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Chiesa

Scomparso il card. Etchegaray, testimone appassionato del dialogo e della pace

«Con lui scompare un vescovo che ha interpretato al meglio il pontificato di Giovanni Paolo II, particolarmente negli scenari più complessi del mondo». Così la Comunità di Sant’Egidio, che ha appreso «con dolore» la notizia della morte del card. Roger Etchegaray, il quale «ha servito il Vangelo e la Chiesa, animato da passione per l’incontro, il dialogo e la pace». La Comunità lo ricorda «con gratitudine per la collaborazione e il sostegno alle iniziative di dialogo e in particolare agli incontri interreligiosi nello ›spirito di Assisi’, di cui fu all’inizio, nell’ottobre 1986, il principale organizzatore.

Il card. Etchegaray

Il porporato si è spento nel pomeriggio di ieri, 4 settembre, nella cittadina basca di Cambo-les-Bains, in Francia. Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e del Pontificio Consiglio «Cor Unum», fra pochi giorni avrebbe compiuto 97 anni. I funerali si svolgeranno lunedì prossimo nella cattedrale di Santa Maria a Bayonne.

Un cuore basco «universale»

Nato nel cuore dei Paesi Baschi ad Espelette (Diocesi di Bayonne), il 25 settembre del 1922, il padre era un meccanico agricolo, sente la chiamata a diventare sacerdote. La sua è una vocazione per tutti, credenti e non credenti. Si reca a Roma, dove ottiene la licenza in Teologia e il dottorato in Diritto Canonico. Ordinato sacerdote il 13 luglio 1947, inizia il ministero pastorale nella diocesi nativa. Dal 1966 al 1970 ricopre il ruolo di segretario generale dell’Episcopato francese; nel 1969 Paolo VI lo nomina ausiliare per l’Arcidiocesi di Parigi. L’anno successivo è arcivescovo di Marsiglia (dove rimane fino al 1984) e nel 1975 succede al cardinale Marty alla presidenza della Conferenza episcopale francese (fino al 1981).

Nel 1971 diventa il primo presidente del nuovo Consiglio Europeo delle Conferenze Episcopali. Fortemente impegnato nel rinnovamento ecclesiale avviato dal Concilio Vaticano II, promuove il dialogo e l’ecumenismo, la giustizia insieme all’evangelizzazione. Ama una Chiesa viva, attenta alle sfide dell’umanità concreta a partire da una fede fondata sull’incontro con Cristo.

Animatore dell’incontro di Assisi nel 1986

Nel 1979 Giovanni Paolo II lo crea cardinale e nel 1984 lo nomina presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (incarico mantenuto fino al 24 giugno 1998) e presidente del Pontificio Consiglio «Cor Unum» (fino al 2 dicembre 1995). In questo periodo, Etchegaray svolge un instancabile servizio a favore della pace, dei diritti umani e dei bisogni dei più poveri. Organizza lo storico Incontro di pace di Assisi nel 1986 tra i rappresentanti delle principali religioni, di fronte alle tensioni crescenti nel mondo diviso in blocchi e davanti ai timori di una guerra nucleare. Compie importanti missioni diplomatiche per la Santa Sede: nel maggio 2002 è a Gerusalemme per chiedere la pace in Medio Oriente e nel febbraio 2003 è a Baghdad per portare il messaggio di riconciliazione del Papa.

Il saluto di Papa Francesco prima di lasciare Roma

Nel 1994 viene nominato presidente del Comitato Centrale del Grande Giubileo dell’Anno 2000 e in tale veste ha diretto la preparazione e lo svolgimento dell’Anno Santo del 2000. Nel 2005 diventa vice-decano del Collegio Cardinalizio, incarico cui rinuncia nel 2017 per l’avanzare dell’età. Papa Francesco lo vuole salutare personalmente prima che il porporato lasci Roma per la Francia.

«Il cammino di pace è spirituale ancor più che politico»

Etchegaray è stato un uomo di Dio, un contemplativo attivo, aperto e socievole, sempre sorridente e dotato di fine umorismo. Per capire meglio la sua spiritualità, ricordiamo una sua omelia durante una missione in Libano nel 2006. Qui, durante la Messa nel Santuario mariano di Harissa, Etchegaray afferma: «Cristo non solo ci dona la pace, Egli è la nostra pace», per questo la pace e la preghiera sono legate l’una all’altra. Pregare «è la prova più sicura che noi abbiamo preso sul serio la pace». Il vero cammino per la pace, dunque, «è spirituale ancor più che politico». Per questo, «nessuna pace stabilita da un accordo potrà tenere se non sarà accompagnata anche dalla pace dei cuori». Ma «solo Dio può addolcire i cuori induriti» specie in un’epoca in cui «la violenza si infiltra nella vita quotidiana suscitando quella paura che rende l’uomo una bestia». Nessuna religione può pretendere di «catturare Dio per metterlo nel proprio campo contro l’altro». Tutte le fedi sono, invece, «chiamate a fare appello a Dio clemente e misericordioso». In questo «clima di odio che respiriamo troppo spesso», capiamo che «solo il perdono può condurci alla riconciliazione», un perdono che «non è né l’usura del tempo, né la dimenticanza, né il calcolo interessato». Solo quando l’uomo sarà in grado di perdonare, allora la terra vivrà «in una pace ricolma di gioia».

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5 Settembre 2019 | 11:47
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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