Papa e Vaticano

Papa all'Angelus: «Restiamo inquieti davanti alla guerra»

Desidero rivolgermi alle popolazioni e alle autorità della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan: con grande dispiacere, a causa dei problemi alla gamba, ho dovuto rinviare la mia visita nei vostri Paesi programmata per i primi di luglio. Provo davvero un grande rammarico per aver dovuto rinviare il viaggio a cui tengo moltissimo. Vi chiedo scusa». Lo ha detto Papa Francesco al termine dell’Angelus. «Preghiamo perché con l’aiuto di Dio e delle cure mediche io possa venire al più presto: siamo fiduciosi», ha aggiunto, senza fare cenno ai venti di guerra che ricominciano a soffiare con grande forza in Congo, coinvolgendo il vicino Rwanda.

Il Papa non ha dimenticato invece la tragedia dell’Ucraina. «E’ sempre vivo nel mio cuore – ha affermato – il pensiero per la popolazione ucraina afflitta dalla guerra. Il tempo che passa non raffreddi il nostro dolore e la nostra preoccupazione per quella gente martoriata. Per favore non abituiamoci a questa tragica realtà: teniamola sempre nel cuore».

Con la stessa angoscia il Papa ha qyundi ricordato che «oggi è la giornata mondiale contro il lavoro minorile. Impegniamoci tutti per eliminare questa piaga, perché nessun bambino e bambina sia privato dei suoi diritti fondamentali e costretto a lavorare. Quella dei minori sfruttati per lavoro è una realtà drammatica che ci interpella tutti».

E’ difficile condividere quello che si possiede con gli altri e parlando si tende sempre a parlare di sè, ha sotttolineato Francesco nella catechesi che ha preceduto la preghiera dell’Angelus, commentando il Vangelo di oggi, solennità della Santissima Trinità. Nel presentare le altre due persone divine, spiega Francesco, Gesù ci dice che «lo Spirito Santo parla, ma non di sé stesso: annuncia Gesù e rivela il Padre. E che il Padre, il quale tutto possiede, perché è l’origine di ogni cosa, dà al Figlio tutto quello che possiede: non trattiene nulla per sé e si dona interamente al Figlio». Da qui il monito: «ora guardiamo a noi, a ciò di cui parliamo e a quello che possediamo. Quando parliamo, sempre vogliamo che si dica bene di noi e spesso parliamo solo di noi stessi e di quello che facciamo. Quanta differenza rispetto allo Spirito Santo, che parla annunciando gli altri! E, circa quello che possediamo, quanto ne siamo gelosi e quanta fatica facciamo a condividerlo con gli altri, anche con chi manca del necessario! A parole è facile, ma poi in pratica è molto difficile». «Ecco allora che festeggiare la Santissima Trinità non è tanto un esercizio teologico, ma una rivoluzione del nostro modo di vivere. Dio, nel quale ogni Persona vive per l’altra, non per sé stessa, ci provoca a vivere con gli altri e per gli altri».

«Non siamo isole, siamo al mondo per vivere a immagine din Dio: aperti, bisognosi degli altri e bisognosi di aiutare gli altri», ha spiegato Francesco che ha domandato alla folla di piazza San Pietro: «Cosa vuol dire amare? Non solo volere bene e fare del bene, ma prima ancora, alla radice, accogliere gli altri, fare posto agli altri, dare spazio agli altri».

Occorre, ha esortato, porsi «una domanda: nella vita di tutti i giorni sono anch’io un riflesso della Trinità? Il segno di croce che faccio ogni giorno rimane un gesto fine a sé stesso o ispira il mio modo di parlare, di incontrare, di rispondere, di giudicare, di perdonare?». «Pensiamo ai nomi delle Persone divine, che pronunciamo ogni volta che facciamo il segno della croce: in ciascun nome c’è la presenza dell’altro. Il Padre, ad esempio, non sarebbe tale senza il Figlio; così pure il Figlio non può essere pensato da solo, ma sempre come Figlio del Padre. E lo Spirito Santo, a sua volta, è Spirito del Padre e del Figlio. In breve – ha poi concluso – la Trinità ci insegna, che non si può mai stare senza l’altro».

Fonte: farodiroma

12 Giugno 2022 | 13:00
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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