Padre Mauro jöhri e papa Francesco.
Ticino e Grigionitaliano

Padre Jöhri su Bergoglio: «Un uomo capace di ascoltare e di parlare al mondo intero»

di Federico Anzini e Gioele Anni

Incontriamo fra Mauro Jöhri di Bivio a dieci anni dall’elezione di papa Francesco. Fra Mauro, grigionese, radicato in Ticino, conosce Bergoglio dai tempi in cui quest’ultimo era arcivescovo di Buenos Aires. Successivamente ha avuto occasione di incontrarlo diverse volte nell’ambito del ruolo che il frate svizzero ha ricoperto come Superiore generale dell’Ordine dei cappuccini. A 10 anni da quel 13 marzo 2023 torniamo sulle prime impressioni di quella storica serata di primavera. «Ho provato una grandissima emozione – ci racconta fra Mauro – mi è venuto quasi da piangere per almeno due cose. Prima di tutto perché un religioso era salito sul soglio di Pietro (Bergoglio è gesuita, ndr). E poi per come ci ha salutato. Quel «buonasera» per me è stata la conferma che stava arrivando uno stile nuovo nella Chiesa».

Fra Mauro, qual è secondo lei, il messaggio che sta dietro la scelta del nome «Francesco»?
Credo soprattutto la visione di una Chiesa semplice e povera e poi l’attenzione al Creato, alla «casa comune». In particolare, questo si vede nell’enciclica Fratelli tutti, dove il Papa cita numerose volte San Francesco. Si capisce che il Pontefice vuole riproporre la figura del santo d’Assisi e il suo carisma universale.

Come ha visto realizzare le sue attese in questi dieci anni?
Avevo delle aspettative riguardo i nostri ordini religiosi francescani, in particolare auspicavo che i frati non
sacerdoti potessero accedere a tutte le cariche. Ne ho parlato con lui, non è andato subito in porto, però so che le riforme si sono realizzate. Ho trovato una gran comprensione, Francesco è una persona che ti ascolta, che non ti dà mai l’impressione di avere fretta ed è capace di parlare con tutti, di parlare al mondo. E poi però mi sorprende il fatto che ci sono molti nella Chiesa che fanno fatica ad accoglierlo o addirittura che lo avversano. Alcuni affermavano: «non è il nostro Papa, il nostro Papa è Benedetto». Adesso che Benedetto è morto spero che diventi veramente il Papa di tutti.

Come valuta la contrapposizione di taluni nella Chiesa cattolica tra Francesco e Benedetto XVI?
Questa contrapposizione mi fa molto male. Se guardiamo la Chiesa in Occidente stiamo osservando una parabola discendente e la mia percezione vale anche per la Svizzera. È chiaro che dentro questa situazione ci si chiede come andare avanti. Mi sembra che le opzioni fondamentalmente siano due. La prima è quella di cercare di tenere stretto tutto quello che si ha, mantenere un’identità forte, ancorata alla tradizione. L’altra possibilità è quella di tentare di dialogare con il mondo, con il tempo che viviamo, adattando le forme. Io auspico questo dialogo, perché credo sia l’unica valida opzione di fronte alla constante diminuzione di fedeli, alla disaffezione nei confronti della Chiesa e in generale al messaggio cristiano.

Rispetto al magistero di Francesco di questi dieci anni, cosa ricorda in particolare?
Sicuramente la prima esortazione apostolica, l’Evangelii Gaudium, dove Francesco auspica un ritorno alla
freschezza del Vangelo, perché in fondo, nel passato, abbiamo avuto tanta morale, tanti imperativi – devi fare così, non puoi fare quest’altro – e invece il Vangelo ha una sua immediatezza e questo lo si sente anche nelle omelie del Papa. Questo a me ha fatto, e continua a fare, un gran bene.

Per la Chiesa in Svizzera, per noi europei, cosa ci spiazza di questo pontificato?
A mio avviso questo Papa è pienamente cattolico, non ha cambiato nulla dei contenuti della fede, però la sta vivendo in maniera nuova, con uno stile molto gioviale, cioè ti fa vedere che non c’è bisogno di cambiare tutto per essere un uomo di oggi.

Secondo lei la Chiesa cattolica in Ticino sta recependo il magistero di Francesco?
In Ticino a me pare che papa Francesco sia stimato e amato in particolare per la sua spontaneità e per la chiarezza di quello che dice. Quando – per esempio – ha convocato il movimento di Comunione e liberazione a Roma, molti ticinesi sono andati e sono tornati contenti e edificati da questo incontro.

Su quali aspetti del magistero del Papa è ancora necessario lavorare in Svizzera?
Secondo me, bisogna lavorare sulla questione degli abusi e il Papa ha dato delle direttive molto chiare.
Bisogna poi approfondire la questione di come rinnovare il cristianesimo, come renderlo qualcosa di centrale per la nostra vita, qualcosa di cui non vergognarsi. La Chiesa in Svizzera sta affrontando questioni importanti come il celibato dei preti e l’ordinazione delle donne, però credo che, al di là di questi temi, bisogna riscoprire la bellezza della fede.

Padre Mauro jöhri e papa Francesco.
13 Marzo 2023 | 06:55
Tempo di lettura: ca. 3 min.
Condividere questo articolo!