L’ambasciatore russo: il dialogo con il Vaticano procede, sentiamo il Papa vicino

I rapporti tra Russia e Santa Sede si sono sviluppati in modo impensabile soltanto pochi anni fa. Un dialogo e una collaborazione in controtendenza rispetto al nuovo clima da Guerra Fredda che si respira in Occidente verso il Cremlino di Putin. Lo afferma in questo colloquio con Vatican Insider l’ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede, Alexander Avdeev.

 

Come definirebbe i rapporti tra il Cremlino e la Santa Sede oggi?  

«I rapporti tra Russia e Santa Sede si stanno sviluppando in modo amichevole. Abbiamo un dialogo prima di tutto tra i due servizi diplomatici, consultazioni politiche, corrispondenza e incontri a livello dei due ministri. Tutto questo è diventato normale, benché fino a pochi anni fa non esistesse…».

 

Questa amicizia con la Santa Sede appare in controtendenza se si guarda al rapporto tra la Federazione Russa e l’Europa…  

«Sì, in effetti è vero. Cresce il rispetto reciproco tra noi e il Vaticano. Ci sono importanti scambi culturali, come l’apertura a Mosca di una mostra che vede per la prima volta nella storia gli Archivi Vaticani e gli Archivi della Federazione russa collaborare insieme».

 

E per quanto riguarda i rapporti tra cattolici e ortodossi russi?  

«Cresce anche la cooperazione tra le Chiese cattolica e ortodossa russa. Le due Chiese si sono incontrate alla conferenza a Vienna per celebrare i due anni dall’incontro dell’Avana tra il Papa e il Patriarca Kirill. Ci sono molti progetti per il futuro. C’è il dialogo teologico, un dialogo di cooperazione culturale, e ci sono iniziative per aiutare i migranti e i poveri. E c’è anche l’importante questione degli aiuti alla Siria».

 

La Russia è scesa in campo in modo decisivo sullo scenario siriano. Che cosa faranno ora le Chiese?  

«Hanno stabilito un progetto importante per la ricostruzione degli edifici di culto cattolici e ortodossi distrutti dai terroristi. Insieme al Patriarca di Antiochia hanno stabilito una lista di 37 chiese che devono essere ricostruite insieme grazie al finanziamento delle Fondazioni cattoliche e ortodosse. È la prima volta nella storia tra le nostre due Chiese che viene fatta un’iniziativa simile. Si sta anche studiando un progetto per migliorare il funzionamento di alcuni ospedali in Siria, che saranno aiutati con la formazione del personale medico, con medicine e aiuto economico. Infine vorrei ricordare che sono aumentati gli scambi di delegazioni tra le due Chiese».

 

A proposito di visti: è noto che proprio i tempi per la concessione dei permessi per i sacerdoti cattolici che vengono dall’estero a svolgere il loro ministero in Russia sia uno dei problemi nei rapporti con la Santa Sede. Ci sono novità?  

«Siamo molto attenti a questa richiesta del Vaticano e spero che nei prossimi in mesi possa entrare in vigore un nuovo regolamento per rilasciare i visti di lavoro per i sacerdoti cattolici, che attualmente sono molto brevi come durata. In Russia abbiamo più di un milione di cattolici, il cattolicesimo è una delle confessioni tradizionali per noi. A Mosca sarà costruita una nuova cattedrale, penso che abbiano già individuato il terreno. E altre chiese saranno costruite in altre regioni della Russia. Ci sono problemi, ma si risolvono con il dialogo tra le Chiese e con il dialogo con le amministrazioni locali».

 

Come vedete dal punto di vista di Mosca l’operato di Papa Francesco sulla scena internazionale?  

«Il Papa è un padre spirituale di più di un miliardo e duecento milioni di cattolici, ha un ruolo molto importante. Gli sforzi di Francesco per ottenere sicurezza, stabilità e soluzione dei problemi attraverso il dialogo e i negoziati è molto, molto importante. Molto preziosa è anche la sua decisa posizione contro ogni forma di terrorismo, in Siria come negli altri Paesi; la lotta agli stupefacenti, la lotta alla povertà al trattamento disumano dei migranti. Lo sentiamo vicino alle nostre posizioni».

 

Si svolgono domenica 18 marzo le elezioni presidenziali in Russia. Qual è la posta in gioco?  

«Queste elezioni non sono solo importanti come lo è ogni chiamata alle urne, ma hanno un contenuto speciale, perché sono le prime alle quali partecipa per la prima volta una generazione composta da milioni di giovani che non sono mai vissuti sotto l’Unione Sovietica. Abbiamo varie tendenze nella nostra vita politica, siamo uno Stato democratico ancora molto giovane: per stabilizzare e radicare bene le istituzioni democratiche, servono tre, quattro generazioni. Abbiamo molte discussioni su quale debba essere la società civile, lo Stato di diritto e quale debba essere l’economia del Paese».

 

Può elencare brevemente le ipotesi su cui si discute?  

«Quella russa deve essere un’economia liberale o ultraliberale? Un’economia con la partecipazione dello Stato? Ma con quale percentuale di partecipazione? Normale capitalismo statale o partecipazione più massiccia, con il monopolio dello Stato? Un altro grande tema riguarda gli strumenti per sviluppare la piccola e media impresa. Al tempo sovietico queste produzioni non esistevano. Oggi bisogna scegliere i migliori strumenti legislativi e di credito bancario per favorire queste produzioni. Di tutto questo si discute in modo molto acceso. Bisogna poi decidere quale debba essere la velocità delle riforme? Rapida, per assicurare tutti i cambiamenti durante una generazione, o una velocità normale che duri per due-tre generazioni? C’è chi dice che ci vuole tempo, e chi dice che si può fare tutto in pochi anni».

 

Ci sono vari candidati, ma i sondaggi danno Putin per vincente…  

«Abbiamo sette diversi candidati, che esprimono tutte le tendenze: due ultraliberali, due comunisti (uno ultracomunista e l’altro più moderato), abbiamo il presidente Putin e un presidente dell’unione industriali. Putin si presenta mediando tra queste tendenze: secondo i sondaggi per lui sarebbero pronti a votare tra il 66 e il 73 per cento degli elettori; per un candidato comunista gli elettori sarebbero tra il 9 e il 17 per cento, e per gli altri si varia tra percentuali previste del 5 o del 2».

 

Come si spiega questo clima da nuova Guerra Fredda che si respira nel rapporto con gli Stati Uniti e con l’Europa?  

«Non voglio offendere nessuno. Ma il corso del nuovo presidente degli Stati Uniti è evidente, ed è quello del confronto-scontro più che quello del dialogo. Mentre l’Europa vive in una crisi economica. Vediamo che il processo per il disarmo non va avanti, e il dialogo tra i Paesi si è ridotto, molte crisi internazionali lo hanno frenato. La guerra in Siria, la crisi in Corea, le sanzioni contro la Russia, il processo di migrazioni di massa…».

 

Che cosa può dirci della crisi con il governo britannico dopo il tentato omicidio dell’ex spia russa Serghej Skripal e di sua figlia Yulia nel centro di Salisbury?  

«La storia è davvero molto strana. Secondo la stampa inglese il gas era di fabbricazione sovietica. Beh, anche se supponiamo l’impossibile – se l’attentatore fosse russo sarebbe stato proprio stupido a usare un gas sovietico rendendo immediatamente palese da dove proviene l’autore. Questo gas speciale era prodotto da una fabbrica chimica militare in Uzbekistan. Questa fabbrica è stata controllata dagli americani che l’hanno chiusa e hanno verificato che tutta produzione venisse distrutta. Un altro particolare: l’autore della formula di questo gas è un grande chimico russo, immigrato negli Stati Uniti 26 anni fa, che per tutto questo tempo ha lavorato nei laboratori americani. In Inghilterra questa ex spia russa scambiata nove anni fa, era stata dimenticata. Ma una settimana prima dell’attentato, la televisione britannica ha trasmesso un film sulla sua storia. Poi c’è stato il tentato omicidio. Ancora, è molto strano che proprio nell’ospedale vicino dove Skripal e sua figlia sono stati ricoverati avessero un antidoto per il gas adoperato».

 

Che cosa intende fare la Russia?  

«Innanzitutto abbiamo risposto ufficialmente che il governo russo non era implicato in alcun modo nell’attentato. Ci siamo dichiarati pronti a partecipare a una commissione mista per investigare insieme su quanto è accaduto. La risposta è stata: questo è gas russo e l’attentato è stato compiuto dalla Russia… E tutto questo una settimana prima delle nostre elezioni. Tra l’altro la figlia di Skripal è cittadina russa e il nostro console in Inghilterra ha chiesto di incontrarla: lei ha visto l’autore del attentato. Ma i britannici hanno impedito la visita. Una storia tutta molto strana e provocatoria, siamo indignati!».

Andrea Tornielli – VaticanInsider

16 Marzo 2018 | 19:00
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