Ticino e Grigionitaliano

Lugano: «Donne spirituali, individui moderni». La cronaca della serata

«La Diocesi di Lugano conta oggi sei Ordini monastici sul suo territorio, per un totale di 57 religiose, cui si aggiungono 20 Congregazioni religiose, un istituto secolare e tre aderenti all’Ordo virginum. Il totale, quindi, è di 232 religiose». Dati, che, secondo Luca Montagner, addetto stampa della Diocesi di Lugano, intervenuto lo scorso 19 agosto nell’ambito della serata «Donne spirituali – Individui moderni», organizzata dalle Biblioteche cantonali ticinesi per la rassegna Chilometro Zero, necessitano di una interpretazione «antropologica e sociologica»: «Nonostante sia questo il numero di religiose in diocesi sia notevole, va constatato che da quando mons. Valerio Lazzeri è stato eletto alla Cattedra di Lugano, non si sono contate più vocazioni femminili autoctone. Uno dei motivi, potremmo presupporre, è la paura delle nuove generazioni ad assumersi un impegno, come la vocazione religiosa ma anche il matrimonio, che sia «per sempre». Inoltre, gli attuali mezzi a disposizione della Chiesa sembrano essere non più sufficienti per dialogare con le nuove generazioni. Certo, questa è una difficoltà, ma al contempo una sfida che sono chiamati ad affrontare non solo le religiose, ma anche i sacerdoti e i laici attivi nella pastorale. Proprio a questo riguardo, visto che ogni sfida richiede almeno un tentativo di risposta, prossimamente, dal 29 al 31 agosto, la Diocesi di Lugano ha organizzato un’Assemblea diocesana per i presbiteri: una tre giorni di corsi, workshop e conferenze sulla figura del sacerdote oggi. Perché, alla fine dei conti, dialogare e imparare a comunicare restano un aspetto fondamentale».

Alla voce di Montagner si è quindi unita quella del prof. Querciolo Mazzonis, esperto di storia della Chiesa in età moderna, per un excursus storico sulle forme di religiosità femminile del passato. «La storiografia – ha esordito il prof. Mazzonis – si è spesso chiesta se, nei confronti delle donne, il Cristianesimo fu causa di oppressione o se offrì opportunità di affermazione. La risposta è complessa. Se non vi è dubbio che la Chiesa (come il resto della società) ha considerato le donne come inferiori, le ha escluse dalla carriera ecclesiastica e dall’amministrazione dei sacramenti, ha cercato di controllarle attraverso vescovi e confessori,

è però anche indiscutibile che tra il XII e la fine del XVII secolo, le donne devote, e in particolare le mistiche italiane, furono un tipo di donna potente, indipendente, immersa nella vita pubblica, persino dotata di autorità politica, morale, spirituale e teologica».

Nel Medioevo, ciò avveniva per una particolare lettura della figura femminile, e anche del suo corpo: «La religiosità femminile nasce nel medioevo, in relazione a una sorta di democratizzazione del rapporto con Dio, data sia dalla crisi Chiesa e sia dalla volontà dei laici di riappropriarsi del sacro. Le donne poterono partecipare a questa religiosità per due ragioni. Primo, perché molti teologi sostenevano che la femminilità fosse più soggetta all’invasione del trascendente e quindi più adatta all’unione mistica. Secondo, perché le donne erano considerate più adatte a rappresentare la corporalità di Cristo, data l’importanza del corpo per l’identità femminile. Tanto che lo stesso corpo di Cristo poteva essere visto come un corpo femminile, che svolgeva funzioni materne: nutre i fedeli con il corpo eucaristico, dà la vita (eterna), sanguina e si sacrifica. In tale contesto nacquero anche movimenti di donne che seguivano questa religiosità e che vivevano in casa o in comunità informali anziché in convento, come le terziarie e le bizzoche in Italia e le beghine nell’Europa del Nord. Erano indipendenti dalla Chiesa, non davano peso ad elementi istituzionali, come le gerarchie, le regole, l’abito, ma vivevano in preghiera, penitenza, facendo opere di carità e alcune di loro erano mistiche e scrivevano trattati».

Fino al Quattrocento, quando si impongono nuovi modelli di santità, che influenzano anche le donne nelle loro scelte religiose: «A partire dal XV secolo nuove correnti spirituali come la Devotio Moderna, l’Osservanza e l’Umanesimo, rifacendosi alle fonti del Cristianesimo e ai Padri greci, portarono alla ribalta una nuova concezione della vita cristiana che metteva al centro la virtù e l’interiorità. Le forme di devozione esteriori, come la penitenza fisica e i riti della Chiesa, avevano un ruolo marginale, mentre l’avvicinamento a Dio e la perfezione erano dati dalla battaglia contro i vizi, come l’amor proprio, la superbia, l’ira o la pigrizia, e l’acquisizione delle virtù dell’umiltà e della carità, fino al raggiungimento della divinizzazione personale e dell’unione mistica».

Alcune donne furono protagoniste all’interno di questa corrente; tra queste le Orsoline, fondate da Angela Merici nel 1535: «Le Orsoline, come le Bizzoche e le beghine medievali, vivevano nelle proprie case, senza voti e senza abito specifico, pur assumendo l’identità delle «Sposa di Cristo», identità fino a quel momento riservata alle monache. Senza l’obbligo di una vita comune, potevano scegliere dove vivere e come vivere sia la loro vita spirituale sia quella quotidiana.  La Compagnia, inoltre, rendeva le donne indipendenti dall’autorità maschile: il governo e la direzione spirituale erano esercitate da donne e la Compagnia non era sottoposta all’autorità ecclesiastica o del confessore. Infine, le Orsoline erano indipendenti anche dal punto di vista economico, in quanto potevano disporre liberamente dei loro beni e la Compagnia prevedeva forme di aiuto e persino sostegno legale.

Così queste donne potevano esprimere la propria soggettività, diventavano padrone del proprio destino e potevano assumere una certa visibilità pubblica e persino autorità».

La Compagnia fondata dalla Merici permise così di superare le molte limitazioni che la società poneva alle donne comuni e di affermare l’autorità femminile all’interno della comunità. Destino analogamente toccato alle religiose di fine Cinquecento che avevano vissuto esperienze mistiche, come spiegato, nell’intervento successivo al prof. Mazzonis, da Laura Quadri, ricercatrice presso l’Istituto di Studi italiani dell’Università della Svizzera italiana: «La storiografia ha spesso valutato l’obbligo della clausura per le comunità monastiche, reintrodotto con il Concilio di Trento, come una limitazione al potere espressivo delle religiose. Ma i fatti ci raccontano qualcosa di diverso. Pur essendo nate in un contesto di stretta clausura, la parola e la scrittura di queste religiose non furono meno incisive. Valicarono il confine stretto dalla clausura per essere lette e conosciute da tutti. Lo dimostra bene il caso della fiorentina Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, le cui Estasi verranno riedite molteplici volte nel Seicento. Maddalena, oltre che una mistica, è una grande teologa. Riflette, ad esempio, in svariate pagine della sua opera, sul potere della Misericordia, facendo sì che la divulgazione di questi testi contribuisca al dibattito con le grandi eresie del secolo, il Quietismo e il Giansenismo. Nel 1666, tutta la sua Opera verrà tradotta in latino, lingua ufficiale della Chiesa e segno di quanto si desiderasse che il suo pensiero venisse conosciuto e divulgato. Nel 1669, a meno di 70 anni dalla morte, è dichiarata Santa. Si occupano di lei figure del calibro di Paolo Segneri, il più noto gesuita del Seicento, e Ludovico Antonio Muratori, uno dei più grandi pensatori cristiani dell’inizio del Settecento. Non da ultimo, si ispirano a Maddalena anche importanti piani di riforma, ad esempio il progetto di riforma del Carmelo francese. Fatti comprovati e recepiti sin dai primi lettori delle sue Estasi che senza indugio la definiscono la S. Teresa «italiana»».

Per approfondire:

Querciolo Mazzonis, Riforme di vita cristiana nel Cinquecento italiano, Rubettino, 2020.

Laura Quadri, Una fabula mystica nel Seicento italiano: Maria Maddalena de’ Pazzi e le Estasi (1609-1611), Olschki, 2020.

L.Q.

26 Agosto 2022 | 07:20
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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