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Scola: «Ci stiamo ancora difendendo dalla sveglia di Francescoˮ

«Per noi europei l’elezione di Papa Francesco è stata come un pugno nello stomaco, una sveglia. Non so quanto l’abbiamo fatta nostra questa sveglia rappresentata dal pontificato o quanto ci stiamo ancora difendendo…». L’arcivescovo emerito ambrosiano Angelo Scola partecipa alla presentazione del libro di Massimo Borghesi Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale (ed. Jaca Book) organizzata dal Centro Culturale di Milano. Accanto a lui, oltre all’autore del volume, c’è l’incaricato alla vicepresidenza della Pontificia Commissione per l’America Latina, Guzman Carriquiry Lecour. È una delle prime uscite pubbliche del cardinale, dopo aver lasciato la guida della diocesi. Ed è anche l’occasione, grazie al volume di Borghesi, per sfatare quelle che Scola definisce «leggende metropolitane» su Papa Bergoglio, il suo pensiero, la sua formazione teologica.

 

Carriquiry, che ha avuto un ruolo facendo da tramite tra Borghesi e il Papa per far ottenere all’autore le quattro preziose registrazioni audio nelle quali Bergoglio risponde alle domande del professore, inizia ricordando «l’abbondanza di pubblicazioni» che riguardano l’attuale Pontefice, un’abbondanza tale da rendere spesso difficile distinguere e «gerarchizzare» i vari contributi. Non risparmia frecciate a proposito della «sovraesposizione mediatica» del Papa e «all’autoreferenzialità» di molti contributi, che tendono «a staccare la sua figura dal popolo di Dio», facendone quasi un supereroe. Tentativi di segno diverso e talvolta opposto , che hanno come effetto quello di guardare al dito che indica la luna invece che la luna, cioè alla persona e alla personalità del Pontefice invece che al suo messaggio.

 

«Il libro di Borghesi – ha continuato – si stacca nettamente da tutta questa sovrabbondanza di titoli e contributi, e aiuta a conoscere meglio la sua personalità, non solo intellettuale». Carriquiry ha ricordato che «Papa Francesco non ha la pretesa di definirsi «teologoˮ» e che il suo messaggio riesce a passare grazie alla «grammatica della semplicità, che non è mai semplicismo», perché «si concentra sull’essenziale». Le radici di questa impostazione, evidente nel documento programmatico del pontificato, l’esortazione Evangelii gaudium, vanno ricercate nel documento finale di Aparecida, redatto al termine dell’incontro dell’episcopato latinoamericano presso il santuario mariano più importante del Brasile nel 2007.

 

Infine, l’incaricato alla vicepresidenza della Pontificia Commissione per l’America Latina, di origini uruguayane ma che ha trascorso gran parte della sua vita lavorando nella Curia romana, ha ricordato la «stoltezza di quegli ambienti che guardano dall’alto in basso il «Papa latinoamericanoˮ», con lo stesso atteggiamento di quanti all’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II guardavano con sufficienza al «Papa polacco».

 

Prendendo la parola, il cardinale Scola ha innanzitutto sottolineato l’importanza del corposo volume di Borghesi – pur lamentandosi con un sorriso per il corpo tipografico scelto, «un po’ troppo piccolo per chi ha la mia età» – e lo ha definito «un’impresa difficile e complessa» con «un risultato prezioso per la Chiesa universale». Quello di Francesco, ha spiegato l’arcivescovo emerito di Milano, facendo propria l’immagine più volte utilizzata dal Pontefice, «è un papato poliedrico, e il suo è un magistero poliedrico». Scola ha detto che il libro di Borghesi aiuta «a superare certe leggende metropolitane» e ha sottolineato che quello di Francesco «è un pensiero molto solido». «Bisogna sfatare un pregiudizio – ha continuato – quello secondo il quale un pensatore cattolico, soprattutto un teologo, debba per forza essere un accademico. Non è così».

 

I Papi teologici sono un’eccezione nella serie dei successori dell’apostolo Pietro, e in ogni caso, ha spiegato Scola, «non è necessario che un pensiero forte venga da un accademico». Poi il cardinale si è soffermato sulla novità rappresentata dal primo Papa latinoamericano che con il suo modo di testimoniare la fede coinvolge anche i lontani con un’apertura a 360 gradi «che passa molto attraverso i gesti e le immagini, e non soltanto attraverso le parole, come invece siamo abituati noi europei», eredi di visioni intellettualistiche. E qui Scola ha posto una domanda sulla ricezione del pontificato a cinque anni dall’elezione di Francesco, che ha rappresentato «un pugno nello stomaco, o meglio una sveglia per noi». «Non so quanto l’abbiamo fatta nostra, questa sveglia, o quanto ci stiamo ancora difendendo dalla sfida che rappresenta». Con atteggiamenti che invece di prendere sul serio la testimonianza del Papa, la conversione pastorale che ha richiesto a tutta la Chiesa, sono invece di difesa e talvolta tentano di ridurre il pontificato o di incasellarlo nelle comode categorie del latinoamericano che non capisce l’Europa, invece di lasciarci mettere in discussione.

 

Il cardinale ha quindi ricordato che negli anni Cinquanta e Sessanta i futuri membri della Compagnia di Gesù venivano educati allo studio approfondito di importanti pensatori, bene individuati nel libro di Borghesi, come Erich Przywara, Henri de Lubac, Gaston Fessard e Romano Guardini. «Quella di Papa Francesco – ha spiegato Scola – è una formazione non accademica ma non per questo meno solida». L’arcivescovo emerito di Milano ha quindi concluso facendo qualche esempio dell’influenza di questi autori tra quelli più citati nel libro, ricordando anche il tema della polarità e del «pensiero tensionante» caro a Bergoglio, che lo ricava da Fessard e da Guardini, proponendo l’immagine di una Chiesa inclusiva, inglobante e capace di tenere insieme i poli opposti senza annullarli. E ha ricordato anche che a partire dagli anni Novanta, l’allora arcivescovo Bergoglio aveva conosciuto anche i testi di don Luigi Giussani.

 

Nel suo ringraziamento finale, Borghesi ha raccontato brevemente alcuni dei risultati del suo viaggio attraverso il pensiero dei maestri sui quali Bergoglio si è formato. La formazione intellettuale del futuro Papa consente «di comprendere lo sguardo complesso e poliedrico che guida l’attuale Pontificato. Formatosi alla scuola dei gesuiti, di quelli francesi in particolare, Bergoglio ha assimilato il messaggio di sant’Ignazio attraverso la lettura, «dialettica e misticaˮ a un tempo, di uno dei più acuti filosofi del XX secolo: Gaston Fessard. Da qui sorge l’idea del cattolicesimo come ›coincidentia oppositorum’ che lo porta all’incontro con l’antropologia polare di Romano Guardini e con il pensiero del più rilevante intellettuale cattolico latinoamericano della seconda metà del ›900: Alberto Methol Ferré».

 

Tra gli esempi citati nel volume c’è quello relativo al «rapporto tra grazia e libertà, tra azione divina e umana», che «dimostra di essere vivo solo come domanda e non come una formula «perfetta»: si tratta di una persuasione che sarà al centro del pensiero di Bergoglio. La sua critica al «dottrinarismo», al dogmaticismo astratto, alla pietrificazione della Rivelazione, traggono origine da qui: dall’idea che la fede, prima che essere una risposta, è una domanda, un’apertura del cuore a una Presenza di grazia. Questa domanda deve essere vissuta, deve diventare esperienza, verifica di una relazione reale, tra l’uomo e Dio, nello scenario della storia».

 

Dall’incontro milanese, oltre che lo scontato invito alla lettura del libro, è emersa soprattutto una modalità autenticamente ecclesiale di rapportarsi al Papa (all’attuale come a tutti gli altri), a partire non dal pregiudizio o dal giudizio personale su questo o quell’aspetto del pontificato, ma dallo sguardo di fede e dunque dalla domanda sul passo che lo Spirito Santo chiede a ciascuno di fare prendendo sul serio la testimonianza e il magistero del successore di Pietro.

Andrea Tornielli -VaticanInsider

20 Aprile 2018 | 17:36
Tempo di lettura: ca. 4 min.
PapaFrancesco (1459), scola (15)
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