie per René Brülhart e Tommaso Di Ruzza, rispettivamente ex presidente e direttore dell’AIF (Autorità di Informazione Finanziaria), pari a 1750 multa per omissione di segnalazione all’Ufficio del Promotore di Giustizia. A Enrico Crasso, ex consulente finanziario della Segreteria di Stato, il Tribunale ha comminato una condanna di 7 anni di reclusione e 10 mila di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per il finanziere Raffaele Mincione 5 anni e 6 mesi, più 8 mila euro di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per l’ex dipendente dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi 7 anni di reclusione e 10 mila euro di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Per l’avvocato Nicola Squillace, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, un anno e 10 mesi di reclusione, pena sospesa per cinque anni. Per il broker Gianluigi Torzi 6 anni e 6 mila euro di multa, più interdizione perpetua dai pubblici uffici e la sottoposizione, ai sensi dell’articolo 412 del Codice penale a vigilanza speciale per un anno. Tre anni e 9 mesi per la manager Cecilia Marogna, e interdizione temporanea per uguale periodo. Una sanzione di 40 mila euro per la sua società Logsic Humanitarne Dejavnosti. Molti dei reati dell’accusa hanno subito una «riqualificazione».

Definito il primo grado di giudizio

Con la sentenza emessa nel pomeriggio, dunque il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, che – come è noto – aveva ad oggetto diverse vicende, la principale delle quali è nota con riferimento al palazzo di Londra, in 60 Sloane Avenue.

Comprovato il reato di peculato

Il Tribunale ha ritenuto comprovato il reato di peculato per l’uso illecito della somma di 200 milioni e 500 mila dollari USA, «pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici». Questa somma era stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora sostituto monsignor Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile a Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione. Il Tribunale ha quindi ritenuto colpevoli del reato di peculato il cardinale Becciu e Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro «anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonché, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso».

Quanto all’utilizzo successivo di quella somma, servita – fra l’altro – per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio. I magistrati vaticani hanno invece escluso la responsabilità di Becciu, Crasso e Tirabassi in relazione agli altri reati di peculato loro contestati dal Promotore di giustizia, «perché il fatto non sussiste, non avendo più la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo».

È stata dichiarata poi la colpevolezza di Crasso per il reato di autoriciclaggio in relazione all’utilizzo di una ingente somma di oltre un milione di euro, «costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione».

Truffa aggravata, estorsione, autoriciclaggio

In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo di Londra, il Tribunale ha ritenuto la colpevolezza di Gianluigi Torzi e Nicola Squillace per il reato di truffa aggravata e di Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Tirabassi, «nonché per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto». Torzi, Tirabassi, Crasso e Mincione sono stati invece assolti «perché il fatto non sussiste» dal reato di peculato loro ascritto in relazione all’ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita.

Tirabassi è stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio in relazione alla detenzione della somma di oltre un milione e 500 mila dollari USA a lui corrisposta – fra il 2004 e il 2009 – dalla banca UBS. Il Tribunale ha infatti ritenuto che la ricezione di questa somma da parte dell’imputato «integrasse il reato di corruzione in ordine al quale però, dato il tempo trascorso, l’azione penale è ormai prescritta».

Quanto a Tommaso Di Ruzza e Renè Brülhart, rispettivamente direttore generale e presidente dell’AIF (ora ASIF), intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di omessa denuncia e mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un’operazione sospetta.

Gli altri filoni di indagine 

Infine, con riferimento ad altri due filoni di indagine, il cardinale Becciu e Cecilia Marogna sono stati giudicati colpevoli per la vicenda del versamento, da parte della Segreteria di Stato, di somme per un totale di oltre 570 mila euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, «con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa».

Il cardinale Becciu è stato anche ritenuto colpevole di peculato per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di 125mila euro destinata in realtà alla cooperativa Spes, di cui era presidente il fratello Antonino Becciu. «Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l’erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p., che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza – del resto – con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado».

Gli imputati Mincione, Torzi, Tirabassi, Becciu, Squillace, Crasso, Di Ruzza e Brülhart sono invece stati assolti da tutti gli altri reati loro ascritti. Monsignor Mauro Carlino è stato assolto da tutti i reati a lui contestati.

Molti dei legali della difesa presenti in Aula hanno annunciato che faranno appello.

Vatican News/red

Il cardinale Angelo Becciu.
16 Dicembre 2023 | 19:31
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