La Biblioteca Salita dei Frati, annessa all'ex convento cappuccino.
Ticino e Grigionitaliano

Un testo inedito su «Fogli» racconta il Natale secondo padre Pozzi

«Fogli», la rivista annuale dell’Associazione Biblioteca Salita dei Frati, che da anni dedica una rubrica specifica a testi inediti o a studi su padre Giovanni Pozzi, nel suo ultimo numero, ha in serbo una sorpresa per i suoi lettori. Si tratta di un testo inedito del cappuccino che la professoressa di origini ticinesi Maria Teresa Casella Bise ha regalato alla rivista. La prof.ssa Casella Bise vive oggi a Friborgo, dove ha avuto modo di incontrare padre Pozzi e di condividere con lui il percorso di studi. Il manoscritto, che la studiosa ha trascritto e commentato per la rivista, racchiude una conferenza tenuta da padre Pozzi nell’Avvento del 1996, su invito di padre Callisto Caldelari, nella chiesa del Sacro Cuore a Bellinzona, annessa al convento dei cappuccini. Durante l’intervento, il cappuccino trae spunto dalla liturgia per spiegare alcune tradizioni popolari: alcune meno note, altre a noi più vicine, ma tutte per allietare il tempo di «attesa» che precede la nascita di Gesù.

Maria, «Donna dell’attesa»
Subito il pensiero dello studioso corre alla «Donna dell’attesa» per eccellenza, Maria, della quale il cappuccino ci invita a riscoprirne il ruolo centrale nell’Avvento. A questo proposito, a padre Pozzi preme ricordare una ricorrenza ormai non più celebrata, fissata per il 18 dicembre: la festa «dell’Aspettazione del parto». Un’altra tradizione, poi, voleva che, nei sette giorni precedenti il Natale, durante i vespri, si recitassero 7 antifone, che cominciavano tutte con la lettera «O». «All’inizio – scrive lo studioso – questa cerimonia voleva rappresentare i sospiri dei patriarchi e dei profeti, che per 4 millenni avevano sospirato la venuta del Messia. Ma, incrociandosi con la festa dell’aspettazione del parto, che celebra l’attesa del parto da parte di Maria, quella O fu interpretata come il sospiro della Madonna che dal 18 in poi aspettava di giorno in giorno il grande evento». La festa dell’aspettazione del parto fu celebrata per lunghissimo tempo. La si ricorda, ad esempio, a Milano nel 600. Poi si «confuse» – ci dice padre Pozzi – con la novena di Natale.

La novena di Natale
«Le novene appartengono alle forme devozionali e non liturgiche. La liturgia è ancorata al 7, il settenario. Si incominciò con il triduo per la suggestione che il numero 3 esercita nella sfera religiosa in genere e in quella cristiana in modo particolare. La novena è un triduo triplicato, cioè un numero perfetto portato alla sua perfezione». E proprio di una «particolarissima» novena, ci mette a conoscenza Pozzi. Ad essa, infatti, nelle cantilene bergamasche si sovrappone il viaggio di Giuseppe e Maria da Nazaret a Betlemme, che diventa un viaggio di nove giorni; ad ogni giorno corrisponde una tappa e una strofa della novena. Il corredo a Gesù Bambino Un altro tipo curioso di devozione – racconta Pozzi nel suo scritto – consiste nell’immaginarsi di preparare il corredo a Gesù Bambino. Questa tradizione nasce con le visioni mistiche di Arcangela Panigarola, veggente milanese del Cinquecento. Questo corredo, secondo la veggente, non doveva però essere fatto di vere stoffe, ma di preghiere: una preghiera per fare la culla del Signore, un’altra per il baldacchino, un’a tra ancora per fargli un berretto, e così via, fino ad accompagnare Gesù alla nascita. «Così si seguivano passo passo le presunte attività di Maria in attesa del parto», commenta Pozzi. Accanto al Gesù Bambino «vestito» di preghiere troviamo poi la tradizione del Gesù Bambino da «rivestire» di teli pregiati, usanza in atto nelle classi nobiliari del passato e nei monasteri. Pozzi ci informa che «un tale uso si sparse in tutta Europa, con due centri: il bambino di Aracoeli, fasciato, e il bambino di Praga, ma ci furono moltissime altre rappresentazioni».

La corona d’Avvento
Non solo il passato ma anche un presente a noi prossimo, è quello di cui si occupa padre Giovanni Pozzi, nel manoscritto edito su «Fogli». Il cappuccino spiega infatti l’origine di alcune tradizioni, che durante l’Avvento entrano silenziose nelle nostre case, per suscitare in noi la meraviglia per un Dio fatto bambino. La corona dell’Avvento, per esempio: come spiega padre Pozzi, nasce con l’intento di «raccontarci» un tempo che, nelle quattro domeniche di Avvento, si «riavvolge» su se stesso, tornando all’origine di tutto. «Accendendo una candela per settimana si raffigura il tempo che avanza verso il Natale; ma alla fine le candele si presentano in scala, perché la prima ha bruciato più della seconda, e questa più della terza, etc. È il tempo che indietreggia; la scala invita l’occhio a girare lo sguardo sulla prima. Non a caso le domeniche dell’Avvento si contavano all’indietro: la prima era detta quarta, e così scendendo fino al Natale». Per questo, aggiunge lo studioso, è anche necessario che le quattro candele siano collocate su una «corona»: «Adottare, come oggi si fa, un ceppo, significa sopprimere il significato profondo della forma, il simbolo del tempo».

L’attualità del presepe
Poi Pozzi si sposta al presepe; anche qui, ci dà preziose coordinate per capire un aspetto specifico di questa tradizione. Nel presepio di tipo popolare, «accanto ai personaggi storici dei pastori e dei magi, ci sono gli uomini e le donne di oggi rappresentati nelle varie categorie sociali: i mestieri, le faccende domestiche, i luoghi d’incontro come l’osteria e la stalla». Questo perché, «nella tradizione popolare, l’evento del Natale non è solo un fatto storico del passato, ma una storia che si ripete, un evento a cui prendono parte i membri di una data collettività».

Tradizioni vive
Lasciamo, infine, che sia Maria Teresa Bise Casella a farci intravedere il senso vero di questa lettura «incarnata» e spirituale, che il cappuccino ci offre del Natale. Quella di Pozzi, «non è una tradizionale omelia natalizia; non è assolutamente una chiacchierata, tanta è la pienezza del suo contenuto», piuttosto «è un corso dettato dalla ferma volontà di condividere tutto quello che non dobbiamo registrare superficialmente o relegare in un angolo della nostra memoria tra le cose un giorno sapute, ma quello che dobbiamo sentir vivere in noi in attesa della santa festa».

Il testo riscoperto da M. Teresa Casella Bise
Alla prof.ssa Casella Bise si deve la pubblicazione, la trascrizione e l’annotazione del manoscritto inedito di Pozzi su «Fogli». La studiosa si è laureata nel 1953 a Friborgo sotto la direzione di Giuseppe Billanovich. Nel 1969, con Giovanni Pozzi, ha curato l’edizione delle Lettere spirituali di Giovanni Dominici (Friburgo, Edizioni universitarie). Successivamente ha compiuto ricerche negli studi medievali ed umanistici, pubblicando Tra Boccaccio e Petrarca. I volgarizzamenti di Tito Livio e di Valerio Massimo (Padova, Antenore, 1982). I suoi interessi si sono inoltre rivolti alla devozione popolare. Si segnalano: La Madonna del Sasso nei Santini, compiuta con Giovanni Pozzi, edita nel volume La Madonna del Sasso fra storia e leggenda (Locarno, Dadò, 1980) e i due studi I fiori nella simbologia dei Santi e La Trinità nell’iconografia delle immaginette sacre, pubblicati nel 1990 e nel 1992. Ha infine curato, di Giovanna Maria della Croce, l’edizione dei libri quinto, sesto, settimo, ottavo, decimo e undecimo delle Rivelazioni nonché i volumi Frammenti, esclamazioni, testamento spirituale e Lettere ed altri scritti (Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2004-2020).

È possibile richiedere «Fogli» scrivendo un’email a bsf-segr.sbt@ti.ch.

Laura Quadri

La Biblioteca Salita dei Frati, annessa all'ex convento cappuccino.
14 Dicembre 2020 | 07:35
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