La Maratona engadinese di sci di fondo riunisce ogni anno migliaia di partecipanti tra atleti d'élite e amatori, uomini e donne @flickr
Ticino e Grigionitaliano

Sport e spiritualità? «Sì», per «dare il meglio di sé»

Siamo alle ultimissime battute dei Giochi Olimpici invernali in Cina. E allora, perché non parlare di «sport e spiritualità». Lo facciamo con Alessandra Maigre, dottoranda in teologia a Friborgo, ma anche giocatrice di hockey su ghiaccio da più di 15 anni, prima a Ginevra e ora nel Friborgo. Papà ginevrino e mamma leventinese di Dalpe, come dice Alessandra «le origini materne non mi potevano che portare all’hockey».
Alessandra sta lavorando all’Università di Friborgo ad un dottorato su sport e spiritualità. «Il tema è pastorale, quindi tratta dell’assistenza spirituale agli sportivi, pratica molto in voga soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra. In Svizzera c’è qualcosa in ambito protestante» ci spiega. La teologia e la spiritualità dello sport sono un campo ecumenico. Ai Giochi Olimpici ci sono diversi cappellani che seguono le squadre, mentre in Vaticano, oltre a numerosi interventi del Papa sul tema, dal 2004 c’è un servizio «Chiesa e sport» nel Dicastero Vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita.

Alessandra Maigre @catt.ch

Alessandra Maigre, sport e spiritualità possono apparentemente sembrare due ambiti lontani, cosa troviamo nella tradizione biblica?

Lo sport – come lo intendiamo noi oggi – non si trova nella Bibbia. Però si incontra il tema in San Paolo e questo ci dice che lo sport era qualcosa di culturalmente rilevante (pensiamo alle Olimpiadi nel mondo antico, ben note all’apostolo). San Paolo usa metafore sportive (1 Cor 9,24ss), andando però oltre il senso metaforico, perché attribuisce chiaramente un valore buono allo sport stesso, ad esempio «la disciplina». Un testo che mi piace molto è quello di Proverbi 8,22-31 dove si racconta la creazione con l’immagine della Sapienza che, vicino a Dio, lo aiuta a creare. Una Sapienza che gioca accanto a Dio e nel mondo. Questo testo fa riflettere sul valore dell’esperienza ludica nello sport e nella vita. Nello sport, in particolare, aiuta gli atleti d’élite, che sono spesso considerati come macchine, a ritrovare una dimensione giocosa nella loro pratica sportiva.

Lo sport può essere di aiuto alla spiritualità e alla vita quotidiana?

Nello sport inteso con questa apertura alla dimensione ludica ci sono tutti gli aspetti che corrispondono ad una certa scuola di vita: la disciplina come nella vita spirituale, l’apprendere a stare con gli altri, creare legami nella squadra, mettersi in gioco, la perseveranza nel proprio cammino, la resilienza, cioè il saper andare oltre le difficoltà e integrarle nel proprio percorso di vita. Papa Francesco nel documento del 2008 sullo sport, Dare il meglio di sé, dice che lo sport insegna a dare il meglio di sé nella vita ordinaria e in quella spirituale.

Lo sport può essere scuola di vita in rapporto alla conoscenza del proprio corpo?

Nello sport competitivo in particolare si porta spesso il corpo al limite, soprattutto nello sport d’élite. Il problema è capire dov’è il limite e fino a che punto spingersi e quando si va oltre. Questo rapporto con il proprio corpo insegna a comprendere i propri limiti psicofisici ma anche ad affrontare in modo equilibrato le sfide della vita.

Qual è il valore dell’accompagnamento spirituale degli sportivi d’élite?

Nello sport d’élite o alle olimpiadi, sull’atleta c’è molta pressione e sorgono domande esistenziali. A questo livello è importante affiancare l’atleta e aiutarlo ad aprire lo sguardo ad altro, a guardare a se stesso non come una macchina da performance, ma all’essere umano che lui è. È il lavoro che – ad esempio – fa qui in Svizzera, la mia amica Sandrine Ray, già atleta olimpica, ex giocatrice delle Ladies Lugano, e cappellana degli sportivi con l’organizzazione «Athletes in Action». I cappellani ai Giochi Olimpici – come mi racconta Sandrine – sono le uniche persone che considerano l’essere umano dietro l’atleta, mentre tutto il team che è attorno all’atleta è indirizzato alla performance. Vero che ci sono anche gli psicologi dello sport, ma anche loro hanno come focus principale far star bene l’atleta al fine di ottenere la performance.

La spiritualità può favorire – in qualche modo – la performance ma anche avere un orizzonte nella vita?

Una spiritualità vera è equilibrata, favorisce l’integrazione di diversi aspetti della vita e aiuta l’atleta a cogliere la sua esperienza sportiva integrata in altre dimensioni della sua umanità. Per me è questa la spiritualità che può aiutare, nel senso di mantenere un certo equilibrio. Marie Mazzocco, in Eloge de la simplicité (Ed. Labor et Fides), mia collega che ha lavorato sui temi della spiritualità, dice che serve «trovare una semplicità di rapporto alla vita, un approccio unificatore alla somma di eventi che costituiscono la nostra vita». Senti quindi che Dio ti porta nella vita, hai una sorta di affidamento fiducioso in Lui, che libera da altre preoccupazioni, come quella tipica dello sport di performance: voler avere tutto sotto controllo.

Cristina Vonzun

La Maratona engadinese di sci di fondo riunisce ogni anno migliaia di partecipanti tra atleti d'élite e amatori, uomini e donne @flickr
19 Febbraio 2022 | 11:36
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