Eurovisione dalla parrocchiale di Giubiasco (15 agosto 2022)
Ticino e Grigionitaliano

Mons. Zanini alla Messa in Eurovisione da Giubiasco per l'Assunta: «Il sapore dell'eternità ci fa essere più concreti nel quotidiano»

La Chiesa di Santa Maria Assunta a Giubiasco con il parroco don Pablo, il responsabile dell’ufficio liturgico don Emanuele Di Marco, i fedeli della comunità parrocchiale, il vicario generale della Diocesi di Lugano Nicola Zanini, che ha presieduto l’Eucaristia e predicato e tre cori del Cantone diretti da Michele Tamagni sono stati l’anima della bella celebrazione mandata in onda in Eurovisione dalla RSI in occasione della festa del 15 agosto 2022 dalla parrocchiale del Borgo. Una Messa celebrata e vissuta intensamente dai partecipanti. Qui vi proponiamo l’omelia pronunciata dal vicario generale mons. Zanini.

«Nel pieno dell’estate, quando, spinti dal tempo libero delle vacanze, badiamo giustamente di più a noi stessi e ci distraiamo dalla nostra quotidianità del lavoro, con la Chiesa celebriamo la Pasqua di Maria. Solennità che ben s’inserisce in questo tempo, perché dischiude per il nostro cammino spesso faticoso una prospettiva «rigenerante». La liturgia ci porta oggi con forza a sollevare gli occhi e l’attenzione in alto, nel cielo eterno, dove Maria è assunta «in anima e corpo». Nella preghiera iniziale, prima di ascoltare la Parola di Dio, abbiamo cantato: «fa’ (o Signore) che viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni.

È il primo bagliore che ci viene donato in questa Solennità: indirizzare i nostri passi ad una meta, i beni eterni; e quella meta desiderare! Søren Kierkegaard, filosofo danese, profondo conoscitore dell’animo umano e onesto uomo di fede, sosteneva che la cosa che più manca a questo nostro tempo è l’eterno. È un po’ come una nave in crociera, – spiega Kierkegaard – sulla quale i passeggeri, avendo smarrito la memoria della loro destinazione, non riescono ad ascoltare nessun’altra voce se non quella che annuncia continuamente il menù della giornata. Ha un bel da dire il capitano della nave sulle indicazioni della rotta: niente da fare, l’unica cosa cui sono interessati i passeggeri è il cibo e lo svago a bordo. Non è forse ciò che capita anche a noi? Arrischiamo di smarrire la prospettiva della meta ultima e finiamo per ripiegare su scelte che hanno il fiato corto e miopi, legate al «qui e ora». Per questo il nostro cammino diventa faticoso, in cui il drago rosso presentatoci nel libro dell’Apocalisse sembra vincitore.

Oggi, nel contemplare Maria assunta in cielo, è come se fossimo portati sulla soglia della porta dell’eternità e i nostri occhi riescono a sbirciare qualcosa dell’eterno. E così siamo aiutati a non perdere l’orizzonte della meta che ci sta davanti, per vivere il tempo che ci è donato nella dedizione, nella fiducia e nella speranza. Siamo spinti a non smarrire la bellezza e il fine per cui siamo fatti, così da non essere catturati e imprigionati da ciò che è passeggero. La destinazione verso cui siamo incamminati e che oggi ci è ancora una volta dischiusa, ci dona forza e speranza, perché ci fa scoprire che nulla e nessuno può colmare la nostra sete di grandezza, se non il Dio della vita per sempre. Ancora una volta, ci viene detto con il Magnificat, nessuno è talmente piccolo da essere irrilevante e nessuno può sentirsi così vile da non conoscere misericordia e perdono.

Carissimi, non smarriamo l’approdo da raggiungere! La vita non può mai essere un pellegrinaggio senza meta o una navigazione senza porto. E siamone certi: nessun drago rosso sarà vincitore, perché come ci ha annunciato Giovanni nella prima lettura «si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo«.

Lo sguardo verso l’alto a cui ci guida l’Assunta, è pure provvidenzialmente e paradossalmente condotto oggi verso il basso. Siamo invitati ad alzare lo sguardo al cielo per avere sapore di eternità, di salvezza e di speranza, anche per apprezzare maggiormente la nostra vita, la nostra terra, giardino creato per tutti noi. Ci eleviamo a Dio per onorare l’uomo e la donna, nella loro interezza: anima e corpo.

Troppe volte ascoltiamo e leggiamo il Vangelo come un messaggio di salvezza per l’anima, a scapito del corpo. Ma non dev’essere così. Noi oggi celebriamo Maria, che ora è in cielo, con l’anima e col corpo. Proprio come è ognuno di noi ora, fatti di anima e corpo. E così lo saremo ancora, trasfigurati, nell’eternità. Ce lo suggerisce chiaramente il Prefazio di questa liturgia: «oggi la Vergine Maria, Madre di Dio, è stata assunta in cielo…come primizia e immagine della Chiesa«.

Siamo dunque grati per la Solennità dell’Assunzione! Essa, in un certo senso, costituisce una delle prove più rassicuranti della credibilità del cristianesimo e del mistero grande dell’Incarnazione: la vita divina che è un tutt’uno con la vita corporale. Vuol dire che questa vita che trascorriamo, pur faticosa e insidiata «dalle sette teste del drago rosso» della guerra, della fame, della sofferenza per una persona cara malata o per una divisione in famiglia, questa nostra vita – dicevo – seppur faticosa, ha la possibilità di essere vita pienamente umana, perché in essa risplende il divino. E il divino e l’eterno che c’è in noi è tutt’altro che invisibile: diventa percettibile e concreto nei tratti personalissimi del nostro corpo. L’anima di una persona, infatti, non la si vede se non dai suoi occhi, dal modo che ella ha, unico, di muovere le mani, dalla cadenza inconfondibile della voce, dal modo di esprimersi con le labbra. In una parola: dal corpo. Sì, l’anima si «vede» dal corpo. Ognuno di noi ha ricordi di persone care, che con il loro porsi sono state per noi, diciamo popolarmente «anime belle». Come quel corpo di Maria che si mise in viaggio verso la cugina Elisabetta e che canta «L’anima mia magnifica il Signore». Un’anima fatta di voce che fa sussultare Giovanni nel grembo di Elisabetta, un’anima che diventa concreta negli sguardi capaci di misericordia, di umiltà, di memoria, di gratitudine. Un’anima, anch’essa, trafitta da una spada, come ricorderà il vecchio Simeone a Maria: il dolore per lo smarrimento del Figlio, la sofferenza del suo chiedersi «che senso avessero» alcune cose, il suo stare sotto la Croce. Ma la vita, anima e corpo, è vincitrice, in Maria e in noi, perché sulla Croce l’ultimo nemico ad essere annientato è stata la morte, ci ha ripetuto san Paolo nella seconda lettura, e la risurrezione della carne, che professiamo nella fede, germoglia dal medesimo legno della Croce.

È davvero un grande mistero il corpo, perché esprime l’anima: si forma, impercettibile e misterioso, nell’utero di nostra madre; si sviluppa e cresce; affascina ed attrae da diventare corpo amante e amato; gioisce ma anche si intristisce, si ammala per poi decadere e consumarsi. Di fronte al procedere inesorabile del corpo – che coincide con il nostro cammino terreno – rimarremmo cinicamente sconsolati, se non avessimo la speranza annunciata in questa Solennità: la nostra bella fede che ci assicura una meta, la vita eterna, anche col nostro corpo, in una verità che, per noi oggi è ancora speranza, Ma una speranza certa, perché in Maria, Assunta in Cielo, è già primizia per noi di vita piena ed autentica, con tutti noi stessi. Anima, da far crescere di giorno in giorno attraverso un corpo, icona di Vangelo, come la vita di Maria».

Mons. Zanini durante l’omelia (foto dalla schermo) @catt
L’offertorio della Messa in Eurovisione da Giubiasco @catt
Fedeli alla Messa in Eurovisione dalla parrocchiale di Giubiasco @catt
Una dei cori che ha animato (foto da schermo) @catt
Eurovisione dalla parrocchiale di Giubiasco (15 agosto 2022)
15 Agosto 2022 | 14:58
Tempo di lettura: ca. 4 min.
eurovisione (13), giubiasco (9), RSI LA1 (8), svizzera (540), ticino (902)
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