Una croce in vetta (archivio)
Cristina Vonzun

Abusi e celibato: il rischio di equivoci in questo difficile momento della Chiesa in Svizzera

Sono stati diversi i commenti nei media e nei social riguardo alla dichiarazione del vescovo di Basilea Felix Gmür a favore dell’abolizione dell’obbligo del celibato dei preti nella Chiesa cattolica anche in Occidente, quando la Chiesa cattolica di rito orientale sappiamo che per tradizione conosce il celibato non obbligatorio. Diciamo che se l’abolizione del celibato viene interpretata, forse più dal rimbalzo mediatico che dal diretto interessato (non si è capito bene), come «misura» per contrastare gli abusi, finisce in un vicolo cieco. Altro discorso invece è proporre una riflessione generale sul tema, sottoponendola a tutta la Chiesa, come era stato per una questione di questo tipo al Sinodo sull’Amazzonia, quella della possibile ordinazione di viri probati (uomini adulti sposati, di fede provata che potrebbero essere ordinati preti in situazioni di scarsità di sacerdoti, come le terre di missione), arrivando nel 2019 però ad un nulla di fatto. Invece l’abolizione dell’obbligatorietà del celibato quando viene intesa quale risposta diretta agli abusi non può che prestare il fianco ad una prima, non banale domanda: quale visione della donna vi si cela? E quale idea di sessualità e matrimonio? E l’unica risposta è quella di una riduzione strumentale. In secondo luogo: la lettura «medicinale» dell’abolizione del celibato non risponde alle statistiche sui casi di abuso: queste infatti dimostrano che nelle famiglie gli abusi e la pedofilia sono uguali rispetto ad altri ambiti sociali, compresa la Chiesa. Ora veniamo alla Conferenza dei vescovi svizzeri che ha comunicato settimana scorsa di voler portare al Sinodo mondiale a Roma, che si apre il 4 ottobre, alcuni temi sollevati dallo studio pilota di Zurigo, come «un diverso approccio alla morale sessuale della Chiesa, un’integrazione più egualitaria delle donne nei processi decisionali e il problema della concentrazione del potere». Sono temi interdipendenti con la questione strutturale, il famoso problema «sistemico» degli abusi nella Chiesa, che però va capito per evitare fraintendimenti. È stato già scritto che un certo «tabù» del sesso soprattutto nel passato ha creato una cultura arrivata con la sua coda fino a noi oggi, fatta di vergogna e insabbiamenti quando si doveva denunciare l’abuso, oppure di eccessivo moralismo nella predicazione. Riguardo agli abusi è emblematica in tal senso l’escalation di casi in ambito ecclesiale che ha avuto il picco negli anni ›50-70, quando questo tabù era più forte. A questo si aggiunge una struttura verticale che insieme a certe lacune del diritto canonico non ha sempre favorito la trasparenza. Quelli descritti sono alcuni tra gli elementi di un problema «sistemico», strutturale, protrattosi negli anni. Tra i tanti aspetti anche il ruolo della donna e dei laici rientra qui, laddove si è persa di vista la strada del Concilio Vaticano II che ne voleva il coinvolgimento qualitativo nella pastorale e dove ci si è fermati al palo. Attenzione però che parlare di problema sistemico non equivale a dire che siamo davanti ad un problema di tutti i preti. Di fatto i preti o gli operatori pastorali abusatori sono una minoranza nella minoranza. È la struttura, il sistema ad essere fragile tanto da aver permesso e coperto, a causa delle sue falle, gli abusi. La struttura così concepita, nonostante dagli anni 2000 papa Wojtyla, Ratzinger e Francesco abbiano fatto molteplici e seri interventi, è ancora lacunosa. I vescovi svizzeri ora, per affrontare restanti fragilità, hanno varato altre misure (pag. 3) e più in generale, viene chiesto un cambiamento culturale, proprio mentre il Papa segnala che siamo dentro ad un «cambiamento d’epoca» cioè di costumi, di modo di vivere. Emergono allora importanti questioni antropologiche che riguardano tutti, non solo i preti: il valore dell’intimità e dell’affettività; il senso e il modo di vivere le relazioni; il valore del corpo; il senso di una antropologia integrale; una spiritualità non disincarnata; il valore della castità e anche quello del matrimonio che sono relazioni. Da ultimo, una nota doverosa: investiti come siamo da dati sugli abusi abbiamo forse perso di vista che esiste quella maggioranza di preti e consacrati che hanno dato la vita e la danno per il Vangelo, lontano da queste tristi statistiche.

Altri contributi redazionali da leggere sulla questione abusi:

Sul tema abusi nella Chiesa segnalo questi due nostri recenti contributi redazionali:

un mio post precedente sul senso del sentirsi Chiesa che porta il peso delle ferite arrecate ad altri

L’intervista a Dante Balbo, psicologo della commissione abusi della diocesi di Lugano

L’Intervista a Lara Allegri, presidente dell’Azione cattolica diocesana

Due post di preti ticinesi che integro a commento del mio blog

Riguardo alla questione del celibato c’è stato dibattito in questi giorni anche nei social in Ticino con dei contributi postati evidentemente con un linguaggio tipico del mondo social. Vi segnalo in particolare due commenti postati nella rete, che essendo questo un blog, copio e posto a mia volta come commento allo stesso.

  1. La riflessione breve (e simpatica) di don Giorgio Paximadi che in un post su facebook fa presente riprendendo il ragionamento di mons. Gmür, forse in modo più preciso rispetto ad altri «che il celibato non sia capito dalla società era già stato previsto un paio di millenni fa da un tizio che diceva: ‘Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca.’ (Mt 19,11-12)«. Don Paximadi sottolinea che la scelta del celibato debba essere determinata «dall’esigenza di una testimonianza totale» piuttosto che «da quello che capisce la società di oggi».
  2. Tocca altri aspetti un post di don Massimo Braguglia sul suo profilo facebook che lo scrivente avrebbe desiderato pubblicare su catholica e su catt ma lo scritto è arrivato tardi perchè c’era già il testo che avete letto previsto sul tema, pubblicato il 30.9.2023 nell’inserto. Diamo spazio qui sul blog ad alcuni punti del suo intervento, dato che linguaggio e stile del testo completo sono tipici di un post o di una lettera personale al giornale ma non di un articolo redazionale. Don Massimo Braguglia scrive di essere da «23 anni al servizio della Chiesa che è a Lugano” e mette l’accento sul fatto che non si sente personalmente di «chiedere perdono, per qualcosa che non ho commesso e che viene ingiustamente addebitato alla Chiesa che ho scelto liberamente di servire nel celibato». Poi esprime la constatazione di non aver riscontrato, a suo dire, nell’episcopato elvetico qualcuno che affermasse che «la Chiesa non è il carnefice, ma è anch’essa vittima di coloro che hanno approfittato del loro statuto di ministri ordinati per compiere cose abominevoli e inescusabili». E prosegue parlando dei pedofili: «Questi ipocriti, che hanno usato l’abito sacerdotale per poter dare sfogo alle loro devianze, e chi li ha coperti, sono gli unici colpevoli«, scrive don Massimo. Riguardo al celibato anche don Massimo sostiene argomenti simili a quelli esposti in questo blog, ai quali aggiunge il tema dell’ordinazione delle donne, anch’esso al centro del dibattito sollevato dalla stessa intervista concessa da mons. Gmür e riportata dai media. «Per quanto concerne poi la richiesta dell’ordinazione delle donne, senza dilungarmi troppo, non l’ha prevista Gesù stesso e quindi non capisco perché si continua a voler insistere. Ma questo è il peccato originale: la pretesa di dire a Dio quello che deve fare», afferma don Braguglia.

Evidentemente nei social c’è anche chi in Ticino ha posizioni diverse rispetto a quelle qui espresse

n.d.r: Su alcuni di questi temi vi rimando anche alla risposta ai dubia di cinque cardinali pubblicata dal Papa in data 2 ottobre 2023. Almeno due di questi temi, se non tre, sono interessanti per quanto si trova in questa pagina: la rivelazione e il confronto con i tempi che cambiano; il sacerdozio femminile e il sinodo.

Leggi: il papa risponde ai dubia di cinque cardinali

Una croce in vetta (archivio) | © hugues-de-buyer-mimeure-321544-unsplash
29 Settembre 2023 | 14:00
Tempo di lettura: ca. 5 min.
abusi (334), chiesa (579), svizzera (541), ticino (905)
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