Il vescovo Bürcher in Terra Santa ai funerali della giornalista cristiana palestinese uccisa
Svizzera

Mons. Bürcher in Israele condanna l'uccisione della giornalista cattolica palestinese Shiereen Abu Akleh

«Sto bene, grazie a Dio! Sono felice di aver potuto, come Amministratore Apostolico della Diocesi di Coira, servire molte persone, dai giovani agli anziani, in tutte le parti della diocesi, nonostante i due anni di pandemia, e di aver ricevuto una lettera di ringraziamento molto personale dal Vaticano per questo servizio. E ora, come vescovo emerito, sono felice di poter dare un aiuto concreto a cristiani e non cristiani qui in questa Terra Santa piena di difficoltà e di speranze. Soprattutto in questi giorni, sono felice di poter partecipare al Coordinamento Holyland 2022 come rappresentante delle Conferenze episcopali svizzera e nordica. Il tema di quest’anno è: «Gerusalemme, luogo dell’anima»«, queste le considerazioni di mons. Pierre Bürcher, il vescovo svizzero che era stato chiamato dal Papa a reggere la diocesi di Coira dopo la partenza di mons. Huonder e fino alla nomina dell’attuale vescovo J. M. Bonnemain. In questi giorni Bürcher ha preso parte a questo evento in Israele, in rappresentanza anche della CVS.

Mons. Bürcher, qual è il fatto recente in Terra Santa che l’ha toccata di più?

Nei giorni scorsi sono rimasto sconvolto dall’uccisione della giornalista cattolica palestinese Shiereen Abu Akleh a Jenin. La violenza sproporzionata della polizia israeliana, la sua intrusione nel corteo funebre durante la sepoltura, è una violazione delle norme internazionali e del diritto fondamentale al libero esercizio della religione. La giornalista non è purtroppo l’ultima vittima della violenza in Terra Santa. In effetti, è già successo di nuovo…

«Noi», scrive la Commissione Giustizia e Pace di Gerusalemme (16.5.2022), «esprimiamo la nostra preoccupazione per ciò che il futuro ci riserva. Le autorità politiche che decidono il futuro di Israele-Palestina, così come i principali leader della comunità internazionale, non sembrano pronti a riflettere con verità e coraggio su quanto sta accadendo in Terra Santa. Di conseguenza, non possono agire per sradicare le cause di questa violenza. Secondo i dati ufficiali, negli ultimi due mesi sono stati uccisi quarantacinque palestinesi, sedici israeliani e due lavoratori migranti, in quello che è stato descritto come un «nuovo ciclo di violenza». I media hanno ignorato la maggior parte di loro. E la violenza continua…

Hezbollah ha fatto grandi danni in Libano. Qual è la preoccupazione di Israele per un’escalation?

Libano, Siria e Israele non sono purtroppo amici ufficiali! Non molto tempo fa mi trovavo nel nord di Israele e ho sentito chiaramente il fuoco siriano nelle vicinanze. Uno degli obiettivi di Hezbollah è quello di sviare il «nemico» Israele e indebolirlo minacciandolo costantemente da nord. Questo purtroppo dice già molto.

Avete discusso del futuro status di Gerusalemme. Qual è la sua opinione personale: Gerusalemme può diventare la capitale di due Stati?

a) Lo status di Gerusalemme riconosciuto a livello internazionale

La sua domanda era uno degli obiettivi principali del nostro attuale incontro. Se Gerusalemme dovesse diventare la capitale di due Stati, Israele e Palestina, credo che lo status di Gerusalemme stessa dovrebbe essere prima chiarito. La Santa Sede ha più volte sottolineato la necessità di dare a Gerusalemme uno status speciale, riconosciuto a livello internazionale, per garantire il rispetto delle tre religioni monoteiste che conferiscono alla città il suo carattere sacro di Città Santa. Sebbene siano una minoranza tra la popolazione, sempre più cristiani di tutte le Chiese cercano di costruire ponti di comprensione e fratellanza piuttosto che muri. Li abbiamo incontrati. Abbiamo parlato con loro. Abbiamo pregato con loro. Sono edificato.

Gerusalemme deve rimanere il luogo in cui ebrei, cristiani e musulmani continuano a incontrarsi per le strade della Città Santa, ciascuno con le proprie intenzioni e tradizioni, così singolarmente legate le une alle altre. Non è solo sufficiente preservare il carattere storico della città attraverso le sue pietre, ma è anche necessario preservare e promuovere senza esclusività la rete unica di relazioni tra fedi, popoli e culture. La natura di Gerusalemme è quella di includere, non di escludere. Questo è il suo status nel diritto internazionale, alla luce della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ES-10/19 del 21 dicembre 2017. È anche la sua vocazione profetica e il suo fascino universale. Ed è anche la mia opinione personale su questa importante questione che riguarda non solo Israele e la Palestina, ma il mondo intero.

b) La questione della soluzione dei due Stati

Con un po’ di umorismo e senza poter approfondire la questione fondamentale della soluzione dei due Stati, vorrei dire questo: personalmente, non vedo come ciò possa essere possibile, soprattutto nella situazione geografica dell’attuale territorio israelo-palestinese. La costruzione illegale di insediamenti nei territori occupati da Israele è iniziata già nel 1967. Questo territorio è stato suddiviso illegalmente e continua ad esserlo. In Svizzera esistono, tra l’altro, due tipi di formaggio: il Gruyère compatto e l’Emmental con i buchi… Il territorio israelo-palestinese è diventato un Emmental bucherellato a causa degli insediamenti illegali… Come possiamo ora trasformare questi territori bucherellati in due Stati, soprattutto se non possiamo o non vogliamo tornare alla situazione del 1967? Sono scioccato nel vedere come Israele si stia appropriando di terreni e case, anche nella Città Vecchia di Gerusalemme, dove ora sventolano sempre più bandiere israeliane. La Commissione Giustizia e Pace di Gerusalemme scrive: «Va ripetuto con chiarezza inequivocabile: la causa principale e il contesto primario della violenza sono i cinquantacinque anni di occupazione della Palestina».

c) Una proposta utopica?

Un progetto completamente nuovo non potrebbe essere, ad esempio, una confederazione di Stati: Israele, Palestina e Giordania? Una proposta utopica? La Svizzera ha impiegato più di 700 anni per arrivare all’attuale Confederazione elvetica, composta da 26 Stati-cantoni, anch’essi caratterizzati da una grande diversità di culture, tradizioni e religioni.

Con quale messaggio dalla Terra Santa tornerà in Svizzera?

Tornerò presto in Svizzera con un triplice messaggio: la necessità di aiuti di emergenza, speranza e preghiera per la pace e la giustizia. Per me, «aiuti di emergenza» significa, in particolare, non ignorare le grida delle vedove, degli orfani, delle madri e dei padri in lutto e di tutti gli oppressi che vogliono continuare a vivere in Terra Santa. Le parole da sole non bastano più. Hanno bisogno di azione! Hanno tutti urgentemente bisogno del nostro aiuto concreto! Per me la speranza significa soprattutto che le autorità politiche in Israele e Palestina e in tutto il mondo abbiano il coraggio di cercare le vere cause della violenza e non si sottraggano alle loro responsabilità. La guerra è molto brutta! Cristo è la nostra Pace! La preghiera per la pace e la giustizia nel mondo è più che mai attuale.

traduzione red

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24 Maggio 2022 | 15:52
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