Tra le popolazioni terremotate dell’Italia centrale è ancora vivo il ricordo della visita fatta dal Pontefice lo scorso 4 ottobre. Dalla scuola di Arquata del Tronto, ospitata nella tensostruttura allestita nel campo sportivo della frazione di Borgo, i docenti hanno inviato al nostro giornale una testimonianza su quel giorno per loro tanto speciale, accompagnata da alcuni disegni con i quali i bambini hanno voluto esprimere il loro grazie a Papa Francesco.
Questa è stata la visita più forte a livello emotivo. Come dissi il giorno dei funerali, la nostra fede ci insegna, ci trasmette speranza. Noi abbiamo la certezza che dopo la morte ci sia una vita.
Nel giorno di San Francesco, il Santo Padre è in visita, privatamente, nei luoghi simbolo del recente terremoto. «Ho lasciato passare un po' di tempo per non dare fastidio».
Troppi pensieri, troppe filosofie, troppe idee politiche, troppe illusioni hanno preteso di cancellare questo dato di esperienza elementare: qui non siamo in un posto perfetto, non siamo del tutto a casa. Dire, come troppi fanno, che di fronte a queste tragedie non si sa cosa dire, significa consegnare queste tragedie alla insignificanza, a nessun acquisto di consapevolezza. L'uomo deve trovare le parole sempre, perché le parole sono il segno di un rapporto vivo e cosciente con la realtà . E anche quando si resta in silenzio, lo si fa perché il silenzio è una grande parola. Una parola speciale, che dice tutto il rispetto, la vicinanza. Una parola che ha la misura dell'abisso che contempla.
Mons. D’Ercole ai funerali di Stato delle vittime marchigiane: «Non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza. Insieme ricostruiremo case e chiese».
Difficile non notarli nella loro divisa arancio fluorescente. Pelle scura, guanti alle mani e cappellino in testa per proteggersi dal sole, canticchiano ritmate canzoni africane e accennano qualche passo di danza mentre lavorano. Vengono dalla Nigeria, dal Mali, dal Senegal, ma sono ormai talmente riconoscenti nei confronti del nostro Paese che li ha salvati da un barcone alla deriva, che ora si sentono parte della nostra nazione.
Il terremoto si è presentato alle 3 e 36 di notte, l’ora più subdola: quando anche gli ultimi insonni si sono addormentati, e ancora è presto perché si alzi, chi lavora all’alba. Nei paesi quieti e inermi, nelle stanze tiepide di calore e di respiri è irrotto l’urlo del sisma: quel boato, quel gemere sinistro di muri e fondamenta che nessuno dimentica, quando lo ha sentito una volta.
(LE FOTO) Continua a salire il bilancio delle vittime del terremoto. E i dispersi sono ancora moltissimi. La testimonianza di chi è sul posto.
Sembra uno scenario di guerra: così mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, che si trova ad Amatrice.
Come segno concreto della vicinanza del Papa alle persone colpite dal terremoto, una squadra di sei membri del Corpo dei Vigili del Fuoco della Città del Vaticano si è recata in mattinata ad Amatrice, in provincia di Rieti. La squadra lavorerà in accordo con la Protezione Civile Italiana nella ricerca e nella assistenza delle vittime.
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