Campo profughi in Libano (foto di archivio).
Internazionale

Allarme di Caritas Libano: i campi profughi sono allo stremo

Il Libano «non può più sostenere il peso dell’accoglienza» dei profughi siriani in fuga dalla guerra. I cittadini si stanno «impoverendo sempre più»; un Paese «piccolo e denso» a differenza di Giordania e Turchia, registra «grosse perdine a livello economico e sociale: il rischio è che tutto il sistema possa crollare». È l’allarme lanciato ad AsiaNews da p. Paul Karam, direttore di Caritas Libano, da oltre sette anni in prima fila nell’accoglienza. Per risolvere l’emergenza e garantire un futuro alla nazione e all’intera regione «è necessario che la comunità internazionale promuova davvero un processo di pace» che sia «dignitoso e sincero», perché «chi paga sono le persone più deboli. Bisogna operare in maniera responsabile per la pace, rispettando tutti i popoli».

A gennaio un ministro libanese aveva parlato di diminuzione dei rifugiati siriani in Libano, scesi da poco sotto il milione. Tuttavia, secondo gli esperti delle Nazioni Unite la situazione si fa sempre più complicata e oggi sono «più vulnerabili che mai». Tre quarti vive come meno di quattro dollari al giorno; spesso il denaro non basta nemmeno per acquistare le risorse di base, come cibo e medicine.

Nove rifugiati su 10 hanno chiesto prestiti in denaro e ora sono oberati di debiti. Ogni nucleo familiare spende in media 98 dollari al mese, 44 dei quali servono per mangiare. Secondo le cifre Onu l’84% dei rifugiati trova riparo in Turchia (che accoglie 2,9 milioni di persone), Pakistan (1,4 milioni), Libano (oltre un milione, su un totale di quattro milioni di abitanti), Iran (979.400 migranti), Uganda (940.800) ed Etiopia (761.600).

A conclusione del Sinodo annuale, la Chiesa maronita riunita a Bkerké dall’11 al 15 giugno scorso ha invocato un ritorno «sicuro e dignitoso» dei rifugiati siriani in Libano. I vescovi auspicano una «posizione univoca» e che la questione non sia usata come fonte di scontro fra le varie fazioni politiche. Inoltre, la comunità internazionale non deve usare l’arma della «paura» per bloccare un piano di rientri in zone considerate sicure. Tuttavia, nei giorni scorsi l’Alto commissario Onu per i rifugiati aveva definito «prematuro» parlare di un ritorno dei rifugiati e fra gli stessi rifugiati siriani in Libano serpeggia la paura di nuove violenze in caso di rientro. L’appello comune è alla «soluzione politica» della guerra in Siria come precondizione per discutere di un rientro.

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Campo profughi in Libano (foto di archivio).
19 Giugno 2018 | 06:05
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