Internazionale

Una donna libera e profetica

«O sarò missionaria in Cina o madre di dieci figli. Ma zitella mai!». Questo disse la giovane Armida Barelli (1882–1952) quando alla fine del suo percorso di studi effettuato a Menzingen, in Svizzera, presso le suore di Santa Croce, le chiesero dei suoi programmi per il futuro. Non andò in Cina e nemmeno mise al mondo dieci figli. Ma in Cina sostenne la nascita di un istituto religioso femminile a tutt’oggi diffuso e di figlie spirituali ne ebbe… un milione! Sono strane, a volte, le vie di cui la Provvidenza si serve per realizzare i progetti di noi uomini e donne. Tutta la vita di Armida Barelli ce lo dimostra. Nata in una famiglia dell’alta borghesia milanese, non apprende la fede direttamente in famiglia ma come conseguenza di una scelta educativa pensata per lei dai suoi genitori, che la mandano a studiare dalle suore di Menzingen, dove matura la decisione di farsi suora. Una decisione che allarma i suoi genitori inducendoli a riportarla a casa e a farla «rinsavire» presentandola in società e facendola partecipare alla vita mondana milanese. Armida non cambia idea, ma inizia una profonda riflessione sul tipo di azione o di vocazione a cui si sente chiamata. Una domanda che per tutta la vita le farà chiedere: «Signore, che cosa vuoi che io faccia?». Una vocazione la sua, che non trovava nelle proposte di allora, alcuna strada percorribile. Decisivo, per entrambi, all’età di 28 anni l’incontro con padre Agostino Gemelli, medico e militante di sinistra poi convertitosi ed entrato nell’ordine dei francescani. Insieme daranno vita al sogno di realizzare un luogo di alta formazione per i cattolici, fondando l’Università cattolica che su strenua insistenza di Armida, verrà dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Ma se l’università è una bella e concreta realtà che nel tempo è cresciuta e si è sviluppata, è da ricercare «nell’essenziale che resta invisibile agli occhi», il motivo principale per cui il 30 aprile prossimo, a Milano, Armida Barelli verrà dichiarata beata. Armida cercò e seppe trovare – anche grazie all’amicizia con Padre Gemelli – una risposta ad una vocazione femminile che non si sentiva portata né al matrimonio né al convento. «Inventando», per così dire una forma di vita consacrata (l’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo) che la notte dell’19 novembre del 1919 condivise con altre 11 donne, che come lei si consacrarono al Signore, facendo voto di castità, povertà e obbedienza senza tuttavia lasciare le famiglie, il lavoro, il luogo dove abitavano. Una scelta che oggi accomuna circa 2’400 donne. Ma ancora per l’infaticabile Armida non era abbastanza. Un giorno venne a sapere che in una scuola mista un insegnante anticlericale aveva chiesto ai suoi allievi «se tra di essi vi fossero degli imbecilli che andavano ancora in Chiesa». Si alzarono sette ragazzi, mentre nessuna delle ragazze presenti, che pur frequentavano la parrocchia, osarono dichiararsi. Per Armida fu un segnale forte che le fece capire che occorreva occuparsi in maniera specifica delle ragazze, accompagnandole dal punto di vista spirituale, umano, culturale. Nasce così la Gioventù femminile cattolica milanese (GF) che nell’arco di qualche anno si estenderà in tutta l’Italia, arrivando a raccogliere un milione di aderenti e andando a contrastare il fascismo, in quanto l’iscrizione alla GF era per statuto incompatibile con il regime fascista.

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29 Aprile 2022 | 14:17
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