Parolin spiega Francesco. Il pensiero del Papa sull'Europa illustrato dal suo primo collaboratore

Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, ha tenuto il 27 ottobre un discorso dinnanzi ai partecipanti al «Dialogo» sull’Europa, promosso dalla Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea in collaborazione con la Santa Sede.

L’intera allocuzione del primo collaboratore di Bergoglio è stata intessuta di citazioni del pensiero del Papa, componendo un quadro abbastanza esauriente del pensiero di Bergoglio sulla attuale situazione dell’Europa. Il cardinale ha esordito affermando che la riflessione del Papa era stata sollecitata dalle «spinte disgregatrici» che oggi si manifestano nel nostro Continente, tra cui ha citato espressamente «l’esito del referendum britannico».

Parolin ha preso le mosse dai quattro principi, enunciati nella «Evangelii Gaudium», «che orientano specificamente lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune».

«Il tempo è superiore allo spazio»

Non si deve puntare ad «ottenere risultati immediati che producano una rendita facile, rapida ed effimera, ma che non costruiscono la pienezza umana».

Qui Parolin ha anticipato quanto detto in seguito dallo stesso Bergoglio ai partecipanti al convegno, quando ha denunciato come proprio così trovino «terreno fertile in molti Paesi le formazioni estremiste e populiste che fanno della protesta il cuore del loro messaggio politico, senza tuttavia offrire l’alternativa di un progetto costruttivo».

Non capita sovente che la massima Autorità della Chiesa critichi una parte politica chiamandola con il suo nome e cognome: se il Papa attacca frontalmente il populismo diffuso in Europa, e che nel nostro Continente esprime una cultura politica chiaramente di destra, lo fa in primo luogo perché in si ravvisa in questa tendenza soltanto una tendenza «destruens», e non una «construens», ma anche in quanto la sua demagogia abbassa il livello del dibattito pubblico, allontanandola dalla promozione di quella che Bergoglio definisce come «pienezza umana»: contraddistinta dall’uso della ragione e della cultura, mediante le quali si possono approfondire i problemi senza semplificarli, ricercando soluzioni adeguate, non apparenti e demagogiche.

«L’unità prevale sul conflitto»

La divisione può essere conseguenza dell’affermazione di una verità, ma non deve mai essere lo scopo da perseguire: occorre invece ricercare il massimo di unità di intenti, come fecero i promotori del disegno unitario dell’Europa.

La loro intuizione fondamentale fu che i diversi Paesi del Continente, mettendo in comune le risorse economiche, avrebbero eliminato i motivi dei conflitti del passato.

Al di là di questo, essi agirono quali uomini di buona volontà, che sempre sono portati a ricercare una intesa.

«Il tutto è superiore alla parte»

Il tutto non è semplicemente il risultato di una addizione, ma costituisce piuttosto il raggiungimento di una sintesi.

Se si collabora, il frutto del lavoro comune è superiore a quello che si può ottenere agendo individualmente: si giunge però alla sintesi quando però la cooperazione offre l’occasione di un dialogo.

Se dunque la somma è quantitativa, la sintesi è qualitativa, costituisce una realtà nuova nella sostanza, come avviene per due individui che ne generano un terzo, distinto dall’uno e dall’altro, destinato ad avere vita propria.

Soprattutto qui, l’Europa ha mancato di compiere le aspettative dei suoi fiondatori: essi partivano certamente dalla collaborazione in economia, ma ambivano a promuovere un’etica condivisa, una nuova cultura, una spiritualità comune e più alta: essi – dice il Papa, citato dal Segretario di Stato – «ci ricordano che l’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire. Essa è una vita, un modio di concepire l’uomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile».

Molti osservatori hanno rilevato che dai grandi ideali del Manifesto di Ventotene, l’Europa è decaduta al livello di un Ente regolatore, che si immiserisce nella meschinità dei regolamenti in materia di lattine dell’olio, di cucine dei ristoranti e di specie di tonno.

Questa tendenza a smarrire i principi, perdendosi nei dettagli più insignificanti significa che ci siamo allontanati dalla stessa ricerca della conciliazione degli interessi: se siamo arrivati a litigare sui centesimi, siamo sempre più lontani non soltanto da una vera unità, ma perfino da un minimo di reciproca fiducia.

Anziché avvicinarsi alle aspirazione dei cittadini ed al loro sentire comune, ci se ne è sempre più allontanati.

E’ proprio l’Europa dei burocrati quella che i cittadini non comprendono, e tendono dunque a respingere: il Cardinale Parolin ammonisce che solo partendo «dal vissuto quotidiano delle persone» si può puntare «ad avere uno sguardo lungimirante sul futuro»; se ci si limita «a identificare soluzioni immediate a problemi contingenti» non si è più «in grado di indicare un discorso prospettico».

L’Europa unita, secondo il Papa, non è stata in grado «di dare alla luce un nuovo umanesimo» perché non ha avuto «la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare».

La capacità di integrare si manifesta nella chiusura verso le altre identità, verso gli immigrati, verso una società multiculturale.

L’Europa si è formata ricevendo nel corso della sua storia contributi esterni, accogliendo nuove popolazioni, realizzando una sintesi di correnti di pensiero provenienti dal di fuori.

FaroDiRoma – Mario Castellano

 

2 Novembre 2017 | 12:00
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