Ticino e Grigionitaliano

Dopo 26 anni padre Mesesan, parroco della Comunità ortodossa, rientra in Romania

Per padre Mihai Mesesan sta per concludersi un importante capitolo della sua vita. Dopo 26 anni di ministero, il sacerdote ortodosso romeno si appresta nei prossimi giorni a lasciare il Ticino per rientrare nel suo Paese. Nato nei pressi di Cluj-Napoca nel 1958, Mihai Mesesan è giunto nel 1994 in Ticino, dove ha seguito i corsi di dottorato alla Facoltà di teologia Lugano. Nel 1996 è diventato parroco della Comunità ortodossa della Svizzera italiana. A succedergli sarà il sacerdote Bogdan Constantin Dinca, 32 anni, ordinato lo scorso 22 gennaio a Lugano. Laureato in psicologia e teologia, Dinca è sposato con Roxana, anche lei psicologa, ed è padre di una figlia.

Padre Mihai, quali sono i suoi sentimenti mentre si sta concludendo il suo servizio in Ticino e che cosa le ha lasciato questa lunga esperienza?

Lascio felice il Ticino, questo bellissimo posto che, sin dal mio arrivo, mi ha accolto con calore e mi ha regalato tante amicizie, il tesoro più prezioso che serberò nel mio cuore per tutta la vita. Quando ho iniziato la mia missione in Ticino, avendo come punto di partenza solamente 19 indirizzi di ortodossi romeni, mi chiedevo, non senza timore, come far crescere, organizzare, amalgamare e consolidare una comunità molto eterogenea. Ho capito che mi aspettava una missione ben diversa da ciò che avevo fatto prima quale pedagogo, diacono, segretario del vescovo e incaricato di altre funzioni amministrative nella diocesi di Cluj-Napoca. Ho sempre cercato di applicare le parole dell’apostolo Paolo «guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1 Cor 9, 16). In tutti questi anni mi sono impegnato per poter proporre un’autentica alternativa all’uomo contemporaneo deluso dai sistemi ideologici e aiutarlo a scoprire il senso dell’esistenza con Cristo, che è «via, verità e vita». Vorrei aggiungere che l’inizio della mia missione è stato facilitato dal fatto che ho trovato, già organizzata giuridicamente dal 1995 per iniziativa del suo primo presidente Giancarlo Bellotti, la Comunità ortodossa della Svizzera Italiana, con il suo luogo di culto, la chiesa della Madonnetta a Lugano, messa con generosità a nostra disposizione, da allora fino ad oggi, dalla Confraternita del Sacro Cuore e dai parroci che si sono succeduti, che ringrazio di cuore. L’attività religiosa, culturale e sociale dei cristiani ortodossi in Ticino si è svolta per molti anni, fino alla costituzione delle parrocchie serba e russa, soprattutto nell’ambito e con l’aiuto della nostra Comunità e, saltuariamente, di quella greca, fondata prima. Nel rispetto delle diverse sensibilità, siamo riusciti a realizzare a Lugano la Chiesa una, nella quale le differenze etniche e nazionali si sono stemperate nella consapevolezza condivisa di appartenere all’unica fede ortodossa.

Nella sua attività in Ticino, lei ha sempre dimostrato un grande interesse per l’ecumenismo. Come valuta i suoi rapporti con i cattolici, gli evangelici e anche con le altre Chiese cristiane che fanno parte della Comunità di lavoro cantonale?

La nostra Chiesa, quale membro fondatore della Comunità di lavoro, ha partecipato in tutti questi anni a numerosi incontri ecumenici. Lo abbiamo fatto con la convinzione che ogni incontro è una vittoria sulle nostre divisioni e una prova dell’unità che già abbiamo nel nostro unico Signore. Operiamo in questa direzione con la certezza che solo un cristianesimo unito può essere credibile in un mondo sempre più secolarizzato. Sono da sempre convinto che l’ecumenismo non si decreta, non si ordina e non si genera dalle gerarchie, ma parte dalla base. Il fatto, forse unico in Europa, che la lingua principale di culto della nostra parrocchia sia l’italiano ha facilitato molto i contatti con i fratelli e le sorelle delle altre Chiese, che partecipano spesso alla nostra liturgia e alle attività che proponiamo. Sarò per tutta la mia vita grato al Signore per l’accoglienza e l’amore fraterno che mi hanno manifestato i numerosi amici preti cattolici e alcuni pastori riformati. Un momento ecumenico speciale è stato anche il giocare a tennis, per anni, con il mio amico don Maurizio Silini!

È innegabile che con la sua presenza e il suo impegno lei ha dato una grande visibilità all’ortodossia in questo Cantone. Che evoluzione c’è stata a questo proposito?

Sarebbe troppo lungo elencare tutte le attività della nostra parrocchia in questi 26 anni. Ricordo solo le visite ai malati, ai carcerati, le attività per i giovani, le feste interculturali, le mostre di icone, i pellegrinaggi in Romania, Serbia e Terrasanta, le conferenze di spiritualità ortodossa, la nostra presenza nei mass media (giornali, Radio, TV). A questo proposito, vorrei ringraziare in particolare la redazione di Catholica per aver sempre pubblicato i miei scritti, addirittura due editoriali di cui vado molto fiero! E poi, consapevoli che la fede senza le opere è morta, abbiamo organizzato e spedito in tutti questi anni 13 Tir di aiuti umanitari in Romania, in Serbia e, ultimamente, in Ucraina.

Il mondo ortodosso sta attraversando una grave crisi. C’è stata dapprima, 4 anni fa, la rottura della comunione tra Mosca e Costantinopoli dopo che il patriarca Bartolomeo ha concesso l’autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina. E poi c’è soprattutto la guerra in Ucraina, che ha ottenuto l’appoggio del patriarca di Mosca Kirill, fortemente criticato anche all’interno stesso dell’ortodossia. Inquale misura questa situazione ha intaccato i rapporti interortodossi in Ticino?

Rispondo a questa domanda mentre nel mondo ci sono tante, troppe guerre in corso, tra le quali una non lontano da noi, in Ucraina. Una guerra fratricida, inconcepibile tra fratelli dello stesso sangue e con la stessa fede. Questa guerra e i conflitti all’interno del mondo ortodosso non hanno intaccato per nulla i rapporti inter-ortodossi in Ticino. Nella nostra Comunità, creata per unire gli ortodossi di tutte le etnie, vi sono numerosi fedeli russi e ucraini. Quello che abbiamo seminato assieme in questi anni è servito a comprendere che la Chiesa è fatta per unire, non per dividere. Perché siamo arrivati a questo punto? Perché, come per la recente pandemia, la stragrande maggioranza dei cristiani vive nella paura, dimenticando Dio e il suo più grande comandamento, quello dell’amore.

Adesso lei torna a Cluj-Napoca. Che cosa farà?

Già dall’anno scorso avevo informato i miei parrocchiani e gli amici sulla mia intenzione di ritirarmi, avendo raggiunto l’età del pensionamento. Dopo due tentativi falliti di trovare un mio successore, credo di poter dire che padre Bogdan sarà una persona in grado di guidare nel migliore dei modi la Comunità ortodossa della Svizzera Italiana e di continuare la mia missione. Per quanto mi riguarda, andrò a fare il contadino nel mio villaggio natale di Deusu, nei pressi di Cluj-Napoca. Farò anche il prete onorario nella chiesa dove sono stato battezzato, dove mio padre è stato cantore per 60 anni e mi sono occupato dei restauri generali. Ho diversi progetti di volontariato che spero di poter realizzare. Ma tornerò di sicuro ogni tanto in Ticino a trovare i miei amici, che aspetto anche in Romania. Auguro a tutti i lettori di Catholica di vivere la loro vita cristiana con la convinzione che la gioia non è solamente una delle componenti del cristianesimo, ma costituisce il tono e lo stile della nostra fede.

Gino Driussi

1 Maggio 2022 | 07:03
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