Shirin Ebadi. (Foto Chiasso Letteraria).
Ticino e Grigionitaliano

Shirin Ebadi: «Non sono stata zitta nemmeno un giorno per dare voce e speranza alla generazione di domani»

In una società dove le donne vengono continuamente messe a tacere, lei ha avuto il coraggio di far sentire la sua voce nonostante le minacce del regime a lei e alla sua famiglia. Prima donna iraniana a diventare magistrato nel suo paese, nel 2003 le viene conferito il Premio Nobel per la pace per il suo impegno nella difesa dei diritti umani – in particolare i diritti delle donne, dei bambini e dei rifugiati – e a favore della democrazia, Shirin Ebadi è stata ospite venerdì alla serata inaugurale della 17esima edizione di Chiasso Letteraria intitolata «L’ultimo spenga la luce» e dedicato alla «dissidenza».

In una sala gremita, la Ebadi ha raccontato la sua storia, quella del suo Paese che continua ad essere sottomesso da un regime sempre più severo e quella del suo popolo che da settembre, dopo la ingiusta esecuzione della giovane curda Mahsa Amini uccisa per strada dalle guardie della polizia religiosa  »colpevole» di indossare inappropriatamente il velo, è tornato prepotentemente a farsi sentire.

«Ho lottato per la generazione futura»

«Non sono stata zitta nemmeno un giorno nella mia vita, ho lottato per la generazione futura che oggi ha più coraggio rispetto al passato, il coraggio di scendere in piazza insieme ai genitori», ha affermato la Ebadi davanti al pubblico di Chiasso. Prima presidente donna del tribunale della città di Teheran nel 1975, dopo la rivoluzione islamica del 1979, durante la quale vennero varate le leggi discriminatorie, la Ebadi fu costretta a dimettersi e non le fu permesso di praticare la professione fino al 1993, anno in cui decide di tornare a praticare per «poter dare risposte alle nuove generazioni, migliorare la situazione e difendere gratuitamente le persone perseguitate dal regime». Una decisione che le costò cara: la Ebadi per anni viene perseguitata, subisce la detenzione e viene a lungo minacciata; nel novembre 2009 la polizia di Teheran fa irruzione nel suo appartamento picchiando il marito e la sorella e sequestrandole tutto, anche il premio Nobel per la pace conferitole nel 2003. Le autorità usano tutti i mezzi a disposizione per metterla a tacere. «Mi hanno preso tutto, ma mi è rimasta la voce», afferma la donna.
All’epoca dei fatti, lei era già fuggita a Londra; ancora oggi vive in esilio in una località segreta ma continua a battersi per l’uguaglianza di genere in tutte le parti del mondo dove i diritti delle donne vengono quotidianamente calpestati.

«All’età in cui tutti vanno in pensione – afferma la donna – io ho perso tutto: il marito, la casa, i soldi… però sono contenta perché non l’hanno avuta vinta su di me. Quando hanno arrestato mio marito e mia sorella hanno detto che li avrebbero rilasciati immediatamente se io avessi smesso di parlare contro il regime. Ho risposto: io amo mia sorella, amo mio marito, ma ancora di più amo la giustizia».

La sua incredibile storia, intrecciata con quella del suo popolo, è raccontata nel suo ultimo libro tradotto in italiano dal titolo «Finché non saremo liberi. Iran, la mia lotta per i diritti umani» (2016).

La serata a Chiasso allo Spazio Officina.

«Donna, vita, liberta»

Nel settembre 2022, ha spiegato la Ebadi parlando della situazione attuale del suo Paese, «la morte di Masha ha fatto partire il treno della rivoluzione» al grido dello slogan «donna, vita, libertà»; l’ultima stazione di questo treno sarà il crollo del regime. È un treno che va veloce, poi si ferma in alcune stazioni per far scendere i passeggeri e quindi riparte». Un «treno» che vede la partecipazione sempre più ampia di tutte le fasce della popolazione: operai, pensionati, studenti, uomini di cultura… Ogni giorno una categoria scende in piazza alimentando la speranza, anche se «il regime sembra diventare ogni giorno più forte. In questo regime, se uccidi una persona non è un delitto, ma se sei un giornalista vieni perseguitato. Almeno una persona al giorno viene giustiziata, tantissime vengono arrestate di notte nelle loro case». Oggi, la forma di corruzione che dilaga nel Paese ha fatto sì che crescesse il desiderio di ribellione del popolo: «centrale in questa protesta è il movimento delle donne, che continua a farsi sentire nonostante i pericoli, gli avvelenamenti, gli arresti». Segno lentamente che qualcosa sta cambiando e che la speranza deve continuare ad essere alimentata per poter un giorno vedere la caduta del regime.

Shirin Ebadi. (Foto Chiasso Letteraria).
15 Maggio 2023 | 15:13
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