Papa e Vaticano

Papa Francesco: la sinodalità non è una moda, ma ascolto autentico dello Spirito

In occasione della sessione plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina, Papa Francesco in un video messaggio torna a parlare di «comunione» e «partecipazione». Il cuore del suo discorso è il percorso sinodale, attraverso il quale si tratta di dare «nuovo impulso dando ascolto e spazio allo Spirito Santo».

In ascolto dello Spirito

L’importante, in questo percorso – precisa il Papa – è lasciare spazio al soffio dello Spirito, senza avere la presunzione di sapere tutto prima. Papa Francesco dichiara a questo proposito di essere «allergico al pensiero completo e chiuso». Senza questa apertura allo Spirito, «il dono non ci educa perché non può entrare nel cuore». Perché esso non si impone ma vuole entrare con dolcezza. L’invito del Papa è quindi a far agire questo dono dello Spirito, che è imprevedibile e ci sorprende sempre, gratuito e immeritato. Guardando alla Pentecoste, il Papa avverte che non si tratta di un evento confinato al passato, poiché lo Spirito (il «Grande Sconosciuto») è sempre contemporaneo. Quando per ‘conoscenza chiusa’ o per ambizione pensiamo di dominare tutto – sottolinea ancora – cadiamo facilmente nella tentazione del controllo totale, di occupare spazi, di raggiungere la rilevanza superficiale di chi vuole essere il protagonista centrale come in un telefilm. Invece bisogna aprire processi. Francesco ammette che all’inizio lo Spirito crea «un certo disordine» e, a questo proposito, suggerisce di immaginare ciò che accadde la mattina di Pentecoste quando i testimoni arrivarono a pensare di trovarsi tra ubriachi. Ma poi, citando San Basilio, «è armonia».

La sinodalità non è una moda organizzativa 

Il Papa mette in luce anche la dimensione eucaristica alla base di una autentica sinodalità.

Senza questa matrice, la nostra partecipazione sarebbe quella di «un mero parlamentarismo», mentre si tratta di «un gesto di comunione ecclesiale che cerca di mettersi in moto. Tutti i battezzati sono synodoi, amici che accompagnano il Signore nel suo viaggio». 

La sinodalità «non è una moda organizzativa o un progetto di reinvenzione umana del popolo di Dio – afferma ancora il Papa – è la dimensione dinamica e storica della comunione ecclesiale fondata sulla comunione trinitaria che, apprezzando contemporaneamente il sensus fidei di tutto il popolo santo di Dio, la collegialità apostolica e l’unità con il Successore di Pietro, deve animare la conversione e la riforma della Chiesa ad ogni livello».

La Chiesa non è una dogana che controlla

Da queste premesse e puntualizzazioni, emerge l’invito affiché la Commissione per l’America Latina – continente a cui il Papa argentino guarda con particolare affetto e attenzione – sia una diaconia che aiuta i vari dicasteri ad agire in modo sinergico e a comprendere meglio la realtà sociale ed ecclesiale della regione. Non va intesa come una «dogana che controlla. Cose dell’America Latina o della dimensione ispanica di Canada e Stati Uniti, no». Deve invece favorire la peculiare identità e fraternità che le nazioni dell’America Latina vivono. 

Guardiamoci dal clericalismo e dal protagonismo personale

Tornando allo Spirito Santo, è lui che deve essere il protagonista – scandisce Francesco – non noi. Nel quadro della riforma della Curia, il Papa auspica che l’organismo della CAL generi «nuove dinamiche e a disinstallare alcuni dei nostri usi e costumi clericali». Ricorda che il clericalismo è una perversione «quietista».

«La comunione senza sinodalità – insiste – può facilmente prestarsi a una certa fissità e centralismo indesiderati».

E arriva a dire: «La sinodalità senza comunione può diventare populismo ecclesiastico».

Invita, infine, a vivere con più intensità la comunione ecclesiale nella diversità di carismi, vocazioni e ministeri, guardandosi dai protagonismi individualistici, per impegnarsi a «favorire processi che permettano al popolo di Dio, che cammina nella storia, di partecipare di più e meglio alla responsabilità comune che tutti abbiamo di essere Chiesa». Perché – conclude – «siamo tutti popolo di Dio. Siamo tutti discepoli chiamati a imparare e a seguire il Signore.

Siamo tutti corresponsabili del bene comune e della santità della Chiesa».

VaticanNews/red

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27 Maggio 2022 | 11:38
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