Il vescovo Lazzeri
Ticino e Grigionitaliano

Mons. Lazzeri: «Credere alla gioia nella tribolazione è il gesto più responsabile che possiamo mettere in atto in ogni momento»

Veglia pasquale in Cattedrale a Lugano con l’accesso ai sacramenti dell’iniziazione cristiana per quattro adulti. Il vescovo Lazzeri all’omelia ha commentato il cuore del vangelo di una veglia, che con la sua ricca simbologia, pone al centro il simbolo della luce. Le donne, narra Luca nel suo Vangelo (Lc 24,1-12), si recano al sepolcro per onorare il corpo di Cristo con unguenti tipici della loro tradizione.  »Capiamo bene queste donne. Quello che manifestano – ha sottolineato il vescovo – è un bisogno umano irrinunciabile: dare significato alle cose, giungere a un’intelligenza del reale, collegare i dati sconcertanti della storia a punti di riferimento più familiari. Proprio qui, però, si fa sentire il limite al quale tutti siamo confrontati. C’è più realtà nel mondo, infatti, di quella che riusciamo a mettere nei nostri ragionamenti. C’è più sostanza negli eventi della nostra vicenda umana di quanto i nostri pensieri riescano a immaginare. E tuttavia la grande scoperta di questa notte è che, nonostante tutto, possiamo vivere umanamente. Non siamo condannati a gettarci alla cieca in una notte senza volto e senza nome. Esiste un itinerario di segni e di testimonianze che ci porta a lasciarci inondare dalla luce di una presenza personale, a essere raggiunti nell’intimo da colui che ci chiama da oltre la morte». Per arrivare a questo, ha sottolineato il vescovo, c’è bisogno di non restare ripiegati su se stessi, ma di levare lo sguardo. Ma c’è anche altro.  

La morte non è l’ultima parola

«C’è un altro punto di vista da adottare. Il conto dei morti, infatti, non torna. La morte- ha proseguito il vescovo di Lugano – non riesce a fare il pareggio tra quelli che ha inghiottito e quelli che è riuscita a trattenere. Da quando Gesù le è sfuggito, è costretta a mettere il suo bottino in un sacco forato. Gesù occorre cercarlo tra i viventi. «Non è qui, è risorto» (Lc 24,6). È un passaggio brusco, una giravolta a cui non siamo abituati. Non ci si arriva con l’accumulo dei dati. È l’azione invisibile dello Spirito Santo a operare il cambiamento di prospettiva». Un cambio che fa tornare alla mente le parole di Gesù, dette in altri momenti: «’Si ricordarono delle sue parole’» (Lc 24,8) e, in un attimo, ecco le donne lasciare il sepolcro alle spalle e puntare dritto ai volti dei fratelli e delle sorelle a cui portare l’annuncio». Eppure, oggi come allora rischia sempre di prevalere il realismo, crudo, della morte, del dolore.

La speranza

«Viviamo una fase complicata e difficile per l’intera umanità – ha proseguito mons. Lazzeri che ha posto l’accento sulla speranza, così definendola: «La speranza che ci sostiene è viva più che mai. È il volto e il nome che possiamo invocare. Il legame più forte della morte, che ci unisce indissolubilmente alla sorgente della vita. Non pretendiamo di possederlo. Alziamoci con Pietro. Corriamo con lui al sepolcro vuoto. Constatiamo insieme l’inutilità dei teli, che giacciono abbandonati. Non lasciamoci ingannare dalla tristezza mortifera, che tenta sempre di imporsi a noi come l’ultima parola. Non dobbiamo avere esitazioni! Credere alla gioia possibile in mezzo alla tribolazione, alla gioia contagiosa e indistruttibile della Pasqua, è il gesto più responsabile, potente ed efficace, che possiamo mettere in atto in ogni momento: combattere così il male e dare a Cristo la possibilità di diffondere, in noi e attorno a noi, il dono prezioso e incomparabile della sua pace»

Omelia integrale di Mons. Vescovo Valerio Lazzeri alla Veglia pasquale

Il vescovo Lazzeri | © @diocesilugano
17 Aprile 2022 | 13:40
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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