«Il Brasile ha perso la più importante medaglia di Rio 2016: diventare campione dei diritti umani».
Fuggita dalla guerra, la giovane ha gareggiato nei 100 stile e nei 100 farfalla. Un anno fa ha rischiato di morire nel mar Egeo, durante una traversata. Grazie alla fede, al coraggio e alle abilità natatorie ha salvato la sua vita e quella di altre 17 persone. «Non potevo annegare – ricorda – perché io sono una nuotatrice e avevo un futuro da inseguire». Ora il pensiero va a Tokyo 2020.
Due anni fa, in occasione dei Mondiali di calcio contribuì in modo significativo – con il 42% di denunce in più – a far emergere i casi di sfruttamento sessuale di bambini e adolescenti e di situazioni di tratta di persone. Oggi, mentre sono accesi i riflettori sulle Olimpiadi di Rio la rete brasiliana delle religiose contro la tratta di persone «Um grito pela vida» mette nuovamente in campo la campagna «Gioca per la vita». Lo stesso slogan del 2014 per contrastare un fenomeno che sempre di più accompagna le grandi manifestazioni che richiamano da ogni angolo del mondo masse di turisti e visitatori.
All’udienza generale il Papa ha rivolto un «saluto affettuoso al popolo brasiliano, in particolare alla città di Rio de Janeiro, che ospita gli atleti e gli appassionati di tutto il mondo in occasione delle Olimpiadi» che inizieranno il 5 agosto.
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