Internazionale

Suor Paesie, l’angelo dei bimbi nell’inferno di Haiti

Ad Haiti i bambini sono ovunque. Un terzo degli oltre undici milioni di abitanti ha meno di 15 anni. Ne nascono tanti. E ne muoiono ancora di più. Uccisi dalla malattia per eccellenza della povertà: la fame. O vittime della mancanza di risorse per difendersi dalle frequenti catastrofi naturali. O ancora, soprattutto, preda delle gang, le oltre duecento bande armate eredità della dittatura del clan Duvalier che, negli ultimi anni, nel vuoto di potere, si contendono indisturbate brandelli di territorio in un susseguirsi di scontri all’ultimo sangue con i rivali. La richiesta di forze nuove per rimpiazzare le perdite è continua. I minori sono carne da cannone a buon mercato. I più piccoli sono arruolati come vedette in attesa di farli combattere, le ragazzine sono «impiegate» come domestiche o schiave sessuali. Piccole vite prigioniere della guerra invisibile quanto cruenta che, nell’indifferenza del mondo, dilania il frammento più tormentato d’Occidente.

Ogni volta che suor Paesie incrociava i loro occhi neri e frangiati per le strade affollate di Port-au-Prince pensava al destino crudele che incombeva sui quei corpi minuti. E non si dava pace. Sempre più spesso le tornava alla mente un episodio della vita di Madre Teresa, fondatrice delle Missionarie della Carità, congregazione a cui apparteneva fin da quando aveva 18 anni. La «Santa di Calcutta» raccontava di avere sentito il Signore sussurrarle: «Sii la mia luce. I poveri non mi conoscono, e pertanto non mi amano. Tu, portaMi a loro». «Era come se quelle parole fossero rivolte a me. Solo, invece dei poveri, mi chiedeva di condurlo dai bambini di strada di Haiti», racconta suor Paesie, al secolo Claire Joelle Phillipe, nata nella Lorena francese e residente nell’isola dal 1999. «Alla fine non ho più potuto ignorare la sua richiesta e ne ho parlato con le superiore. Pensavo, speravo di poter fare qualcosa al riguardo all’interno della congregazione. Ma insieme abbiamo capito che non era possibile poiché quest’ultima si dedicava a tempo pieno alla cura dei malati. Ho cominciato dunque un percorso di discernimento attraverso gli esercizi ignaziani. E ho compreso che il Signore mi chiedeva di essere libera di seguire la sua seconda chiamata. Non è stato facile arrivare a questa consapevolezza. Ero certa che Gesù mi stesse chiedendo di fare qualcosa per i piccoli di strada. Ma non ero sicura che lasciare le Missionarie della carità fosse la scelta giusta. La sola idea mi spaventava».

Difficile credere che questa donna capace di lavorare nelle baraccopoli di Cité Soleil e Martissant sotto il fuoco incrociato dei boss possa avere paura. La gente è abituata a vedere «Maman Soleil», come l’hanno soprannominata, attraversare a testa alta le invalicabili frontiere del conflitto fra gang per soccorrere i suoi bambini. «Non sono affatto coraggiosa – dice con un sorriso sul volto dolce e minuto -. È Lui a portarmi dove vuole. Ed è stato così anche quella volta. Il Signore non mi ha fatto solo comprendere che dovevo avere fiducia in Lui. Mi ha dato la grazia di riuscire ad affidarmi. Il momento più difficile è stato dirlo alle consorelle. Alcune hanno capito anche se erano dispiaciute. Altre no. Ma ripeto, ho dovuto fare la sua volontà».

È nata, così, nel 2017, la Famiglia Kizito, dal nome di un quattordicenne martirizzato in Uganda, che, il 3 giugno 2018 ha ricevuto l’approvazione come «Pia associazione di fedeli», il primo passo per la costituzione di una nuova comunità religiosa a livello diocesano. Suor Paesie ha cominciato da sola a Village de Dieu, nel cuore di Martissant, dove ha avviato un primo embrione di scuola appena qualche mese prima che la gang di Johnson Alexandre alias Izo sferrasse la propria offensiva. Ed ha proseguito anche mentre infuriava la battaglia. Nel frattempo altre cinque giovani haitiane si sono unite alla religiosa nella missione di proteggere l’infanzia abbandonata. «Come difendere i bambini? Portandoli in classe».

Non è semplice ad Haiti dove oltre l’80 per cento degli istituti è privato, con tasse che variano dai cento ai mille dollari. Alla retta poi si sommano i costi dei libri, dei quaderni, delle uniformi. Già di norma, dunque, quasi la metà dei minori non frequenta nemmeno le elementari. A loro si rivolgono le sei scuole create dalla Famiglia Kizito sulle linee del fronte di Martissant e Cité Soleil. «Noi prendiamo ragazzini fra gli 8 e i 18 anni mai entrati in un’aula perché troppo poveri. Proprio quelli che le bande cercano di reclutare. La scuola offre loro uno scudo. Lo capiscono le stesse gang. «Non sono per noi», dicono quando li vedono in uniforme». Poi ci sono i cinque rifugi per i piccoli senza famiglia e per le sempre più numerose ragazzine in fuga dai boss. Un totale di 2.700 bambini strappati alle gang. Maman Soleil, però, non si dà pace. «Ce ne sono ancora tanti, troppi nell’oscurità».

Lucia Capuzzi

(fonte: Vatican News)

| © Famiglia Kizito
2 Febbraio 2024 | 14:19
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