Markus Krienke, professore di Filosofia moderna e di etica sociale alla Facoltà di Teologia di Lugano e direttore della Cattedra Rosmini.
Ticino e Grigionitaliano

Benedetto XVI: la lotta decisiva agli abusi. Un commento di Markus Krienke

di Markus Krienke*

Sebbene il 2022 sia stato segnato dalla diatriba intorno all’accusa a Joseph Ratzinger di essere venuto meno alla sua responsabilità da arcivescovo di Monaco (1977-1982), circa alcuni casi di preti abusatori di minorenni, il pontificato di Benedetto XVI deve essere senz’altro ricordato per aver reso possibile il cambiamento decisivo della posizione della Chiesa e delle sue norme verso la strategia della «tolleranza zero».

Un cambiamento iniziato durante l’ultima fase del pontificato di Giovanni Paolo II, proprio quando Ratzinger era Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. Benedetto è stato il primo Papa ad essersi messo all’ascolto delle vittime, facendo maturare la consapevolezza nella Chiesa che al centro delle preoccupazioni non deve esserci la difesa dell’istituzione ma chi ha subito abusi. Un passo storico fu, a riguardo, il suo incontro con le vittime negli Stati Uniti, Paese dove scoppiarono i casi già nel pontificato di Wojtyla. Benedetto incontrò le vittime il 17 aprile 2008 a Washington. Va sottolineato, inoltre, che Ratzinger ha realizzato in sé stesso questo radicale cambiamento di mentalità, in quanto ancora all’inizio del suo periodo alla guida della Congregazione difese – come allora era la prassi, e sarebbe stata ancora per molto tempo – la precedenza della reputazione dell’istituzione, riguardo al rispetto alle vittime.

Al 2001 risale il primo regolamento firmato da lui («De delictis gravioribus»), confluito poi in un documento di Giovanni Paolo II che obbliga tutti i vescovi a denunciare direttamente casi a loro noti alla Congregazione nonché ad allontanare i preti accusati, da ogni attività pastorale. Da Papa poi, nel 2010, inasprì queste stesse norme, alzando il termine di prescrizione da 10 a 20 anni, e realizzando uno snellimento delle procedure e la possibilità di ridurre il prete pedofilo allo stato laicale.

Già nel 2006, quindi all’inizio del Pontificato, affronta il caso dell’86enne fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel Degollado, protetto dall’entourage di Giovanni Paolo II, al quale risparmiò un processo canonico per gli abusi accertati, obbligandolo a condurre una vita riservata di penitenza e preghiera.

Durante il Pontificato sarebbero scoppiati poi soprattutto i casi dell’Irlanda e della Germania, nei cui confronti Benedetto ribadì la linea della «tolleranza zero».

Se papa Francesco ha potuto varare, a partire dal 2019, leggi più aspre – dall’obbligo di denuncia a Roma, alla possibilità di agire contro vescovi che vengono meno a tale dovere, fino ad introdurre nel codice canonico il delitto penale dell’abuso di minori –, tutto questo è avvenuto grazie e a partire dal lavoro intenso del suo predecessore, fatto di sensibilizzazione, di assunzione di responsabilità e colpe da parte della Chiesa e dalla definizione di norme e procedure concrete nella lotta agli abusi.

*docente di etica alla Facoltà di teologia di Lugano

Markus Krienke, professore di Filosofia moderna e di etica sociale alla Facoltà di Teologia di Lugano e direttore della Cattedra Rosmini. | © catt
31 Dicembre 2022 | 14:00
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