Tailandia, bambini intrappolati: un missionario, «preghiamo e tratteniamo il respiro»

Non si poteva attendere un minuto di più. Alle 10 di domenica è partito così l’atteso ordine dei soccorsi per andare a recuperare i 12 baby calciatori ed il loro coach, da due settimane intrappolati nel ventre della terra in Tailandia, di cui riportano i media di tutto il mondo col fiato sospeso. E dopo 7 lunghissime ore gli applausi e le grida di gioia hanno spezzato l’ansia e l’angoscia: dall’ingresso della grotta sono uscite le prime due barelle, dopo non molto altre due. Ora si aspetta e si spera, tra l’ottimismo, per gli altri 9 del gruppo, compreso l’allenatore.

«Preghiamo per la salvezza di tutti i ragazzi e speriamo che da questa tragedia possa nascere una Tailandia ancora più unita: nella grotta ci sono anche ragazzi cristiani, un cattolico e un protestante…» A parlare con l’agenzia Dire è padre Adriano Pelosin, missionario che conosce bene la regione di Tham Luang. «A pochi chilometri dalla grotta ci sono i nostri confratelli», spiega padre Pelosin, raggiunto telefonicamente a Bangkok, da dove coordina il lavoro del Pontificio istituto missioni estere (Pime). Secondo il religioso, la vicenda dei ragazzi sta unendo il Paese rendendolo anche più consapevole rispetto ai rischi ambientali legati all’arrivo della stagione delle piogge. «Nei giorni scorsi a largo di Phuket c’è stato un naufragio e sono morte oltre 30 persone», dice padre Pelosin, ricordando la scomparsa di decine di turisti cinesi. Il missionario riferisce poi di iniziative di sensibilizzazione: «Domenica abbiamo tenuto preghiere speciali in tutte le chiese per la salvezza dei ragazzi, chiedendo l’aiuto del Signore». Sono previste nuove iniziative? «Per ora no», risponde padre Pelosin: «Il nostro cuore è come sospeso, aspettiamo di riabbracciare i ragazzi». La speranza, riferiscono i quotidiani thailandesi nelle loro edizioni online, è che già oggi possano essere portati in salvo altri tre ragazzi.

Agenzie/red

9 Luglio 2018 | 15:41
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