I bambini dicono "Basta alla guerra" all'Oratorio di Lugano con l'arcivescovo di Leopoli (Ucraina), mons. Mieczyslaw Mokrzycki
Ticino e Grigionitaliano

L'arcivescovo di Leopoli all'Oratorio di Lugano: «Oso gridare, nonostante il dolore: Gesù è il Vivente!»

Leggendo i bigliettini lasciati negli ultimi mesi nella «bucalettere delle preghiere» dell’Oratorio di Lugano, i bambini sperano davvero che un giorno possa finire la guerra in Ucraina. Infatti nella prayers box – così viene chiamata – hanno lasciato molti messaggi di speranza pensando al conflitto in corso in Europa.

Per questo motivo, l’Oratorio di Lugano ha promosso domenica scorsa una giornata, con la presenza dell’arcivescovo di Leopoli mons. Mieczyslaw Mokrzycki, dove i bambini e le famiglie sono stati protagonisti di una mattinata in cui, come dei piccoli operai, hanno costruito simbolicamente la pace.

Il vescovo di Leopoli era ospite a Lugano nell’ambito della Red Week, la settimana commemorativa e di preghiera per i cristiani discriminati e perseguitati nel mondo, promossa da Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN).

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Una giornata dove riflettere insieme

L’obiettivo di questa iniziativa, come spiegatoci da don Emanuele di Marco, direttore dell’oratorio di Lugano, «non è stato quello di entrare nel discorso specifico della guerra in Ucraina, e nemmeno stabilire chi abbia ragione e chi torto: lo scopo è stato cercare di far sentire i bambini partecipi della realtà, senza doverne essere solo vittime». Vittime nel senso che da mesi ascoltano notizie e discussioni in famiglia sul tema, assorbendone inevitabilmente il carico di negatività.

Dopo un primo momento di accoglienza, i presenti hanno avuto la possibilità di ascoltare la testimonianza dell’arcivescovo. «La sua presenza è molto importante per noi – ha osservato don Emanuele –. È una persona preziosa non solo per quello che sta vivendo, ma anche perché fa un certo effetto sentirsi dire, proprio da lui, che i conflitti non sono solo quelli in Ucraina. Noi viviamo in una realtà privilegiata, ma le realtà intorno sono diverse: non dobbiamo dimenticarcelo».

Ogni bambino, dopo le parole di mons. Mieczyslaw Mokrzycki, è stato chiamato a crearsi, con del giornale, un cappellino da operaio. In seguito ognuno ha scritto il proprio nome su un grande mattone di Lego che è stato usato per costruire un ponte: segno dell’unità e della pace.

Sopra i cumuli di macerie e di odio, Cristo Risorto è presente

Al termine della mattina è stata celebrata la Santa Messa nella chiesa di Sant’Antonio Abate. Riportiamo ampi pezzi dell’intesa e commovente omelia dell’arcivescovo di Leopoli, mons. Mieczyslaw Mokrzycki.

«La domanda — se sono testimone del Risorto — oggi assume un significato particolare. E questo a motivo della guerra e della difficile situazione che si è venuta a creare in Ucraina e con essa tutta la comunità ecclesiale. A questo punto permettetemi che con i miei ricordi torno qualche mese indietro — alla Domenica di Pasqua — che la guerra quest’anno ha ricoperto e ha offuscato con la sua ombra. Quando siamo usciti dalla cattedrale di Leopoli con la processione della domenica di Pasqua, eravamo consapevoli che in molti luoghi del nostro paese non soltanto non si è celebrato la messa di Pasqua, ma nemmeno si è potuta svolgere la liturgia del Triduo Pasquale. In diversi posti e località la gente non ha potuto preparare la colazione o il pranzo di Pasqua, perché le loro case erano distrutte. Per molte persone, l’uovo benedetto, simbolo della vita, ha assunto un significato particolare, quando dovevano condividerlo con altri tra le rovine e le macerie. La guerra ha rubato alla gente la gioia di questa importante festa cristiana. Come è difficile parlare di tutto questo senza tristezza e rancore nel cuore.

Nonostante tutte queste difficili circostanze, la fede ci ha dato coraggio di annunciare, sopra i cumuli di macerie, di rovine e di immenso odio, che con noi è presente Cristo Risorto. E anche se sulla nostra terra la morte si è confrontata con la vita in un sanguinoso duello, che vediamo per esempio nelle città di Mariupol e di Irpin, di Kharkiv e di Bucha, a Kherson, oppure negli ospedali, scuole o intere città e villaggi bombardati, nonostante tutto questo vale la pena gridare, come testimoni di Cristo Risorto, che la morte perderà!

Per questo motivo, essendo ora in mezzo a voi e portando con me la sofferenza di bambini, madri e padri, ma anche il coraggio di tutti coloro che difendono in modo così valoroso la propria Patria, oso gridare, nonostante il dolore e la disperazione, proprio tra voi che vivete in un mondo libero e sicuro — Gesù è il Vivente! E insieme a Lui vive la nostra fede, vive la speranza e non muore l’amore! Vive l’Ucraina ferita. Vive la Chiesa, nel quale regna Cristo e insieme a Lui regna amore e non rabbia; vita e non morte.

Permettetemi ancora un’altra riflessione, che riguarda il vostro atteggiamento. Mi riferisco alla vostra risposta alla guerra, alla sofferenza, alla miseria della gente. E di nuovo ritorno alle parole di Gesù che descrivendo il giudizio universale, disse: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto…» (Mt, 25, 35- 36), e poi continuò: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto a favore di coloro che vivono in mezzo alla guerra e di coloro che, salvando la propria vita e soprattutto preservando il loro tesoro più grande che sono figli, hanno dovuto lasciare la propria Patria, l’Ucraina. Ringrazio per ogni vostro aiuto e gesto di solidarietà. Così si realizza il vero cristianesimo e in questi momenti si riconoscono i veri amici. Per questo vi ringrazio per la reale amicizia e la vera testimonianza cristiana, di cui ha parlato I’ Apostolo Giacomo: «A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere?». Vi ringrazio per l’atteggiamento di fede perché essa ha dato vita all’amore dei fatti concreti e in questo modo è nata la speranza e la fiducia che non siamo soli e che ci sono con noi persone di buona volontà.

Al termine di questa riflessione voglio ricordare le parole del vescovo di Regensburg, mons. Michele Sailer, che visse tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo. In una delle sue riflessioni, egli insegnava: «La gente scrive sulla carta — Dio nei cuori; La gente scrive con l’inchiostro — Dio scrive con la grazia dello Spirito Santo; La gente scrive usando le lettere — Dio scrive usando l’amore». Auguro a tutti noi che possiamo essere in grado di scrivere come scrive Dio: con il cuore, con la grazia e con l’amore».

I bambini dicono «Basta alla guerra» all'Oratorio di Lugano con l'arcivescovo di Leopoli (Ucraina), mons. Mieczyslaw Mokrzycki | © catt.ch
14 Novembre 2022 | 15:59
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