Ticino e Grigionitaliano

Svizzera: quelle cinque «prime donne» uscite dal mondo cattolico

«Sento una grande gratitudine per queste donne coraggiose, in particolare per quelle ticinesi», ci dice Chiara Simoneschi-Cortesi, per dodici anni attiva in politica a livello cantonale e federale, fondatrice dell’«Associazione donne PPD» e prima donna ticinese a diventare presidente del Consiglio nazionale della Svizzera. Le sue parole esprimono la sua riconoscenza per le donne grazie a cui, il 7 febbraio del 1971, gli uomini del nostro Paese accordarono alle donne il diritto di voto e di eleggibilità. Una decisone presa 53 anni dopo la Germania, 52 dopo l’Austria, 27 dopo la Francia e 26 dopo l’Italia. Fu il 65% degli uomini ad esserne convinto. Solo dodici anni prima, nel 1959 la richiesta fu respinta dal 66,9% degli uomini e accolta favorevolmente solo dei cantoni di Ginevra, Neuchâtel e Vaud. Quest’ultimo fu il primo cantone ad introdurre il suffragio femminile a livello cantonale e comunale. Seguito, lo stesso anno, da Neuchâtel e nel 1960 da Ginevra. Nel 1966 fu poi la volta di Basilea- Città (primo cantone della Svizzera tedesca). Il Ticino, seguirà il 19 ottobre del 1969, allorché il 63% degli uomini andati alle urne, accoglierà l’istanza. E così, mentre nell’autunno del 1971 svizzere e svizzeri eleggono in parlamento le prime dieci consigliere nazionali e una consigliera agli stati -bisognerà attendere, fino al 1984 per avere la prima donna in Consiglio federalein Ticino vengono elette in Gran Consiglio le prime undici donne: cinque per il PLR ( tra le quali Alice Moretti, unica ancora in vita), una per il PST e infine per il PPD: Dionigia Duchini (1909-2006), Ersilia Fossati ( 1921-1999), Rosita Genardini (1916-1995), Rosita Mattei ( 1919- 1998) e Ilda Rossi ( 1922-2018). Una generazione di donne cattoliche, nubili (solo Mattei era sposata), impegnate professionalmente, chi nell’insegnamento, chi in ambito sociale e tutte figure di primo piano nell’associazionismo cattolico: Rossi, Generadini e Duchini tra le fila dell’Unione Femminile Cattolica Ticinese; Mattei e Fossati militanti per la causa femminile. E fu proprio questo loro spendersi fuori delle mura domestiche, nelle parrocchie e sul terreno, a procurar loro quell’ampia base di relazioni necessarie per portarle a ricoprire quei primi ruoli politici che la votazione del ’69 e quella del ’71, permetterà loro di assumere. Quando all’inizio degli anni ’80, per loro arrivò il momento di ritirarsi dalla politica attiva, il clima era cambiato.
«L’entusiasmo di quei primi anni appassionati, che aveva animato queste pioniere» racconta Chiara Simoneschi-Cortesi, «era venuto un po’ meno. Tanto che, nelle elezioni cantonali del 1983, il PPD non riuscì a sostituire le cinque donne uscenti, con altrettante nuove entrate». Chiara Simoneschi Cortesi, fa parte di questa seconda generazione di donne ticinesi che contribuirono a fare la storia del nostro Cantone e a rappresentarlo anche a livello federale. Fu Ersilia Fossati ad incoraggiarla, intravedendo nell’allora giovane mamma di Comano, la stoffa di una futura leader politica, che la porterà a militare – per il PPD – dodici anni ai vertici della politica cantonale e nazionale, con l’attenzione costantemente rivolta ai temi relativi alla famiglia, alla parità dei diritti tra uomini e donne e alla formazione professionale.

Quando le chiediamo che cosa le donne hanno portato di nuovo nella politica in questi cinquant’anni di partecipazione attiva, risponde concisa: «Hanno portato quello che le donne sono e quello che conoscono». Personalmente, Chiara Simoneschi-Cortesi nei suoi anni di politica attiva, ha sempre cercato di trovare un’intesa sovrapartitica e trasversale con tutte le donne, per portare avanti cause come il congedo maternità e la formazione continua, che stanno alla base del concetto di parità tra i generi. Che cosa, Chiara Simoneschi-Cortesi, con un occhio rivolto al passato ed uno al futuro, si sente di consigliare ad una giovane che desidera intraprendere la via della politica, oggi. «Innanzi tutto, le sottolineerei l’importanza di essere là dove si prendono le decisioni. Poi le direi di muovere i primi passi a livello comunale, all’interno di un partito, ma anche di un’associazione per farsi conoscere e fare esperienza».

Quali invece, sono le urgenze di questo nostro tempo segnato dalla pandemia: «Sicuramente cercare di capire il cambiamento epocale a cui ci troviamo confrontati. Creando gruppi di lavoro ad hoc per capire quanto è successo e come rispondervi. Capire quali sono e saranno gli effetti della digitalizzazione, che la pandemia ha contribuito ad accelerare. Interrogarsi sui mestieri che scompariranno e immaginare le nuove figure professionali necessarie. Sostenere le famiglie, le aziende. Adeguare i salari e offrire tanta, tanta formazione ai giovani!».

Corinne Zaugg

8 Febbraio 2021 | 06:56
Tempo di lettura: ca. 3 min.
Condividere questo articolo!